Alla conferenza di Sharm
71 Paesi stanziano 4,5 miliardi di dollari per la ricostruzione di Gaza scavalcando Hamas
Il movimento islamico: Non si può ricostruire la Striscia senza coinvolgere il governo

I rappresentanti di 71 paesi e di 16 organizzazioni internazionali che hanno partecipato il 2 marzo alla conferenza internazionale organizzata dal presidente egiziano Mubarak a Sharm el Sheik hanno promesso 4,5 miliardi di dollari, 3,4 miliardi di euro, per la ricostruzione di Gaza. O meglio, una cifra inferiore dato che alcuni paesi fra i quali gli Usa hanno precisato che solo un terzo del loro stanziamento andrà alla ricostruzione di Gaza, il resto è destinato a ripianare la gestione fallimentare del bilancio dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) del presidente Abu Mazen. Più che sulla cifra da stanziare, che si sommerebbe ai 7,7 miliardi di dollari in tre anni promessi dalla conferenza di Parigi del dicembre 2007, l'attenzione dei partecipanti al vertice si è soffermata sul precisare chi gestirà questo fiume di denaro: non il legittimo governo palestinese guidato da Hamas ma il fidato Abu Mazen. D'altra parte Hamas o rappresentanti del legittimo governo palestinese non sono stati nemmeno invitati al vertice.
Come gli Usa, che hanno promesso 900 milioni di dollari ma solo un terzo destinato alla ricostruzione di Gaza, anche l'Unione europea ha messo sul tavolo con le stesse condizioni 436 milioni di euro. I maggiori donatori sono stati i paesi del Golfo che hanno annunciato uno stanziamento di 1,6 miliardi di dollari in aiuti, con la precisazione che saranno gestiti da loro tramite un apposito ufficio congiunto a Gaza.
I paesi "donatori" di Sharm hanno fatto di tutto per scavalcare Hamas ma intanto la popolazione di Gaza ha potuto beneficiare di decine di milioni di dollari in risarcimenti alle famiglie delle vittime dell'attacco israeliano, ai feriti e a coloro che hanno perduto la casa, distribuiti da "Mujama islami", la principale istituzione assistenziale di Hamas.
Nel comunicato finale del vertice di Sharm si afferma tra l'altro che i partecipanti "chiedono l'apertura immediata, totale e incondizionata di tutti i punti di passaggio fra Israele e Gaza", che è bene ricordare sono ancora in gran parte bloccati dai sionisti di Tel Aviv. Una portavoce dell'Unrwa, l'organizzazione dell'Onu che si occupa dei profughi palestinesi, una settimana prima del vertice aveva ricevuto una delegazione di europarlamentari ai quali denunciava che Israele lascia passare poco più di una trentina di autocarri mentre il fabbisogno reale è di oltre 600. I partecipanti al vertice non sono andati oltre una formale richiesta di riapertura dei valichi a Tel Aviv e ovviamente non hanno detto una parola sull'aggressione sionista del dicembre scorso a Gaza che ha provocato la morte di quasi 1.400 palestinesi e le distruzioni che con i loro aiuti si dovrebbero riparare.
Esclusa dal vertice, Hamas ha lo stesso fatto sentire la sua voce at-
traverso il portavoce Fawzi che ha denunciato: "scavalcare le legittime autorità palestinesi a Gaza è una mossa che va nella direzione sbagliata e indebolisce deliberatamente la ricostruzione". Barhoum ha inoltre invitato i partecipanti a "riconoscere la legittimità di Hamas se hanno a cuore gli interessi dei palestinesi".
Le attenzioni dei paesi imperialisti sono invece concentrate sulle
trattative, condotte sotto l'egida del-
l'Egitto, fra rappresentanti di Abu Mazen e di Hamas per verificare la possibilità di dar vita a un governo palestinese di unità nazionale. Una trattativa difficile dato che mentre per l'Anp di Abu Mazen e per il Quartetto (Usa, Russia, Onu e Ue) un futuro esecutivo di unità nazionale dovrà accettare gli accordi già firmati con Israele e il proseguimento delle trattative di pace, Hamas ha ribadito che non accetterà condizioni quali il riconoscimento di Israele, degli accordi sottoscritti dall'Anp e la rinuncia alla lotta armata, al diritto alla resistenza contro l'occupazione sionista.

11 marzo 2009