Dati Istat e CGIL sulla diminuzione di spesa dal 2010 al 2013
Più poveri di 8 miliardi di euro gli statali in tre anni
5 mila euro in meno a testa per il blocco dei contratti. È tardiva e insufficiente la manifestazione di Cgil, Cisl e Uil a Roma l'8 novembre
Lo sfruttamento capitalistico sta riducendo alla fame i dipendenti pubblici

 
Il governo del Berlusconi democristiano Renzi anche sul fronte dei dipendenti pubblici sta rivelando appieno la sua natura di classe antioperaia e antipopolare. Nello spremere fino all’osso le masse popolari l’obiettivo numero uno da colpire rimangono i dipendenti statali, anche in questo il governo Renzi è in perfetta continuità con il suo degno maestro Berlusconi.
Tutto ciò non costituisce una novità. Nel capitalismo il plusvalore viene realizzato grazie allo sfruttamento dei lavoratori e, per una sempre maggiore rivalutazione del capitale, tale sfruttamento deve essere sempre aumentato. Per la classe dominante borghese la pubblica amministrazione rappresenta solo un terreno di rapina e, nel suo funzionamento, soltanto un costo. In questo contesto i dipendenti pubblici, esattamente come i lavoratori del settore privato, devono essere spremuti fino all’osso. Negli ultimi anni i governi di destra e di “sinistra” borghese hanno dipinto i dipendenti pubblici come fannulloni, improduttivi, strapagati e troppo numerosi. Premettendo che i lavoratori del pubblico impiego hanno la stessa dignità di quelli del privato bisogna sfatare la leggenda che l'Italia è uno dei paesi con il più alto numero di dipendenti statali e con stipendi alti. In Italia ci sono 5,8 dipendenti pubblici ogni 100 abitanti contro i 9,2 del Regno Unito e i 9,4 della Francia. Sono l'8,1 in Irlanda e Portogallo, in Belgio il 7,8 e in Spagna il 6,5. Tra i grandi paesi capitalisti solo la Germania ne ha un po' meno, il 5,4. Per quanto riguarda il salario percepito in busta paga c'è poco da dire: accomunate a quelle di tutti i dipendenti italiani le loro sono tra le più basse di tutta Europa. Basti guardare il rapporto tra la popolazione residente e la spesa per gli stipendi per la pubblica amministrazione che vede l'Italia con 2.717 euro all'ultimo posto tra i paesi dell'Europa occidentale, spendono meno solo in Portogallo.

Contratti pubblici fermi dal 2009 con blocco fino al 2020
I contratti dei dipendenti pubblici, lo ricordiamo, sono bloccati dal 2009. Con il 2015 saranno quindi sei gli anni di mancato rinnovo e, stando alle dichiarazioni del ministro Madia, il blocco potrebbe protrarsi addirittura fino al 2020. Lo stato borghese negli ultimi anni ha risparmiato un bel po’ di soldi con le politiche di lacrime e sangue imposte ai dipendenti pubblici. La voce di spesa per il pagamento dei salari pubblici, lo certifica l’Istat sulla base delle nuove regole di contabilità nazionale decise dall’UE, è passata da 172,5 miliardi di euro del 2010 ai 164,7 miliardi del 2013. I livelli di spesa in pratica sono tornati a quelli del 2007. Secondo dati forniti dalla Cgil l’ibernazione dei redditi dei dipendenti pubblici, tradotta in potere d’acquisto delle rispettive famiglie, corrisponde a 5 mila euro medi che ogni statale avrebbe perso dal 2010 ad oggi. Con i contratti bloccati l’unica possibilità, dettami di legge di stabilità e della Troika permettendo, per i dipendenti pubblici consiste nello sblocco degli scatti d’anzianità e delle progressioni in carriera, anche queste bloccate dal 2009. Sulla viva pelle dei dipendenti pubblici le istituzioni borghesi hanno risparmiato complessivamente, questi i dati forniti dalla Cgil, otto miliardi di euro negli ultimi tre anni. Sempre secondo la Cgil il blocco per il 2015 vale circa seicento euro annuali in meno in busta paga. Mentre i grandi manager pubblici, profumatamente pagati per mettere in atto le politiche borghesi che colpiscono le masse nei loro diritti, si appropriano di stipendi da favola i salari percepiti dai comuni dipendenti pubblici sono sempre più miseri. I dati forniti nel 2009 (ultimo anno prima del blocco dei contratti) dal Ministero dell’economia e della finanza danno una media stipendiale, per la pubblica amministrazione, di 34.497 euro. Tenendo presente le attuali aliquote Irpef, aliquote che in barba a quanto previsto dalla Costituzione borghese sono repressive e non progressive, lo stipendio netto annuale corrisponde a circa 25000 euro, pari a circa 1.930 euro netti mensili. Se 1.930 euro netti mensili rappresentano la media stipendiale nella pubblica amministrazione dobbiamo rapportarla a quanto percepito dagli alti papaveri quali magistrati, ufficiali superiori delle forze armate e della polizia, dirigenti ed alti funzionari con quello dei comuni impiegati ed operai dello stato borghese. Un insegnante di scuola primaria percepisce, a inizio carriera, circa 1200 euro netti mensili, un collaboratore scolastico circa 950 euro netti, un impiegato delle dogane 1300 euro netti mensili.

Il taglio della spesa pubblica come strumento di lotta di classe
Nonostante la politica di lacrime e sangue fatta sulla pelle dei dipendenti pubblici i media borghesi, sapientemente pilotati dall’occulta regia governativa, continuano a sciorinare numeri tesi a dimostrare che la spesa pubblica è pur sempre in aumento e quindi l’austerity dei contratti pubblici è assolutamente necessaria. Secondo dati Istat, l’Istituto Nazionale di Statistica, fra il 2010 e il 2013, la spesa pubblica nel suo totale è infatti aumentata passando da 811,5 miliardi di euro a 827,1 miliardi. Se è vero che la spesa pubblica è nominalmente aumentata, dal 2010 al 2013, di 15,6 miliardi occorre aggiungere che tale aumento è stato complessivamente pari all’1,9% con una media annua dello 0,6%. Calcolando che dal 2010 al 2013 l’inflazione è cresciuta, sempre secondo dai Istat, con una media del 2,4% possiamo affermare che la spesa pubblica complessiva in realtà si è contratta, e di parecchi miliardi ogni anno!
I governi borghesi succedutisi negli ultimi anni hanno inoltre tagliato gli investimenti per lo sviluppo ed il miglioramento della pubblica amministrazione. Negli ultimi tre anni gli investimenti si sono contratti passando dai 66,6 miliardi del 2010 ai 57,6 miliardi del 2013. I crudi numeri anche qui parlano chiaro e non danno spazio alle speculazioni: lo stato borghese si sta rapidamente ritirando azzerando, a tutto vantaggio dei pescecani capitalisti che hanno tutto da guadagnare, i servizi sanitari, sociali e dell’istruzione.

Tardiva e insufficiente la manifestazione nazionale di Cgil-Cisl-Uil a Roma l’8 novembre
Le reazioni dei principali sindacati sono state tardive e del tutto insufficienti. Per Michele Gentile, responsabile del settore pubblico per la Cgil, il blocco dei contratti riconfermato anche per il 2015, il sesto anno consecutivo, aprirebbe un problema costituzionale tanto più che le ripercussioni di tale blocco si farebbero sentire pesantemente anche sull’entità delle future pensioni. Il segretario generale della Cisl Funzione pubblica Giovanni Faverin ha definito fallimentare il governo, nel suo ruolo di più “grande datore” di lavoro del Paese. Alle parole però, anche questa volta, non sono seguiti i fatti. Le organizzazioni sindacali confederali si sono limitate a indire una timida manifestazione unitaria a Roma, sabato 8 novembre. Ciò non solo non è sufficiente ma è persino offensivo nei confronti dell’entità dell’attacco in atto ai dipendenti pubblici da parte del governo. Occorre immediatamente uno sciopero generale di otto ore che coinvolga, oltre ai dipendenti pubblici, anche quelli del privato, gli studenti, i pensionati ed i disoccupati. Un grande sciopero nazionale con manifestazione sotto palazzo Chigi che abbia come scopo immediato l’abbattimento del governo del Berlusconi democristiano Renzi. Ancora una volta si dimostrano validissime e lungimiranti le parole del Documento dell’Ufficio Politico dello scorso 25 febbraio sul governo Renzi appena insediatosi: “Il governo del Berlusconi democristiano non merita alcuna fiducia. Va spazzato via senza indugio e con la massima determinazione, conducendo contro di esso una dura opposizione di classe e di massa nelle fabbriche, in tutti i luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università, nelle piazze, nelle organizzazioni di massa, specie sindacali e studentesche.”
Per impedire che il progetto neofascista e piduista di un democristiano dalla vocazione autoritaria degna di Mussolini, vada in porto è necessario costituire un fronte unito che si batta per l’immediato sblocco dei contratti, tanto nel settore pubblico quanto in quello privato. Nella lotta per contratti rinnovati e salari dignitosi per tutte le lavoratrici e lavoratori, importantissima battaglia immediata, occorre sempre avere bene a mente quello che deve essere l’obiettivo strategico: la conquista del socialismo da parte del proletariato. Solo con la conquista del potere politico, senza il quale non conta niente, il proletariato potrà affermarsi come classe veramente rivoluzionaria. Con il potere politico nelle proprie mani il proletariato sostituirà, dopo averlo abbattuto, lo Stato e l’intera sovrastruttura borghese con uno stato socialista, lo Stato del proletariato e della dittatura del proletariato. Solo con il socialismo il proletariato, che produce l’intera ricchezza del paese, potrà appropriarsi delle risorse e dei beni che gli sono sottratti, nella dittatura del capitale, dalla borghesia.

22 ottobre 2014