Viva la Giornata internazionale delle donne
Alziamo la bandiera dell'8 Marzo contro il capitalismo, per il socialismo

Di Monica Martenghi*

Buon 8 Marzo a tutte le masse femminili sfruttate e oppresse in Italia, in Europa e nel mondo intero. In primo luogo a quelle che si stanno battendo nelle piazze in difesa dei propri diritti e di quelli di tutto il popolo come le lavoratrici e le donne della Grecia. Un buon 8 Marzo del tutto particolare lo rivolgiamo alle donne della Val di Susa che sono una componente di punta dell'esemplare movimento contro la TAV e sono attualmente nell'occhio del ciclone della brutale repressione poliziesca e giudiziaria.
Un buon 8 Marzo speciale lo rivolgiamo anche alle Mamme Vulcaniche, uno dei movimenti di massa più combattivo e agguerrito della Campania e d'Italia, la cui foto, per loro gentile concessione, campeggia sul nostro manifesto celebrativo della Giornata internazionale delle donne.
Infine, buon 8 Marzo, alle nostre splendide militanti e simpatizzanti residenti in Italia e all'estero che sono un esempio di dedizione e di abnegazione alla causa dell'emancipazione femminile, del proletariato, del socialismo e del PMLI.
Da quando le nostre antenate marxiste-leniniste, alle quali saremo eternamente riconoscenti, decisero alla seconda conferenza della donne socialiste del 1910 di istituire, su proposta delle marxiste-leniniste russe ed europee ispirate da Lenin, la Giornata internazionale delle donne per rivendicare la parità uomo-donna in tutti i campi e i diritti specifici delle donne, le masse femminili italiane hanno fatto grandi sforzi per tenere alta la bandiera dell'8 Marzo.
Con l'appoggio e il concorso del movimento operaio e sindacale, attraverso la partecipazione in prima persona a grandi movimenti di lotta come la Resistenza e le Grandi Rivolte del Sessantotto e del Settantasette, e dando vita, specie negli anni '70 a un proprio movimento per la parità fra i sessi, sono riuscite a strappare grandi conquiste in campo politico, economico, sociale e civile. Come il diritto di voto, l'accesso ad ogni tipo di impiego e grado di istruzione, la parità salariale, la tutela delle lavoratrici madri e del lavoro a domicilio, il divieto del lavoro notturno e di licenziamento in caso di matrimonio, la parità uomo-donna nel lavoro, il nuovo diritto di famiglia, il divorzio, l'aborto, l'istituzione degli asili e dei consultori pubblici, il tempo pieno nelle scuole, il riconoscimento della violenza sessuale come reato contro la persona e non più contro la morale.

La condizione femminile
Eppure nonostante i grandi sacrifici ancora oggi la parità uomo-donna non è stata realizzata se non su un piano puramente formale e le masse femminili italiane subiscono ancora una brutale e antistorica doppia schiavitù: la schiavitù salariata e la schiavitù domestica e familiare.
Solo qualche dato. Nel 2010 il tasso di occupazione femminile si è fermato al 46,5%, il 13% in meno rispetto alla media europea e il 28,8% in meno rispetto al tasso di occupazione maschile. Al Sud ancora peggio: solo tre donne su dieci hanno un'occupazione. Sono però la maggioranza nei lavori precari, a tempo determinato, a part-time e più dequalificati. Sono il 77% degli occupati part-time. A parità di qualifica e impiego, la differenza di retribuzione tra uomini e donne si attesta tra il 10 e il 18%. Anche quando lavora, la donna deve sobbarcarsi il carico del lavoro familiare e domestico per almeno due ore in più ogni giorno rispetto all'uomo. Sono 800 mila le donne che sono state licenziate o hanno dovuto abbandonare il lavoro perché entrate in maternità. Esiste ancora un esercito di milioni di donne relegate totalmente nel casalingato che le abbrutisce, le emargina e le condanna alla subalternità economica e maritale.
La fotografia di ciò che il capitalismo riserva alle donne, specie del Sud, nel XXI secolo, sono quelle 4 operaie morte e 6 ferite a Barletta, nell'ottobre scorso, travolte dal crollo della fatiscente palazzina dove lavoravano a nero, anche 14 ore, per 4 euro l'ora.
Senza contare l'oppressione della cultura dominante borghese e cattolica, che ancora oggi fa perno sulla triade mussoliniana "Dio, patria e famiglia", e che impedisce una completa concezione paritaria della donna, così come il riconoscimento giuridico dei diritti delle famiglie di fatto e gay, della libertà della ricerca e della sperimentazione scientifica nel campo della riproduzione. È figlia di questa cultura, fra l'altro, l'ultima sentenza della Cassazione che ha cancellato l'obbligo della carcerazione per i responsabili dello stupro di gruppo.

Governo Monti
C'è di peggio che le conquiste e i miglioramenti economici e sociali realizzati fin qui stanno gradualmente arretrando sotto il maglio delle politiche liberiste, privatizzatrici e antipopolari dei governi, sia di "centro-destra" sia di "centro-sinistra", che si sono succeduti negli ultimi venti anni. Una tragica realtà che non è stata affatto invertita dall'avvento del governo del tecnocrate borghese Mario Monti.
Al contrario, come ha denunciato prontamente l'Ufficio politico del PMLI, ancor prima di conoscere i suoi primi atti concreti e mentre "sinistra" e destra borghese sbavavano consensi, col governo Monti siamo caduti "Dalla padella alla brace. Per meglio dire: dalla dittatura del neoduce Berlusconi alla dittatura della grande finanza e della Unione europea". Monti è stato scelto dalla borghesia italiana, spinta dalla grande finanza internazionale e nazionale, dalla Ue e dalla Banca centrale europea "per far uscire l'Italia dalla crisi economica e finanziaria del capitalismo senza precedenti facendola pagare ai lavoratori e alle masse popolari distruggendo tutte le conquiste politiche, sociali, economiche e sindacali che il movimento operaio e dei lavoratori ha strappato dal dopoguerra a oggi".
Il governo Monti ha così cominciato con la controriforma delle pensioni particolarmente pesante per le lavoratrici che dovranno aspettare anche fino a 70 anni prima di andare in pensione. Ha proseguito con una maxistangata di 30 miliardi di euro che, fra l'altro, ha dato un'ulteriore mazzata allo "Stato sociale" riducendo per esempio i fondi a disposizione delle regioni e dei comuni per sanità e assistenza sociale. Con la "riforma" del "mercato del lavoro" verranno poi cancellate garanzie e tutele fondamentali per tutti i lavoratori e in particolare per arginare discriminazioni e soprusi padronali nei confronti delle lavoratrici.
Il governo Monti ha fatto pienamente sua la filosofia liberista del presidente della BCE Draghi secondo cui il "modello sociale europeo" è ormai morto, ossia quel modello fondato sul cosiddetto "Stato sociale" peraltro già ridotto a un simulacro da decenni di politiche liberiste e privatizzatrici. D'altra parte però, si è guardato bene dal varare la patrimoniale, ha confermato l'acquisto dei cacciabombardieri F-35 e ha persino esonerato dal pagamento dell'IMU le scuole cattoliche.

Capitalismo
La responsabilità di tutto questo sta nell'esistenza stessa del capitalismo, del suo sistema economico e produttivo, del suo dominio culturale, sociale e statale. Il capitalismo non solo è responsabile della miseria e dei sacrifici che devono sopportare le masse, ma non ha alcun interesse a liberare le donne dalla loro schiavitù domestica e familiare specie in una fase di crisi economica e recessiva senza precedenti come quella attuale. Le donne infatti rappresentano il caposaldo della famiglia che a sua volta costituisce la cellula economica di base del sistema capitalistico e il suo principale ammortizzatore sociale.
La situazione attuale dimostra quanto sia ancora attuale la linea proletaria rivoluzionaria dell'emancipazione femminile, perché non si può né comprendere né risolvere la questione femminile se non si pone al centro dell'analisi la contraddizione fondamentale tra capitale e lavoro e la contraddizione principale tra il proletariato e la borghesia.
Solo impugnando questa linea è possibile demolire dialetticamente e gradualmente fra le masse femminili la doppia influenza borghese, quella classica dominante e supportata anche dalla Chiesa cattolica che vuole le donne relegate in casa, e quella femminista che le spinge invece verso una battaglia di genere, fra i sessi, separatista e individualista a scapito della lotta di classe per l'emancipazione.
In questo quadro dobbiamo dire chiaro che le "quote rosa" nelle istituzioni, nei consigli di amministrazione di società pubbliche e private, ecc., non risolvono affatto il problema della parità uomo-donna.
Attraverso le "quote rosa" si vuole solo strumentalizzare a fini elettorali le masse femminili, recuperare la loro fiducia e il loro consenso politico ed elettorale nelle istituzioni rappresentative borghesi e in generale nella classe dominante borghese e i suoi partiti. Al massimo esse possono soddisfare le aspirazioni delle donne della borghesia che ancora sono tenute ai margini del potere economico, politico e statale. È comunque falso che una maggiore quota di donne ai vertici delle istituzioni possa incidere sulla condizione femminile e condurre a un "nuovo modello di sviluppo", ossia a un nuovo modello economico e sociale. Il fatto che siano tre donne ad occupare altrettanti ministeri chiave del governo Monti, ossia interni, giustizia e welfare, non ha modificato di una virgola quella politica neofascista e di macelleria sociale.
Ne sanno qualcosa gli studenti e gli "indignati" di Bologna che hanno contestato giustamente il venduto Napolitano, o i manifestanti No Tav di Torino e della Val di Susa che sono stati brutalmente caricati e manganellati dalla polizia di Monti e della Cancellieri, anche dopo la tragedia del traliccio alla baita di Clarea. A Luca Abbà, che sta ancora combattendo fra la vita e la morte, va tutta la nostra solidarietà e l'augurio di una pronta guarigione.
Fa riflettere poi il fatto che i provvedimenti sul "mercato del lavoro", come l'abolizione dell'art. 18, perseguiti da anni dalla borghesia e dal padronato, verranno partoriti con l'apporto decisivo di tre donne, ossia Fornero, Marcegaglia e Camusso.
Il problema non è a quale genere appartengono i vari governanti, politicanti o rappresentanti istituzionali e sindacali, ma qual è la loro classe di appartenenza e di quale classe vogliono salvaguardare e tutelare gli interessi.

Socialismo
Per le masse femminili sfruttate e oppresse è invece decisiva la questione della conquista del potere politico da parte del proletariato maschile e femminile che resta la madre di tutte le questioni. È questo l'atto fondamentale che facendo tabula rasa della proprietà privata capitalistica, dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo e dell'intera sovrastruttura ideologica, politica, statale, culturale e morale capitalistica è in grado di spalancare le porte all'emancipazione della donna le cui leve principali sono la partecipazione in massa al lavoro produttivo e la socializzazione del lavoro domestico. È attraverso queste due leve che le masse femminili potranno partecipare veramente ad ogni livello e grado alla gestione della vita economica, produttiva, politica, sociale e culturale al pari dell'uomo.
È questa una lotta di lunga durata che inizia nel capitalismo, minandone le fondamenta, continua nel socialismo e si concluderà solo nel comunismo. Una lotta che richiede fin da ora di battersi per strappare misure a favore di un'occupazione stabile, a tempo pieno, a salario intero e sindacalmente tutelato per le donne, l'effettiva parità salariale, una fitta rete di servizi sociali pubblici a cominciare dagli asili nido su tutto il territorio nazionale, specie nel Mezzogiorno, una scuola e una università pubbliche, gratuite e governate dalle studentesse e dagli studenti. Parallelamente occorre continuare a lottare per tutelare i diritti civili fin qui conquistati e oggi fortemente messi in discussione come l'aborto, e conquistarne dei nuovi come il riconoscimento delle coppie di fatto, gay e trans, l'abolizione della legge 40 sulla fecondazione assistita, il diritto delle coppie omosessuali e dei singoli all'adozione, il diritto a una ricerca e sperimentazione scientifica libera dai condizionamenti della Chiesa cattolica e del mercato capitalistico.
L'obiettivo più immediato e assolutamente prioritario deve essere quello di dare il massimo contributo a fermare Monti e la Fornero sollecitando nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro i sindacati, in particolare la Cgil, a indire lo sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale davanti alla Camera per cacciare via il governo Monti prima che i provvedimenti sul "mercato del lavoro" diano un colpo mortale ai diritti dei lavoratori e dei giovani. Auspichiamo che tante lavoratrici, donne e ragazze, parteciperanno il 9 marzo allo sciopero e alla manifestazione nazionale promossa dalla Fiom a Roma e che in quella occasione uniscano la loro voce a tutti i metalmeccanici per gridare forte e chiaro: Monti vattene! Fiom in Fiat!
Le masse femminili devono respingere decisamente i tentativi di strumentalizzarle a fini elettorali e governativi da parte della "sinistra" borghese e segnatamente del PD che nel recente convegno di Napoli ha lanciato la parola d'ordine "Dal Sud con le donne ricostruiamo l'Italia". Le donne sfruttate e oppresse non devono andare in soccorso di questa Italia capitalistica agonizzante e meno che mai possono sostenere e appoggiare il governo Monti che sarebbe il suo "salvatore". Al contrario devono unirsi dal Nord al Sud con tutti gli altri movimenti e strati sociali interessati per far cadere questo governo e comprendere che occorre non ricostruire ma distruggere una volta per tutte questa Italia capitalistica se si vuole realizzare l'Italia unita, rossa e socialista, ossia una nuova società dove le donne potranno realizzare fino in fondo la propria emancipazione e la concreta ed effettiva eguaglianza fra i sessi.
Alle anticapitaliste coscienti e informate, in particolare, chiediamo di unirsi al PMLI, come militanti o simpatizzanti, per aiutarci a far penetrare fra le masse femminili la linea proletaria rivoluzionaria dell'emancipazione della donna e contribuire così a far decollare di nuovo la lotta di classe e la lotta per il socialismo nel nostro Paese.
Alziamo la bandiera dell'8 Marzo contro il capitalismo, per il socialismo!
Liberiamoci dal governo della grande finanza, della Ue e della macelleria sociale!
Viva l'8 Marzo!
Viva l'emancipazione della donna!
Avanti con forza e fiducia verso l'Italia unita, rossa e socialista!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!


*Responsabile della Commissione per il lavoro femminile del CC del PMLI

29 febbraio 2012