1° Maggio a Torino
Contestato lo spezzone del PD. Durante i comizi fischiato il sindaco pro TAV Fassino

Dal nostro corrispondente del Piemonte
La piazza torinese anche quest'anno ha regalato al resto del Piemonte l'immagine di come la legittima rabbia operaia per i licenziamenti, per i salari insufficienti a sostenere un potere d'acquisto dignitoso, la legittima rabbia delle studentesse e degli studenti per un futuro fatto di disoccupazione e precarietà, delle pensionate e dei pensionati costretti alla fame da pensioni irrisorie e tuttavia in dovere nell'aiutare figli e nipoti ad arrivare a fine mese, possa concretizzarsi in manifestazioni di aperta lotta contro i rappresentanti del potere borghese che amministrano esclusivamente per vantaggio personale e per garantire lo status quo caratterizzato, nell'attuale crisi economica, in sempre più estese sacche di povertà e disoccupazione crescente.
Dunque le masse popolari, coi loro legittimi bisogni da soddisfare, hanno dominato la scena politica di questo Primo Maggio torinese caratterizzato dalla voglia di contestare e gridare contro il meschino inciucio qual è il governo del presidenzialista Letta sorretto dai voti del partito del neoduce Berlusconi e da quelli del bugiardo PD che, nell'appena passata campagna elettorale, giurava alla propria base, per bocca del suo segretario Luigi Bersani, che mai e poi mai avrebbe appoggiato la costituzione di un governo insieme col pericoloso "giaguaro" Berlusconi. Così sin dal concentramento in piazza Vittorio a Torino lo sparuto spezzone del PD è stato fischiato e insultato, nonché fatto oggetto di lancio di uova contenenti inchiostro nero, ed infine invitato ad allontanarsi dal corteo come un corpo estraneo rispetto alla tradizione del movimento operaio torinese.
Chi ha invece dominato e rappresentato la piazza di Torino sono stati i "sindacati di base": dai Cobas ai CUB passando dall'Unione Sindacale di Base (USB) che sempre più catalizzano intorno alle loro rivendicazioni chi è rimasto fortemente deluso dalle politiche concertative portate avanti per decenni dai sindacati confederali, compresa la CGIL, che in questi anni di dura crisi non sono stati in grado di costruire una reale opposizione al neoliberismo contrassegnato dalla chiusura delle storiche fabbriche torinesi o dislocazioni estere.
Presenti molti soci-lavoratori delle cooperative sociali, che da anni mandano avanti con estrema fatica i resti di ciò che era un'estesa rete di protezione sociale in favore delle fasce più deboli della popolazione; pagati poco più di mille euro al mese e ora a rischio licenziamento giacché la Sanità pubblica e i Servizi sociali nazionali non hanno più soldi per pagarli per colpa dei continui tagli alla spesa pubblica realizzati in Piemonte dalla giunta Cota contro cui si svolse un'importante manifestazione di migliaia di lavoratrici e lavoratori del settore sociale a Torino il 18 aprile scorso.
Presente in forza il CSOA Askatasuna di Corso Regina Margherita che ha raggruppato intorno a sé migliaia di studentesse e studenti che vogliono essere soggetti attivi in una scuola e università pubbliche e gratuite e rivendicano posti di lavoro stabili, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato per tutti i disoccupati e lavoratori e uno Stato che garantisca con regole universalistiche, attraverso la fiscalità generale e le strutture pubbliche, il soddisfacimento dei diritti essenziali delle masse popolari e dei lavoratori immigrati quali il lavoro, la casa, l'istruzione e la cultura, l'assistenza sanitaria e previdenziale, la pensione, il riposo, la tutela della maternità, dei minori, dei portatori di handicap e degli invalidi.
Il corteo ha percorso le vie del centro e s'è diretto in piazza San Carlo per i comizi finali che sono stati brevi, "ingessati", con esposizioni fredde e impersonali da parte degli oratori ufficiali, segno evidente dell'enorme distanza politica esistente tra le masse ed i vertici politici e dei sindacati confederali torinesi. Caso emblematico il discorso conclusivo del sindaco pro TAV Piero Fassino che è stato veemente contestato e fischiato, a più riprese e da più punti, dalla piazza ad indicare che l'opposizione non è stata eterodiretta ma frutto spontaneo delle lavoratrici e dei lavoratori e delle masse popolari torinesi non più disposti ad ascoltare fumosi e ingannatori discorsi che poi si concretizzano sempre nell'esatto contrario di quanto affermato.

8 maggio 2013