Obama a Roma esalta il rinnegato Napolitano
Renzi si ispira al capofila degli imperialisti americani
Gli antimperialisti, tra cui il PMLI, manifestano nei pressi dell'ambasciata Usa

 
"Una fonte di ispirazione" e un "modello da emulare" sono i termini coi quali il presidente del consiglio Matteo Renzi ha definito Barack Obama nella conferenza stampa al termine dell'incontro con il presidente Usa a Villa Madama il 27 marzo nel sottolineare la sua soddisfazione per gli elogi ricevuti da un “maestro”, il capofila degli imperialisti americani.
“Tutti i giornalisti italiani sanno che Obama non solo è il presidente Usa: per me e la mia squadra è fonte di ispirazione”, ha precisato Renzi e alla domanda se gli Stati Uniti possano essere un modello ha risposto: “Certo. Abbiamo chiamato Jobs Act un percorso per restituire spazio e credibilità per i giovani che oggi sono disoccupati” e che lo resteranno per lungo tempo grazie alla misure messe in campo dal suo governo. E prendendo a prestito l'accattivante slogan lanciato da Obama per la sua prima campagna elettorale presidenziale e adattandola all'Italia ha aggiunto che “al presidente Obama vorrei dire, con grande forza, che quel messaggio 'yes, we can' oggi vale anche per noi in Italia" dove "finalmente vogliamo dire che è possibile cambiare le cose", a vantaggio dei padroni e sulla pelle dei lavoratori e delle masse popolari. E per dirla tutta anche quello slogan è miseramente fallito, come hanno più volte denunciato i progressisti americani delusi dalle speranze finite in illusioni.
Gli slogan a effetto usate in conferenza stampa rappresentano l'identità di vedute fra i due leader imperialisti a “conferma della grande amicizia e partnership” e dei “valori comuni” tra Italia e Usa, per dirla sempre con le parole di Renzi.
Dall'altra parte Obama non ha lesinato gli elogi: "Sono colpito dall'energia e dalla visione che Matteo (citato confidenzialmente col nome, ndr) porta con sé in questo nuovo incarico, c'è visione, c'è ambizione ed è un fatto positivo non solo per l'Italia, ma per l'Europa”. “Ciascun paese ha pregi e difetti in economia – ha proseguito Obama - e Renzi ha identificato delle riforme strutturali che l’Italia deve compiere. Ho fiducia in lui, sarà in grado di portare avanti l’Italia”.
Parole di caloroso apprezzamento il presidente americano le ha rivolte anche al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che aveva incontrato poco prima: "L'Italia è fortunata ad avere un uomo di Stato così forte, che aiuta il paese in momenti così difficili". E ha tenuto a precisare che “ho ringraziato Renzi e Napolitano per l'impegno nella Nato. L'Italia è uno dei nostri maggiori contribuenti", un ringraziamento seguito dall'invito a aumentare le spese militari per “condividere” con gli Usa un maggiore onere nella difesa degli interessi dei paesi imperialisti occidentali alleati nella Nato.
Il gap tra le spese di difesa Usa ed europee in seno alla Nato “è diventato troppo significativo”, ha ripetuto in conferenza stampa Obama, “non ci può essere una situazione in cui gli Usa spendono più del 3% del loro pil nella difesa, gran parte concentrato in Europa” mentre “l’Europa spende l’1%: il divario è troppo grande”, “siamo una partnership nella Nato” e bisogna “fare in modo che tutti paghino la giusta quota”. Se la macchina bellica dell'imperialismo non è aggiornata e ben oliata non serve a molto, è una pistola scarica.
E Renzi prontamente affermava che “condivido il pensiero del presidente Obama, quando dice che la libertà non può essere considerata gratis, non possiamo lamentarci del dolore del mondo se non ce ne facciamo carico. Per questo l'Italia ha sempre fatto la sua parte negli anni con grande dedizione e impegno. Il tema dell’efficienza dei costi della pubblica amministrazione e della difesa sono sotto gli occhi di tutti e nel rispetto della collaborazione provvederemo a verificare i nostri budget per poter intervenire in tutto il mondo e al contempo evitare gli sprechi".
Solo dieci giorni prima, il 16 marzo, il ministro della Difesa Roberta Pinotti aveva affermato che in merito all'acquisto dei 90 caccia F35 era “lecito immaginare una razionalizzazione, si può ridurre e rivedere” che vuol dire risparmiamo comprandone di meno anche se aveva lasciato tutte le porte aperte con “ma prima bisogna chiedersi che difesa vogliamo, quale tipo di protezione ci può servire”. Dopo la reprimenda di Napolitano e l'invito di Obama, Renzi ripeteva che voleva tagliare le spese militari ma la Pinotti, il 28 marzo, di fronte a una platea di generali innestava la retromarcia e affermava che “io dico ai militari di stare sereni perché, lo ha spiegato anche il premier Renzi, quando parliamo di forze armate e della necessità che l'Italia continui a svolgere il suo ruolo per la sicurezza del mondo, significa che non possiamo fare passi indietro”.
E invece di passi indietro ne sarebbero necessari più di uno a partire dall'uscita dell'Italia dalla Nato e la chiusura delle basi Nato in Italia come hanno chiesto nel pomeriggio del 27 marzo gli antimperialisti, tra cui il PMLI, che davano vita a un sit in nelle vicinanze dell'ambasciata Usa di via Veneto a Roma, protetta da un imponente schieramento di polizia. I circa 300 manifestanti bloccavano la strada muniti di striscioni e cartelli che ricordavano i motivi della protesta; dalla denuncia “contro Barack Obama capo della guerra globale permanente degli Usa e condivisa con l'Unione europea” e contro “la militarizzazione del territorio e le servitù militari”, al sostegno alla “lotta contro il Muos e il tentativo di trasformare la Sicilia in un territorio sotto il dominio statunitense” e alle richieste dell'uscita dell'Italia dalla Nato e per “lo smantellamento di tutte le basi in Italia e la fine della partecipazione dell'Italia alle missioni militari” (si veda l'articolo in questa stessa pagina).

2 aprile 2014