I revisionisti e i trotzkisti storici rilanciano la linea di Togliatti sulla Costituzione

In tempi di controriforme costituzionali anche Togliatti può tornare utile. Specie a certi revisionisti storici sopravvissuti alla fine del PCI, che possono mascherare la loro adesione alla revisione da destra della Costituzione riesumando le posizioni del Togliatti artefice della “via italiana al socialismo”. Ovvero la via italiana al revisionismo e al riformismo che è riflessa nei principi della intangibilità della proprietà privata e della democrazia borghese sanciti nella Carta del 1948. Ma utile anche ai trotzkisti storici, che nella loro imbelle difesa formale di una Costituzione, che non esiste più perché ormai completamente stravolta di fatto dal neofascismo, dal presidenzialismo e dal federalismo imperante in questa seconda repubblica, si attaccano al Togliatti “costituente”, e a certe formulazioni da lui coniate per la carta del '48, come per esempio “l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”, per cercare di tirare “a sinistra” la controriforma che è all'esame del parlamento nero.
É questo il succo del convegno su “Togliatti e la Costituzione” che si è tenuto l'8 novembre a Roma su iniziativa di “Futura Umanità Associazione per la storia e la memoria del PCI”, e al quale hanno partecipato ex dirigenti del PCI revisionista come Emanuele Macaluso e Aldo Tortorella e trotzkisti e ingraiani come Luciana Castellina, Mario Tronti, Piero Di Siena e Paolo Ciofi, presidente della stessa Associazione, oltre al giurista costituzionalista Gianni Ferrara e allo storico Gianpasquale Santomassimo.
Quest'ultimo ha rivelato tra l'altro un particolare poco conosciuto della biografia di Togliatti, che negli anni 1922-23, in piena ascesa del fascismo, si ritirò quasi a vita privata dedicandosi a studiare e a prendere una seconda laurea, e dovette intervenire Umberto Terracini per richiamarlo alla politica attiva: con simili dirigenti borghesi alla testa del movimento operaio non stupisce che Mussolini abbia trovato la strada spianata per instaurare la nera dittatura fascista. Né stupisce, come ha sottolineato Santomassimo, naturalmente esaltandola come una cosa positiva, che al suo rientro in Italia Togliatti avesse già chiara in mente la strategia della “via italiana al socialismo” (cioè la rinuncia al socialismo e l'accettazione della democrazia borghese in una prospettiva riformista) e del “partito nuovo”, ossia di un partito revisionista e riformista integrato nel sistema capitalista.
Anche la Castellina ha esaltato il Togliatti della svolta di Salerno e del “partito nuovo e di massa”, mentre Ferrara ha proposto la tesi di un Togliatti “rivoluzionario costituente”, perché da giurista qual era sarebbe riuscito a fare una vera “rivoluzione culturale” inserendo la centralità del lavoro nella carta costituzionale. Tesi analoga a quella di Ciofi, secondo cui con la “via italiana al socialismo” e con la Costituzione “la società dei proprietari cede il passo alla società dei lavoratori”. E a supporto di ciò ha citato una frase di Togliatti durante i lavori della Costituente: “Siamo democratici in quanto siamo non soltanto antifascisti, ma socialisti e comunisti. Tra democrazia e socialismo non c'è contraddizione”. Un'apodittica identità tra democrazia e socialismo invocata dai traditori socialdemocratici per giustificare di essere passati armi e bagagli nel campo della borghesia e il loro rifiuto della via dell'Ottobre e della dittatura del proletariato.
Per il vecchio revisionista e riformista Macaluso, come Napolitano finito poi nell'orbita di Craxi e oggi acceso fautore della controriforma presidenzialista della Costituzione, senza Togliatti “ci sarebbe stato comunque un partito comunista in Italia ma non avremmo avuto la democrazia italiana”. Oggi proseguire la sua opera significa “non rigettare la riforma della Costituzione”: “Servono i partiti di massa, servono le riforme per far funzionare meglio la democrazia”, ha concluso Macaluso. Che gira e rigira è nella sostanza la stessa tesi, declinata da un punto di vista solo apparentemente opposto, dell'operaista storico Tronti, per il quale “Togliatti è la politica, chi vuole fare politica a quella scuola deve andare, e chi vuole pensare la politica deve fare altrettanto. La Costituzione fu un miracolo politico. Il compromesso, del resto, è una modalità della politica, proprio come lo è il conflitto. Oggi è l'assenza dei partiti uno dei mali della situazione”.
É insomma un Togliatti buono per tutte le salse, quello uscito da questo convegno: chi a suo tempo lo affiancava lo esalta come un padre della democrazia borghese, dalla repubblica parlamentare fino alla repubblica presidenziale in via di ufficializzazione, senza soluzione di continuità. E chi allora lo avversava da posizioni di “sinistra”, operaiste, trotzkiste e sedicenti “rivoluzionarie”, lo “riscopre” in chiave nostalgica, avendo ormai rigettato la prospettiva del socialismo e accettato in pieno quella socialdemocratica e riformista, già da lui teorizzate con la “via italiana al socialismo”.

4 dicembre 2013