Finanziaria del governo Letta-Alfano: una stangata di 15 miliardi per il 2014 voluta dall'Ue
La Iuc costerà più dell'Imu. Al massimo 19 euro al mese per i lavoratori
Indicizzazione parziale per le pensioni. Prorogato il blocco dei contratti degli statali. Niente per il Mezzogiorno e per la disoccupazione. Misera e condizionata elemosina alle famiglie povere selezionate. Solo 30 milioni di euro per la difesa del suolo. 3 miliardi per le navi da guerra della marina militare
Occorre lo sciopero generale di 8 ore

Nella notte tra il 26 e il 27 novembre la legge di Stabilità (legge Finanziaria) per il 2014 del governo Letta-Alfano ha avuto la prima approvazione dal Senato, ed è passata adesso all'esame della Camera per la seconda lettura. L'approvazione è avvenuta col metodo ormai consolidato dai governi Berlusconi-Tremonti in poi, cioè quello del maxiemendamento su cui il governo ha messo il voto di fiducia, così da evitare l'esame di tutti gli altri emendamenti e non rischiare uno stravolgimento o addirittura la decadenza dei termini. Tanto più che stavolta gli emendamenti dei partiti erano oltre 3.000 (poi ridotti ad alcune centinaia in commissione Bilancio), la gran parte presentati dal PDL per cercare di far rinviare la discussione sulla decadenza di Berlusconi per effetto della legge Severino, calendarizzata al Senato per il 27 novembre, immediatamente dopo l'approvazione della manovra.
Per espressa volontà di Napolitano il voto di fiducia sulla legge di Stabilità ha assunto anche il valore di un voto di fiducia alla nuova maggioranza di governo, formata da PD, Scelta civica e Nuovo centrodestra, il nuovo gruppo parlamentare degli ex PDL guidati dal vicepremier Alfano che non hanno voluto aderire alla decisione di Berlusconi di trasformare il PDL in Forza Italia ed uscire dalla maggioranza delle “larghe intese”. Uscita decisa come ritorsione contro la sua decadenza da senatore, che il neoduce e le sue truppe hanno ufficializzato proprio in questa occasione votando contro la manovra, che è passata perciò con una maggioranza risicatissima di solo 7 voti.
Ciò non significa che avendo perso per strada l'approvazione dei berlusconiani la legge sia uscita dal Senato “migliorata” nei suoi aspetti più iniqui e antipopolari, come Letta aveva promesso all'atto della sua presentazione, anzi tutt'altro: non solo infatti è cresciuto il suo impatto finanziario complessivo, facendola salire da 11,6 a quasi 15 miliardi di euro per il 2014; ma a fronte di alcuni lievi ritocchi a certi aspetti tra i più criticati, come la reintroduzione dell'Imu sotto altro nome, o i ridicoli sgravi fiscali per i lavoratori, sono state introdotte misure ancor più odiose e intollerabili come la legge per la costruzione di nuovi stadi e la legge per la vendita delle spiagge ai privati, e sono stati decisi nuovi stanziamenti miliardari per la marina da guerra. Mentre è uscita riconfermata la totale assenza di qualsiasi provvedimento a favore del Mezzogiorno, come se ormai la questione meridionale non fosse più un problema che riguarda il futuro di questo Paese.
Cuneo fiscale, pensioni, Social card
Per gli sgravi fiscali ai lavoratori non è stato stanziato un solo euro in più rispetto ai già miseri 1,5 miliardi iniziali, che portavano ad un ridicolo aumento medio in busta paga di 14 euro mensili, ma sono solo stati redistribuiti e concentrati su una fascia più ristretta di redditi, così da far apparire numeri più alti: “ben” 17 euro al mese di aumento medio, e 19 di aumento massimo per i redditi tra 15 e 20 mila euro. Ugualmente miseri, una vera e propria elemosina, sono da considerarsi poi i 120 milioni in tre anni (dagli 1,5 miliardi previsti inizialmente) destinati al fondo Sia (Sostegno all'inclusione attiva): un cosiddetto “sostegno per l'inclusione sociale” di 400 euro al mese, per un ristretto numero selezionato e costantemente monitorato di famiglie sotto la soglia di povertà assoluta, con minori a carico e di cui almeno un adulto abbia perso il lavoro negli ultimi tre anni: ma attenzione, non in contanti, bensì attraverso la vecchia e miserevole Social card di tremontiana memoria.
Tale fondo di 40 milioni annui per tre anni sarà finanziato con un “prelievo di solidarietà” del 6% sulle pensioni oltre i 90 mila euro, del 12% su quelle superiori a 128 mila e del 18% su quelle oltre 193 mila: e questo è tutto ciò che il governo ha fatto per colpire le pensioni d'oro. In compenso si è rimangiato del tutto anche la promessa di reintrodurre l'indicizzazione piena delle pensioni inferiori a quattro volte il trattamento minimo, circa 2.500 euro lordi. Per ridurre il cuneo fiscale alle imprese sono stati invece trovati altri 2,3 miliardi, da reperire dalla spending review come per gli sgravi Irpef ai lavoratori, portando a 3,3 miliardi lo stanziamento complessivo sotto forma di riduzione dei premi Inail e sconti Irap sulle assunzioni.
Non soltanto, poi, in questa legge non c'è nemmeno uno straccio di provvedimento serio per favorire l'occupazione, ma sono stati confermati addirittura gli odiosi tagli lineari agli strumenti di sostegno per chi è in cassa integrazione e in mobilità, decurtando il fondo per i contratti di solidarietà di tipo B previsti dalla legge 236/93 e non rifinanziando la misura prevista dalla legge 102/09 che consente l'integrazione dal 60 all'80% dei contratti di solidarietà, misura che aveva permesso di limitare licenziamenti e cassa integrazione in deroga.
La Iuc è peggio dell'Imu, che comunque andrà in parte pagata
Per le imposte sulla casa, dal Trise, la nuova service tax comprendente una nuova tassa sugli immobili e servizi indivisibili (Tasi) e sui rifiuti (Tari), criticatissima perché reintroduceva l'Imu sotto altro nome, aumentandola addirittura per le fasce di reddito più basse e le prime case più modeste (e che perciò il governo aveva promesso di correggere in parlamento), siamo passati ad una nuova versione, che è praticamente rimasta invariata salvo per l'ennesimo cambio di nome, una divisione ancor più complessa (tre tasse anziché due) e una (molto) parziale reintroduzione delle detrazioni per carichi familiari: si tratta della Iuc (imposta unica comunale), la cui componente immobiliare prevede per le prime abitazioni un'aliquota base dell'1 per mille aumentabile dai Comuni fino al 2,5 per mille, con detrazioni come la vecchia Imu: 200 euro per la prima casa e 50 euro per ogni figlio a carico. Ma attenzione, si tratta solo di valori indicativi massimi, e non per tutti, ma assegnabili e modulabili a discrezione dei Comuni stessi, che avranno in tutto 500 milioni per poterle coprire.
A conti fatti si tratta quindi di cifre irrisorie, appena 25 euro in media a famiglia, a meno che i Comuni non restringano di molto le fasce delle famiglie aventi diritto. Quel che è certo è che una grossa fetta dei proprietari di prima casa che con la vecchia Imu risultavano esenti grazie alle detrazioni, ora non lo saranno più: praticamente i benefici, ancorché modesti, si sentiranno solo nei Comuni che applicheranno l'aliquota base dell'1 per mille, cioè si presume pochissimi. Per di più la nuova tassa, secondo la logica appunto della partecipazione ai “servizi indivisibili”, dovrà essere pagata stavolta anche dagli affittuari, in una misura variabile dal 10 al 30%.
La Iuc è dunque perfino peggiore dell'iniqua Imu. E c'è poi una beffa nella beffa, perché anche l'abolizione della seconda rata dell'Imu del 2013, che si sarebbe dovuta pagare il prossimo 16 dicembre e che è stata cancellata per decreto come promesso a Berlusconi (ma senza aver ancora chiarito su quali altre voci scaricarne i 2,15 miliardi di costi), non è stata in realtà cancellata del tutto: infatti lo Stato rimborserà i Comuni del mancato gettito derivante solo dall'aliquota base del 4 per mille, mentre ai Comuni che hanno aumentato l'aliquota rimborserà solo la metà dell'extragettito. Ciò significa che i proprietari di prime case di molte città, tra cui per esempio Milano, Bologna, Genova, Verona, Ancona, Napoli ecc., saranno comunque chiamati a pagare l'Imu per tale differenza entro il prossimo gennaio.
Miliardi per la guerra, spiccioli per la difesa dell'ambiente
Anche per l'ambiente la manovra è ulteriormente peggiorata da diversi punti di vista: nonostante la concomitante catastrofe in Sardegna, per la difesa del suolo sono stati stanziati solo 30 milioni per tutta l'Italia, e come denuncia Legambiente sono stati sottratti fondi alle energie rinnovabili per incentivare quelle fossili. E non bastano certo i 3 milioni stanziati per comprare l'isola di Budelli e assicurarla al demanio pubblico a coprire la vergogna della mancanza di una pur minima politica di difesa del suolo. Anzi appare solo essere un inutile spreco propagandistico di denaro pubblico.
Ma la cosa più scandalosa in tema di ambiente sono altri due emendamenti, che per ora, per via delle proteste, il governo non si è sentito di confermare nel maxiemendamento, preferendo rinviarli all'esame della Camera: quello di propria mano, molto caldeggiato dal ministro per gli Affari regionali Delrio, sulle licenze facili ai costruttori per la costruzione di nuovi stadi e impianti sportivi, con la possibilità di edificare nelle aree anche “non contigue” centri commerciali e quartieri residenziali, con uno stanziamento di 45 milioni nel triennio 214-16; e quello sulla vendita ai privati di spiagge demaniali: quest'ultimo addirittura a firma PD per iniziativa di alcuni parlamentari di area renziana, appoggiata ovviamente con entusiasmo da berlusconiani e leghisti.
Ancor più scandaloso è stato il blitz all'ultimo momento del ministro della Difesa Mauro, che è riuscito a far inserire nella legge un sontuoso stanziamento alla marina militare di 40 milioni di euro nel 2014, 110 nel 2015 e 140 nel 2016 e per i successivi venti anni (totale 3 miliardi) per il rinnovamento dell'intera flotta di navi da guerra. Dopo aver già puntato i piedi, spalleggiato da Napolitano, per confermare l'acquisto degli F-35 all'aviazione per 13 miliardi, il ministro si è fatto di nuovo portavoce delle lobby degli armamenti e delle alte gerarchie militari, la marina in questo caso. É da aspettarsi che presto si farà avanti anche l'esercito per non fare la parte della cenerentola. E sempre a proposito di scandali, come non citare il “generoso” stanziamento di 50 milioni per il 2014 a favore dei policlinici universitari non statali, accompagnato da quello ancor più scandaloso di 30 milioni al Bambin Gesù, più 35 milioni annui dal 2015 al 2024? la lobby trasversale dei nuovi democristiani dominante al governo e nel PD funziona a meraviglia!
Tagli e privatizzazioni all'esame della Ue
Una novità oltremodo inquietante, già introdotta di fatto da Monti ma ufficializzata con questa manovra finanziaria, è stata l'averla sottoposta all'esame preventivo della Commissione europea. In pratica è quel che avverrà sempre d'ora in poi, per cui non solo avremo l'obbligo del pareggio di bilancio sancito nella Costituzione, ma la Ue potrà mettere bocca e richiedere modifiche sulle nostre leggi di Stabilità ogni qual volta le ritenga insufficienti per gli obiettivi da essa insindacabilmente fissati. Tant'è vero che a Bruxelles Saccomanni si è sentito chiedere maggiori rassicurazioni sulla consistenza dei tagli alla spesa pubblica e sul piano di cessioni di immobili, terreni e partecipazioni pubbliche per 12 miliardi, tra cui quelle in aziende pubbliche di primaria importanza e valore come Eni, Poste, Terna, Fincantieri. Soprattutto che gli interventi non siano “una tantum” ma “strutturali” per la riduzione del debito pubblico.
Eppure quelle già prese dal governo Letta-Alfano sono decisioni dolorosissime, quasi di tipo “greco”: infatti non ci sono solo le gravissime misure sul pubblico impiego confermate nella legge di Stabilità appena approvata: blocco della contrattazione anche per tutto il 2014 (già bloccata dal 2009), blocco del turn-over fino al 2018, taglio del 10% degli straordinari, ritardo da due a tre anni per la corresponsione delle liquidazioni, e così via. Ci sono in preparazione anche tutta una serie di pesanti tagli con la nuova spending review che il governo ha affidato al commissario Cottarelli, una botta da ben 32 miliardi da tagliare alla spesa pubblica nel triennio 2014-2016, il 2% del Pil.
Sono allo studio misure drastiche come la “revisione dei livelli essenziali” e l'”appropriatezza delle prestazioni” per l'assistenza sanitaria, interventi sulle pensioni di reversibilità, sull'assistenza sociale, scuole, insegnanti di sostegno e fondi per la ricerca, risparmi sull'acquisto di beni e servizi, e perfino tagli dei costi per le intercettazioni telefoniche; e per quanto riguarda ancora il pubblico impiego, massiccio ricorso alla mobilità del posto di lavoro e delle mansioni e con “esplorazione di canali di uscita” (leggi licenziamenti).
Tanto per capire in che direzione stiamo andando con la politica stangatrice del governo Letta-Alfano e sotto il pungolo ultraliberista della Ue, nella legge di Stabilità è stato inserito un emendamento del governo che obbliga Comuni, Province e Regioni ad accantonare in bilancio una quota di pari importo a copertura delle perdite delle proprie aziende partecipate, da poter riutilizzare solo quando la perdita sarà risanata, la partecipazione cessata o l'azienda stessa venduta sul mercato e privatizzata. Se si pensa anche solo alle aziende municipalizzate di trasporto locale, che per il 50% hanno i bilanci in rosso, non si fa fatica a capire che si vuole dare con ciò una spinta decisiva alla privatizzazione dei servizi pubblici, come la recente vicenda della lotta degli autoferrotranvieri di Genova insegna.
Che aspettano allora i sindacati confederali e i “sindacati di base” a indire subito uno sciopero generale di 8 ore unitario con manifestazione nazionale a Roma per fermare la macelleria sociale di Letta e Alfano avallata da Napolitano?

4 dicembre 2013