Tenendo alte le bandiere dell'emancipazione delle donne e dell'8 Marzo
Tutte unite per abbattere il nuovo Mussolini

di Monica Martenghi*
Buon 8 Marzo a tutte le donne sfruttate e oppresse in Italia e nel mondo. In particolare alle donne tunisine ed egiziane che si sono battute in piazza per la libertà e la democrazia riportando una vittoria storica. Alle donne libiche, marocchine, algerine, yemenite, bahrenite, irachene, afghane e di altri paesi che ancora lottano strenuamente per gli stessi motivi.
Siamo riconoscenti alle nostre antenate marxiste-leniniste che alla seconda Conferenza internazionale delle donne socialiste del 1910 hanno istituito, su proposta delle marxiste-leniniste russe ed europee ispirate da Lenin, la Giornata internazionale delle donne per rivendicare la parità della donna con l'uomo in tutti i campi e i diritti specifici delle donne.

La condizione femminile
Da allora a oggi le masse femminili italiane hanno fatto notevoli passi in avanti conquistando sul campo di battaglia, con l'appoggio e il concorso del movimento operaio e sindacale, il diritto di voto, la parità salariale, la tutela delle lavoratrici madri e del lavoro a domicilio, il divieto di licenziamento in caso di matrimonio, la parità uomo-donna nel lavoro, il nuovo diritto di famiglia, il divorzio, l'aborto, l'istituzione degli asili e dei consultori pubblici, il riconoscimento della violenza sessuale come reato contro la persona e non più contro la morale.
Ma molta strada rimane ancora da fare perché la donna goda della piena parità con l'uomo. Le masse femminili italiane sono ancora le più sfruttate tra gli sfruttati, discriminate ed emarginate dalla vita produttiva e sociale, costrette a subire una barbara schiavitù domestica e familiare, oppresse da una famiglia, una morale, un'etica, una cultura borghesi, cattoliche e maschiliste, vittime di soprusi e violenze sessuali soprattutto in famiglia.
Le responsabilità di questo stato di cose stanno nell'esistenza stessa del capitalismo, del suo sistema economico e produttivo, del suo dominio culturale, sociale e statale. Tenere le donne in una condizione di subalternità rispetto all'uomo rappresenta infatti un interesse vitale e imprescindibile del capitalismo che individua nella famiglia, e al suo interno nella donna, la cellula economica di base e l'ammortizzatore sociale per eccellenza del suo intero sistema economico e sociale.
Strategicamente la questione femminile potrà essere risolta solo con l'abbattimento del capitalismo e la conquista del potere politico da parte del proletariato maschile e femminile, che è la madre di tutte le questioni. In particolare l'emancipazione delle donne può avanzare solo se se ne tengono saldamente in pugno le due leve principali che sono il lavoro e la socializzazione del lavoro domestico. Due obiettivi strategici senza i quali è impossibile realizzare una reale e concreta uguaglianza fra i sessi. La socializzazione del lavoro domestico in particolare è la leva decisiva per proiettare le donne al di fuori della casa e della famiglia e collocarle su un piano di effettiva parità con l'uomo dal punto di vista lavorativo, sociale, politico, sindacale e culturale. Un obiettivo che non può essere certo realizzato né con l'autopunitiva e già fallimentare "conciliazione dei tempi di lavoro e di cura", né con la distribuzione, per quanto equa fra i due sessi, del lavoro domestico, ma attraverso la trasformazione di questa attività, che rappresenta una necessità comune e collettiva, in una grande industria pubblica di servizi estesa capillarmente su tutto il territorio nazionale.
Nell'immediato occorre in primo luogo battersi per strappare misure a favore di un'occupazione stabile, a tempo pieno, a salario intero e sindacalmente tutelato per le donne, una fitta rete di servizi sociali pubblici a cominciare dagli asili nido su tutto il territorio nazionale, specie nel Mezzogiorno, una scuola e una università pubbliche, gratuite e governate dalle studentesse e dagli studenti. Parallelamente occorre continuare a lottare per tutelare i diritti civili fin qui conquistati e oggi fortemente messi in discussione come l'aborto, e conquistarne dei nuovi come il riconoscimento delle coppie di fatto, gay e trans, l'abolizione della legge 40 sulla fecondazione assistita, il diritto delle coppie omosessuali e dei singoli all'adozione, il diritto a una ricerca e sperimentazione scientifica libera dai condizionamenti della Chiesa cattolica e del mercato capitalistico.

La concezione della donna
Vi sono due concezioni della donna contrapposte all'interno della società: una borghese e una proletaria. La concezione borghese, pur nelle diverse correnti, vede convergere destra e "sinistra" borghese in una visione della donna subalterna all'uomo nella società, nel lavoro, nella scuola, nella politica, nelle istituzioni e nella famiglia. Verso due immagini speculari: madri e mogli esemplari, da una parte, oggetti sessuali e prostitute, dall'altra.
La concezione proletaria della donna, al contrario, considera le masse femminili effettivamente uguali all'uomo, dotate delle stesse capacità e potenzialità, e nient'affatto votate né per natura né per vocazione divina alla famiglia, al matrimonio, ai figli. Per questo le vede proiettate con forza nella vita politica, sociale, sindacale e culturale in un ruolo economico e sociale indipendente dalla famiglia e dalla maternità, a combattere non solo per soddisfare le proprie esigenze e bisogni, per abbattere i pregiudizi, i condizionamenti e le influenze antifemminili che le rendono subalterne e succubi, ma anche a rivoluzionarizzare radicalmente il rapporto uomo-donna e l'intera organizzazione economica e sociale capitalistica e la sua sovrastruttura statale, familiare, morale, etica, scolastica e culturale borghese.
Ecco perché il nostro modello di donna sono le partigiane, le ragazze del '68 e del '77, le operaie che hanno votato no al diktat del nuovo Valletta, Marchionne, che ha restaurato le relazioni industriali mussoliniane, le studentesse e le insegnanti che lottano per l'istruzione pubblica, le donne che lottano contro le mafie, le basi militari Usa e Nato, il nucleare, il Ponte di Messina, la Tav, le discariche e gli inceneritori, le donne che si battono in piazza per chiedere le dimissioni di Berlusconi.
Ma "il modello più alto e più completo di donna per noi - come ha detto il Segretario generale del PMLI, compagno Giovanni Scuderi - è rappresentato dalle marxiste-leniniste perché stanno in prima fila nelle lotte politiche, sindacali, sociali, ambientaliste e soprattutto perché pongono interamente la loro vita al servizio del popolo e della causa dell'emancipazione della donna e del socialismo".
Il nostro modello di donna è quella vestita di rosso, il colore della lotta, della riscossa e del socialismo e non quella addobbata del romantico e borghese rosa, né, tantomeno, quella adornata di tricolore, in onore a quest'orgia nazionalistica e patriottarda che destra e "sinistra" di regime stanno pompando in vista del 150° anniversario dell'Unità d'Italia.
Oggi le masse femminili possono fare molto non solo per se stesse ma per tutto il nostro popolo. Specie se scamperanno ai tentativi di imprigionarle e di strumentalizzarle ai fini elettorali e di governo da parte del femminismo borghese, rappresentato trasversalmente nei partiti della "sinistra" borghese e persino nel partito del fascista rivestito Fini.
Come ieri le teorie femministe, borghesi e cattoliche della "differenza sessuale" e delle "pari opportunità" hanno di fatto spianato la strada alla restaurazione in Italia del familismo cattolico e mussoliniano, oggi battersi per la propria "dignità" non solo non basta ma è sbagliato. La "dignità della donna" è una parola d'ordine tipicamente borghese poiché pone al centro l'individuo, il rispetto della sua persona e dei suoi diritti, ed è proprio l'opposto dell'emancipazione che implica invece la conquista e il rispetto dei diritti collettivi e universali di tutte le masse femminili sfruttate e oppresse. Inoltre la "dignità" ha una forte valenza cattolica. Persino Wojtyla ha dedicato nel 1988 un'intera "Lettera apostolica" alla "dignità della donna" per ribadire che tale "dignità", impersonata al massimo livello da "Maria-madre di dio", sta nella sua naturale vocazione alla maternità e alla famiglia e che qui risiede il valore e il significato del suo ruolo sociale.

Abbattere il nuovo Mussolini
Per quanto ci riguarda il contributo più importante e urgente che in questo momento le masse femminili possono dare all'intero nostro popolo è quello di partecipare in massa e in prima fila alla lotta per abbattere il nuovo Mussolini, Berlusconi. Non in nome della moralizzazione e della "dignità", bensì perché egli ha restaurato il fascismo, fatto a pezzi la Costituzione antifascista e rilanciato l'interventismo militare mussoliniano. Perché prendendo a pretesto la crisi economica e finanziaria del capitalismo mondiale, sta massacrando tutti i diritti economici, sindacali e sociali conquistati dalle masse femminili in decenni di lotta. Ricordiamo l'innalzamento dell'età pensionabile, i drastici tagli ai servizi sociali e sanitari pubblici, a tutto vantaggio di quelli privati, per quanto concerne asili nido, assistenza agli anziani e ai disabili, posti letto in ospedale, accesso alla scuola e all'università. A cui vanno aggiunte iniziative locali come la legge Tarzia, nel Lazio, che di fatto cancella i consultori pubblici. Perché lo stesso federalismo municipale condannerà definitivamente soprattutto le masse femminili del Meridione alla disoccupazione perenne, al precariato di massa, al precoce abbandono scolastico, all'assenza di servizi sociali e sanitari pubblici.
Cos'altro occorre che faccia prima di obbligarlo alle dimissioni ricorrendo alla piazza? I fatti hanno dimostrato che la via giudiziaria e la via parlamentare sono perdenti. Comunque non è più possibile aspettare il loro responso, in quanto è urgente risolvere subito la questione per bloccare la macelleria politica, sociale e istituzionale del neoduce. Chi continua a riproporle, in una forma o nell'altra, finisce col deviare e sabotare la lotta contro il governo, a rafforzare invece che indebolire il potere di Berlusconi.
Appoggiamo lo sciopero generale deciso dalla CGIL, ma occorre che essa stabilisca subito il giorno, la durata di 8 ore e una manifestazione nazionale a Roma sotto Palazzo Chigi. Altrettanto dovrebbero fare i "sindacati di base" e tutti i partiti che almeno a parole denunciano che siamo in "emergenza democratica".
Occorre che le masse femminili realizzino sull'obiettivo delle dimissioni di Berlusconi la massima unità d'intenti e d'azione, senza alcuna distinzione ideologica, politica, partitica, culturale, sociale e religiosa e senza porre alcun paletto all'uso di tutte le giuste forme di lotta legali e illegali, pacifiche e violente, purché di massa ed espressione della volontà popolare, che si rendano via via necessarie per raggiungere tale obiettivo.
Tutte unite per abbattere il nuovo Mussolini. Poi ognuna andrà per la sua strada. Noi marxiste-leniniste continueremo a lottare per abbattere il regime capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista, razzista, xenofobo e interventista e conquistare l'Italia unita, rossa e socialista, convinte più che mai che solo nel socialismo le donne potranno realizzare fino in fondo la propria emancipazione e la concreta e effettiva eguaglianza fra i sessi.
Buon 8 Marzo, ancora, a tutte le masse femminili italiane e migranti, a cominciare dalle militanti e dalle simpatizzanti del PMLI residenti in Italia e all'estero che sono un esempio di dedizione e abnegazione totale alla causa dell'emancipazione e del socialismo, e offriamo a tutte loro idealmente un grande mazzo di mimose che è il simbolo tradizionale e irrinunciabile di questa gloriosa e sempre attuale giornata internazionale delle donne.
Abbattiamo il nuovo Mussolini!
Viva l'8 Marzo!
Viva l'emancipazione femminile!
Avanti con forza e fiducia verso l'Italia unita, rossa e socialista!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!

Responsabile della Commissione per il lavoro femminile del CC del PMLI

2 marzo 2011