Una direttiva della UE favorisce i padroni e supersfrutta i lavoratori
Il lavoro distaccato a basso costo è una forma di schiavitù moderna

 
I ministri del lavoro dei 28 paesi dell’Unione europea (Ue) hanno messo a punto nello scorso dicembre una direttiva che nelle loro intenzioni dovrebbe mettere fine o quantomeno limitare fortemente gli abusi nei contratti dei lavoratori distaccati da un paese all’altro della comunità europea. Per i sindacati europei questa decisione codifica invece “una forma di schiavitù moderna” per i lavoratori dei paesi più poveri della Ue.
Le normative che riguardano il lavoro distaccato a basso costo, oggetto della revisione attuale, erano state varate nel 1996 in seguito all’entrata di Spagna e Portogallo nella Ue per impedire la “concorrenza sleale” dei lavoratori dei due paesi che allora avevano salari più bassi della media europea. Secondo tali normative i lavoratori temporaneamente distaccati dovevano avere condizioni di lavoro eguali a quelle del paese dove erano inviati, dal salario alle garanzie antinfortunistiche, mentre i contributi continuavano ad essere pagati nel paese d’origine.
L’applicazione della legge ha fatto registrare un elenco di abusi e irregolarità dei capitalisti dei vari paesi che hanno trovato velocemente la maniera di aggirarla a spese dei lavoratori e col via libera di fatto dei governi che non organizzavano forme efficaci di controllo. Prosperavano metodi semi-illegali come quello di lavoratori assunti da una società straniera per essere pagati alle condizioni peggiori per loro, a quelli illegali come l’uso di finte buste paga che registravano un salario superiore a quello effettivamente pagato, le trattenute obbligatorie per pagarsi vitto e alloggio a prezzi esorbitanti, straordinari e lavori nei giorni festivi non pagati.
La questione delle condizioni di lavoratori distaccati a basso costo si è riproposta negli anni più recenti in particolare tra il 2004 e il 2007 con l’ingresso nella Ue dei paesi dell’Est e successivamente con l’esplosione della crisi economica che ha spinto disoccupati e poveri dell’Est a cercare lavoro e condizioni di vita migliori nella parte ricca dell’Europa. Il numero ufficiale dei lavoratori distaccati è di 1,5 milioni, quello reale molto più alto, e concentrato in settori quali l’edilizia, l’agricoltura e la ristorazione.
Già nel 2005 la Ue aveva cercato di modificare le normative ma in peggio, con la famigerata “direttiva Bolkestein” poi ritirata, che avrebbe permesso di assumere i lavoratori ai livelli salariali del paese d’origine. Nella realtà leggi peggiorative per la tutela dei lavoratori erano messe in atto grazie all’applicazione delle normative sulla liberalizzazione delle “prestazione di servizi”. Come confermano diversi casi di denunce finite alla Corte di giustizia europea come quella dei sindacati svedesi che sono stati condannati per aver cercato di bloccare l’attività in Svezia di una ditta lettone di lavori pubblici che assumeva a condizioni lavorative baltiche. La stessa Corte condannava invece nel 2008 il Lussemburgo per non aver rispettato la direttiva del ’96 e permesso il pagamento dei lavoratori stranieri distaccati con stipendi più alti di quanto previsto dal salario minimo.
Secondo il ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini “con l'accordo raggiunto alla fine di un lungo negoziato, la direttiva Distacco dei lavoratori rafforza uno strumento efficace nel contrasto di abusi, frodi e dumping sociale tra paesi europei”. Per la Ces, la Confederazione europea dei sindacati, non uniformerà i diritti dei lavoratori ai livelli più alti di tutela e anzi creerà forme “moderne” di schiavitù. Un nuovo regalo ai padroni da parte della Ue capitalista.

8 gennaio 2014