Il vincolo costituzionale del pareggio di bilancio è in contraddizione con quanto sosteneva Marx?

Cari compagni,
anzitutto spero che stiate bene, vi seguo sempre per internet e oggi vi scrivo per un parere economico.
Il parlamento del Canton Ticino (Svizzera) ha votato praticamente all'unanimità (socialdemocratici compresi) di inserire nella Costituzione un freno al disavanzo. Contro si è invece schierato l'unico deputato "comunista".
Io sono a mia volta contrario al freno al disavanzo, ma parlando però con un compagno che si reputa marxista, egli ha iniziato a protestare perché ritiene che "sostenendo il debito pubblico non si possa ragionevolmente proporre una transizione al socialismo" e questo perché Marx nel Capitale diceva: " Il debito pubblico, ossia l'alienazione dello Stato….imprime il suo marchio all'era capitalistica. L'unica parte della cosiddetta ricchezza nazionale che passi effettivamente in possesso collettivo dei popoli moderni è il loro debito pubblico….Il debito pubblico ha fatto nascere le società per azioni, il commercio di effetti negoziabili di ogni tipo…in una parola, ha fatto nascere il gioco di Borsa e la bancocrazia moderna. "
A me sembra assurdo sostenere una politica basata sullo spauracchio delle "casse vuote" che serve a giustificare ogni forma di tagli nel sociale, solo perché Marx ha espresso quel concetto.
Cosa ne pensate? Cosa intendeva Marx?
Grazie per il tempo che mi dedicherete.
Un caro saluto.
Max - Svizzera
 
Caro compagno Max,
ciò che sta accadendo in Svizzera era già accaduto col famigerato "fiscal compact" in Italia (il 19 luglio 2012) e negli altri Paesi della UE in osservanza del patto europeo firmato il 2 marzo scorso da 25 dei 27 governi della UE, tra cui l'Italia, che li ha vincolati all'obbligo del pareggio di bilancio, pena sanzioni miliardarie, e a tagliare il debito pubblico di una quantità spropositata di miliardi ogni anno per i prossimi vent'anni.
Tanto per darti un'idea, ratificando il "fiscal compact" l'Italia si è impegnata a tagliare il suo debito pubblico dall'attuale 120% del Prodotto interno lordo (Pil) al 60% stabilito dal trattato di Maastricht, a un ritmo del 5% ogni anno. Il che significa che per i prossimi vent'anni ci aspetteranno stangate antipopolari straordinarie di 45-50 miliardi ogni anno, qualunque cosa accada e qualsiasi governo ci rappresenti. Oltre a questo c'è anche l'obbligo del pareggio di bilancio, e solo in casi eccezionalissimi il deficit strutturale potrà superare lo 0,5% del Pil. Un vincolo che l'Italia ha già provveduto a inserire nella propria Costituzione, pur non avendone avuto l'obbligo, visto che poteva ricorrere alla legge ordinaria. Oltretutto, tra i 27 paesi della Ue, Gran Bretagna e Repubblica Ceca si erano rifiutati di sottoscriverlo, l'Irlanda si riservava di sottoporlo a referendum, e perfino i primi della classe, Germania e Francia, non lo ratificarono subito ma solo dopo le decisioni delle loro Corti supreme. Su questo patto gravano infatti non pochi sospetti di incostituzionalità, specie per quanto riguarda i meccanismi punitivi automatici che scattano contro i paesi inadempienti.
Noi lo definimmo allora un vero e proprio golpe istituzionale (che non sarebbe riuscito tanto facilmente al precedente governo Berlusconi-Tremonti e alla maggioranza neofascista PDL-Lega) sferrato con una rapidità impressionante dal governo Monti, sotto il ricatto dei mercati finanziari e della UE, grazie alla plebiscitaria maggioranza PDL-PD-Terzo polo di cui disponeva in parlamento e sotto il ricatto incalzante del nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano. Costoro per di più lavorarono alla chetichella, per non destare l'allarme delle masse, tenute del tutto all'oscuro di quanto si andava preparando, pur essendone le vittime predestinate. Cosicché un governo di tecnocrati liberisti borghesi senza alcuna legittimazione elettorale e un parlamento fatto di politicanti borghesi nominati dai partiti del regime neofascista, di corrotti e di inquisiti, completamente sordi anche agli appelli provenienti da centinaia di economisti, giuristi, insegnanti e semplici democratici, come il "manifesto dei 500" inviato ai deputati e senatori del PD e dell'IDV con l'invito a votare no o almeno a consentire il referendum, si arrogarono il diritto di cambiare in gran segreto la Costituzione alle spalle del popolo; al quale fu negata perfino la possibilità di esprimere col referendum il suo parere su una decisione destinata a pesare negativamente sulla sua vita e su quelle delle generazioni future.

La Svizzera come l'Italia
Dunque la Svizzera ha finito per aderire a suo modo e di fatto a quel famigerato patto UE. Il che non ci stupisce affatto in questa economia imperialista “globalizzata” e con le forti interconnessioni esistenti tra le economie capitalistiche dei paesi europei, aderenti o meno alla UE. E quest'analogia è confermata dal voto plebiscitario che ne ha accompagnato l'adozione anche in Svizzera: il mercato imperialista domina incontrastato nei parlamenti nazionali e manovra i partiti ivi rappresentati come marionette, abbiano esse le sembianze di Letta o Micheline Calmy-Rey, di Berlusconi o Christoph Blocher.
Hai perfettamente ragione a osteggiare tale norma costituzionale introdotta in Svizzera e a rimanere scettico verso le argomentazioni usate da quel tuo compagno che si appella a Marx a sproposito. Egli dovrebbe pur riflettere e preoccuparsi di ritrovarsi d'accordo con una tale accozzaglia di partiti antioperai e di organizzazioni come l'Unione europea, che sono al soldo della grande finanza e capitale europei. Quella pregnante frase del “Capitale” di Marx è citata a sproposito perché è tratta dal Capitolo 24 del libro primo dedicato a "La cosiddetta accumulazione originaria", ovvero quella che Marx definì la "preistoria del capitale ", quel terribile periodo storico che vide la dissoluzione dell'economia feudale e rappresentò "il punto di partenza del modo di produzione capitalistico", "quando è avvenuto che i primi hanno accumulato ricchezza e che gli altri non hanno avuto all'ultimo altro da vendere che la propria pelle. E da questo peccato originale data la povertà della gran massa che, ancor sempre, non ha altro da vendere fuorché se stessa, nonostante tutto il suo lavoro, e la ricchezza dei pochi che cresce continuamente, benché da gran tempo essi abbiano cessato di lavorare ". La nuova struttura economica capitalistica soppiantò implacabilmente la struttura economica feudale e per l'intera società d'allora fu un processo di liberazione dalla servitù e dalle coercizioni corporative feudali, accompagnato tuttavia dall'imposizione di altri più terrificanti ceppi da parte del sistema economico capitalistico sugli operai. “Questi affrancati diventano venditori di se stessi soltanto dopo essere stati spogliati di tutti i loro mezzi di produzione e di tutte le garanzie per la loro esistenza offerte dalle antiche istituzioni feudali. E la storia di questa espropriazione degli operai è scritta negli annali dell'umanità a tratti di sangue e di fuoco.
Bene faceva Marx a bollare quella politica di massiccio e sistematico indebitamento pubblico perché l'accumulazione originaria fu accompagnata dal saccheggio delle finanze pubbliche da parte della classe capitalistica per accelerare appunto il processo di accumulazione in grado di mettere definitivamente fuori gioco l'organizzazione economica feudale.

Il “fiscal compact” frutto del liberismo più sfrenato
Quando noi marxisti-leninisti ci opponiamo al “fiscal compact” non sposiamo l'altra ricetta economica borghese, di marca socialdemocratica e riformista, ideata dall'economista borghese Keynes nel Novecento e col New Deal per scongiurare la grande depressione attraverso politiche di investimenti statali. Liberismo e keynesismo non spostano di una virgola la sostanza della schiavitù salariata ma riguardano solo i metodi e le ricette per meglio governarla e perpetuarla. Sono due facce della stessa medaglia: sono politiche complementari che non potranno in alcun modo cancellare e neppure mitigare le devastanti crisi economiche. E tuttavia si tratta di capire che il “fiscal compact” non solo è fortissimamente voluto dai liberisti più sbracati che invocano il primato del mercato sullo Stato, ossia il primato dei circoli più impenetrabili ed esclusivi della grande finanza e del grande capitale che spadroneggiano incontrastati nel mercato rispetto alla maggiore visibilità delle dialettiche presenti all'interno delle istituzioni rappresentative, ma è la scorciatoia pensata dalla classe dominante borghese per ridurre drasticamente le spese statali destinate ai servizi pubblici, come sanità, istruzione, assistenza, ammortizzatori sociali, grazie all'alibi dello sforamento del vincolo di bilancio. Insomma lo Stato borghese, ossia la macchina statale, deve essere interamente al servizio della borghesia e non farsi carico neppure delle elemosine dispensate con i servizi sociali che le masse popolari rivendicano come diritti e non come concessioni.
All'origine del debito pubblico non stanno attualmente le politiche sociali eccessivamente dispendiose per i bilanci statali, caricati dagli insostenibili costi del cosiddetto "welfare ", ma la dilapidazione dei fondi pubblici per ingrassare il parassitismo e l'alta burocrazia statale e i partiti del regime neofascista, per alimentare la macchina da guerra imperialista e per salvare dalla bancarotta le consorterie della speculazione finanziaria pompando quantità di denaro senza precedenti. Ora che la crisi si è incancrenita in Europa, è arrivato il tempo di pagare il conto e, per raddrizzare i bilanci statali in deficit, per scongiurare la bancarotta quegli stessi politici ed economisti borghesi, che non hanno esitato a destinare montagne di denaro alle grandi banche in crisi, attuano misure di lacrime e sangue ai danni dei lavoratori e delle masse popolari attribuendo loro una colpa che non hanno: ricevere servizi e assistenza sociali insostenibili per gli attuali bilanci statali.
Il compagno che difende il pareggio di bilancio sembra difendere più lo Stato borghese, le cui sorti non devono né possono preoccupare gli autentici comunisti, che gli interessi di classe del proletariato e la difesa delle masse popolari. Inoltre non comprende che se è il mercato a dettare le regole svaniscono del tutto i residui di sovranità formale che le istituzioni borghesi dicono di assicurare.
Il pareggio di bilancio nella presente struttura economica e politica capitalistica non è altro che una manifestazione della crociata contro l'eccesso delle tassazioni i cui santuari stanno nei poteri forti della finanza e dell'economia, cioè tra i ricchi sfondati che non vogliono in alcun modo pagare i costi dei servizi pubblici in nome della privatizzazione dell'intera struttura economica e persino politica capitalistica e del comandamento che i servizi sono una merce equiparata a qualsiasi altra merce: la acquista chi ha il denaro per pagarsela, gli altri si arrangino. Noi marxisti-leninisti, per contro, pretendiamo che i servizi pubblici siano universali e gratuiti per la popolazione e i loro costi siano sostenuti dall'imposizione fiscale progressiva, ovvero a costo zero per gli operai e le masse popolari meno abbienti e pesino di fatto tanto di più alto è il reddito percepito.
Evidentemente il tuo istinto di classe ti ha ben indirizzato nell'evitare “lo spauracchio delle casse vuote”.
Auspicando di aver soddisfatto le tue domande, ricambiamo cari saluti.

19 febbraio 2014