Non impedisce la delocalizzazione e rimanda solo nel tempo i 1425 licenziamenti
Accordo separato bidone alla Indesit
La Fiom non firma
I lavoratori lo boccino al referendum

Il 3 dicembre è stato firmato un ipotesi di accordo sulla vertenza Indesit. E' un accordo separato in quanto ha visto il parere favorevole di Cisl, Uil e Ugl ma non della Fiom, l'organizzazione dei metalmeccanici della Cgil. E' bene dire subito che si tratta di una accordo bidone perché alla fine l'azienda della famiglia Merloni non rinuncia alla delocalizzazione delle sue fabbriche ma rimanda solamente i licenziamenti al 2018. E' vero che ritira la messa in mobilità di centinaia di lavoratori ma solamente perché sarà la collettività a pagare attraverso prepensionamenti, contratti di solidarietà, cassa integrazione.
E' almeno dal 2009 che si susseguono le lotte per evitare la delocalizzazione delle fabbriche di elettrodomestici all'estero. Poi la vertenza Indesit si é inasprita a giugno di quest'anno quando sono partite le richieste di mobilità per oltre 1400 dipendenti. Dopo la reazione dei lavoratori si è aperta una lunga vertenza fino alla firma di questo accordo che non sventa i licenziamenti e preserva i livelli occupazionali come vogliono far credere i firmatari dell'intesa. Inoltre svende la lotta dei lavoratori che hanno dato vita a innumerevoli manifestazioni, blocchi stradali, dimostrazioni davanti al Ministero a Roma, dimostrando grande tenacia e determinazione.
Nel suo piano Indesit dichiara che le produzioni a maggior valore aggiunto rientreranno in Italia da Polonia, Spagna e Turchia ma altre produzioni, definite “a bassa gamma”, saranno invece spostate fuori dall’Italia. Tradotto in parole povere vuol dire che staranno in Italia gli elettrodomestici che assicurano maggior profitto e all'estero quelli che richiedono una manodopera a basso costo per competere sul mercato internazionale. L'unico impegno concreto è non licenziare, ma solo fino al 2018. Ma non è vero neanche questo perché in queste settimane l'azienda ha formalizzato la decisione di licenziare i 120 lavoratori di Brembate (BG) e Refrontolo (TV), che sono oggi in cassa integrazione in deroga dopo la chiusura degli stabilimenti realizzata con il piano industriale del 2010.
Per la Fiom l'ipotesi di accordo separato lascia tutti irrisolti i problemi posti in 7 mesi di trattativa e per i quali le lavoratrici e i lavoratori hanno messo in campo oltre 130 ore di sciopero: “Fim e Uilm, Governo e Regioni propongono ai lavoratori di approvare un piano industriale che assegna agli stabilimenti produzioni e volumi produttivi non sufficienti a garantire il futuro degli impianti e il lavoro per tutti i lavoratori, che accetta la delocalizzazione delle produzioni e mette prima di tutto a rischio il futuro degli stabilimenti di Caserta e Fabriano”.
Anche il giudizio dei marxisti-leninisti è negativo. Il PMLI sostiene la posizione dei metalmeccanici della Cgil di votare no al referendum sull'ipotesi di accordo che si svolgerà nei prossimi giorni in tutte le fabbriche del gruppo Indesit. La lotta dei lavoratori non può essere svenduta con questo accordo bidone! La vertenza deve continuare per ottenere un piano industriale che garantisca il futuro e l'occupazione a tutti i lavoratori.

11 dicembre 2013