Secondo uno studio della Cgil
"Ci vorranno 63 anni per recuperare i posti di lavoro perduti"

La crisi economica e finanziaria del capitalismo iniziata nel 2007, la più grave degli ultimi 80 anni, è ancora lontana dall'essere superata benché le sirene degli istituti di statistica internazionali segnalino a ogni inizio dell'anno cenni positivi nella variazione del prodotto interno lordo (PIL). Secondo uno studio dell'ufficio economico della CGIL basato su dati Istat sui "Conti nazionali" e "Sulle prospettive per l'economia italiana 2013-2014" ci vorranno 63 anni per recuperare i posti di lavoro perduti in questi 6 anni. Solo nel 2076, nelle più ottimistiche previsioni e senza che nel frattempo ci siano ulteriori sviluppi negativi della crisi economica nazionale e internazionale, si potrà tornare alle 25.026.400 di unità di lavoro standard del 2007 (ossia 1.494.451 in più rispetto alle 23.531.949 previste nel 2014).
"Per capire quanto tempo ci vuole ancora per parlare di ripresa e recuperare il livello pre-crisi - afferma lo studio della CGIL - se venissero prese come riferimento le previsioni macroeconomiche Istat: a) si può immaginare: di proiettare l'eventuale ripresa calcolata dall'ISTAT, ovvero, moltiplicare il tasso previsto per il 2014 (es. PIL +0,7%), in modo costante nel tempo, per tutte le variabili illustrate (in termini reali), fino a raggiungere il livello del 2007. Risultato: il livello del PIL pre-crisi verrebbe recuperato nel 2026 (in 13 anni dal 2013), quello dell'occupazione nel 2076 (in 63 anni dal 2013); il livello dei salari reali mai (in confronto con l'inflazione effettiva, cioè il deflatore dei consumi, la variazione è negativa nel 2014); il livello di produttività verrebbe recuperato nel 2017 (in 4 anni dal 2013); il livello degli investimenti nel 2024 (11 anni dopo il 2013)".
Insomma un inaccettabile massacro sociale per intere generazioni da cui si può uscire non certo con i provvedimenti annunciati dal governo Letta-Berlusconi atti per salvare il grande capitale a discapito delle masse lavoratrici e popolari, soprattutto giovanili e femminili, ma con un piano straordinario che preveda l'abolizione dei contratti precari, l'abbassamento dell'età pensionabile, l'eliminazione delle discriminazioni lavorative e salariali per giovani e donne, interventi per l'occupazione, lo sviluppo e l'industrializzazione nel Mezzogiorno. Ci vuole una forte opposizione di classe e di massa al governo Letta-Berlusconi, che sta facendo gli interessi del capitalismo e dell'Unione europea imperialista ed è il primo ostacolo alla soluzione dell'emergenza occupazionale e ci vuole una lotta senza quartiere contro il capitalismo e per il socialismo.

26 giugno 2013