Lo afferma senza vergogna Gentiloni, nuovo ministro degli Esteri
L'Italia imperialista e interventista di Napolitano e Renzi pronta a mandare l'esercito in Libia
La politica colonialista di Mussolini rivive nel governo Renzi

La Libia rientra nel nostro cortile di casa e l'Italia è pronta ad un intervento militare per proteggere i nostri interessi nazionali: è questa la dottrina interventista che il neo ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha adottato da quando si è insediato alla Farnesina poche settimane fa. E la espone senza pudore in interviste ai principali quotidiani nazionali come “Il Foglio”, “La Repubblica” e “Il Messaggero”, che sta facendo pubblicare sul sito del ministero dandogli evidentemente il valore di altrettante dichiarazioni ufficiali.
Intervistato dall'ex Lotta continua Gad Lerner, per il quotidiano del magnate De Benedetti e dell'ex fascista Scalfari, l'ex Democrazia proletaria, MLS e PDUP Gentiloni non si fa pregare a rivelare le smanie neocolonialiste del governo Renzi e sue personali. Alla domanda preconfezionata e compiacente di Lerner, “ministro Gentiloni, prima o poi diventerà inevitabile un intervento in Libia per impedire che il terrorismo e la pirateria se ne impadroniscano definitivamente?”, il titolare della Farnesina risponde infatti prontamente: “Non dobbiamo ripetere l'errore di mettere gli stivali sul terreno prima di avere una soluzione politica da sostenere. Ma certo un intervento di peacekeeping, rigorosamente sotto l'egida Onu, vedrebbe l'Italia impegnata in prima fila. Purché preceduto dall'avvio di un percorso negoziale verso nuove elezioni garantito da un governo di saggi. In assenza del quale mostrare le divise rischia solo di peggiorare la situazione. Ci stiamo lavorando, con i paesi dell'area e con le Nazioni Unite”.(...)
Il ministro rivela cioè candidamente che il governo Renzi sta preparando il terreno a un intervento militare “in prima fila” dell'Italia in Libia, d'accordo con “i paesi dell'area”, a cominciare – è sottinteso - dall'Egitto dei generali golpisti e dagli Stati del Golfo, verso i quali l'attivismo e le visite di Renzi si sono fatte non a caso frenetici negli ultimi tempi. Solo che prima è necessario garantirsi il beneplacito dell'Onu e una richiesta di intervento da parte di una qualche governo provvisorio filo occidentale, in modo da poter giustificare l'intervento militare dietro la foglia di fico di una “missione di pace”, sul modello Afghanistan. E anche per avere la scusa di aggirare per l'ennesima volta l'ormai inutile ma ancora fastidiosamente presente articolo 11 della Costituzione. Anche a questo, cioè a creare in loco un potere politico fantoccio, il governo “ci sta lavorando”: “Non ci rassegniamo alla dissoluzione della Libia. Saremo parte attiva nell'individuare una transizione politica unitaria cui subordiniamo l'eventualità di una presenza militare di peacekeeping”, insiste infatti Gentiloni con l'inviato de “La Repubblica”.
Questo disegno politico-militare interventista Gentiloni lo ha esposto anche all'inviato de “Il Messaggero”, al quale ha ribadito che “la Libia ci interessa più da vicino e coinvolge i nostri interessi nazionali da tutti i punti di vista: economico, politico, della sicurezza, migratorio”. “L'Italia – ha aggiunto - è pronta a fare la sua parte in Libia anche con interventi di peacekeeping, per i quali occorre però un processo di pace guidato dall'Onu e in Libia non siamo ancora in quella fase. Serve un governo provvisorio, un percorso istituzionale verso un nuovo assetto che tenga assieme i moderati delle diverse parti in conflitto. Solo a quel punto sarà ipotizzabile una presenza di monitoraggio o peacekeeping”.
Stessi concetti riportati anche da “Il Foglio” finanziato da Berlusconi e diretto dal rinnegato ed agente della Cia Giuliano Ferrara, che ha particolarmente insistito sul carattere “di sinistra” dell'”interventismo umanitario” di Gentiloni: “Paolo Gentiloni, neo ministro degli Esteri italiano, sa tenere insieme l'idealismo dell'interventismo umanitario con il realismo della stabilizzazione, due facce della teoria di politica estera spesso inconciliabili, e lo fa tracciando una riga netta tra quello che oggi è (diventato) di sinistra e quello che invece è di destra”, azzarda infatti l'inviato de “Il Foglio” in apertura dell'intervista pubblicata con risalto sul sito della Farnesina. E poi spiega (senza essere smentito dal ministro, che evidentemente approva): “Aprirsi al mondo, intervenire nelle aree di crisi, siglare trattati di scambio e insistere, indefessi, sui negoziati e il dialogo è di sinistra. Il protezionismo economico, l'isolazionismo in politica estera e anche la chiusura delle frontiere - 'no all'immigrazione'- sono di destra”.
L'ex radicale pacifista Gentiloni, insomma, non si vergogna di ritagliarsi un ruolo da protagonista della dottrina neocolonialista dell'Italia imperialista e interventista di Renzi e di Napolitano: il quale, va ricordato, fu promotore e garante dell'intervento dell'Italia a fianco della Francia, degli Usa e della Nato nell'aggressione militare imperialista alla Libia nel 2011. Un intervento che storicamente si ricollegava in maniera sinistra a quello sanguinosissimo negli anni '30 del secolo scorso da parte di Mussolini, la cui politica colonialista rivive oggi nel governo Renzi.

3 dicembre 2014