Il 9 aprile tutti i precari in piazza: "il nostro tempo è adesso"

Gennaio ha visto un nuovo picco della disoccupazione giovanile: dati Istat indicano che ormai il 29,4% dei giovani sono disoccupati, quando solo a dicembre la percentuale era del 28,9%. E, sempre secondo quanto rivelato dall'Istat in un'indagine in occasione dell'8 Marzo, sono le ragazze a essere le più colpite e discriminate: le donne fra i 18 e i 29 anni che non lavorano né studiano sono il 21,1% (il 18,4% i ragazzi), il 34,8% delle giovani occupate ha un lavoro a tempo determinato e il 31,2% un part-time. Inutile precisare che la disoccupazione raddoppia al Sud.
Le recenti indagini confermano la disoccupazione generale all'8,6%, mentre il tasso degli inattivi (coloro cioè che non studiano né cercano lavoro) è al 37,8%.
È mentre la situazione non accenna a migliorare, come abbiamo appena visto, che è stato lanciato l'appello "Il nostro tempo è adesso" da 14 giovani ricercatori, giornalisti, lavoratori precari, fra cui figurano la responsabile politiche giovanili della CGIL Ilaria Lani (che è anche promotrice della campagna "Giovani non + disposti a tutto"), Eleonora Voltolina, direttrice della testata online Repubblica degli stagisti, e della giornalista precaria Teresa di Martino, del blog Diversamente occupate che segue le realtà del lavoro precario femminile. Un appello per scendere in piazza il 9 aprile, rivolto "a chi ha lavori precari o sottopagati, a chi non riesce a pagare l'affitto, a chi è stanco di chiedere soldi ai genitori, a chi chiede un mutuo e non glielo danno, a chi il lavoro non lo trova e a chi passa da uno stage all'altro, alle studentesse e agli studenti che hanno scosso l'Italia, a chi studia e a chi non lo può fare, a tutti coloro che la precarietà non la vivono in prima persona e a quelli che la 'pagano' ai loro figli".
Denuncia l'appello: "Siamo una generazione precaria: senza lavoro, sottopagati o costretti al lavoro invisibile e gratuito, condannati a una lunghissima dipendenza dai genitori. La precarietà per noi si fa vita, assenza quotidiana di diritti: dal diritto allo studio al diritto alla casa, dal reddito alla salute, alla possibilità di realizzare la propria felicità affettiva. Soprattutto per le giovani donne, su cui pesa il ricatto di una contrapposizione tra lavoro e vita".
Il percorso che porterà al 9 aprile (annunciato da Voltolina il 12 marzo a Milano alla manifestazione "in difesa della Costituzione") si è aperto il 17 marzo a Roma con un "flash mob", un'iniziativa tristemente ironica in cui ai giovani precari non si permetteva di entrare alle celebrazioni per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia, "perché oggi - ha detto Ilaria Lani in quest'occasione - con la disoccupazione giovanile al 30%, con l'aumento esponenziale della precarietà, con la crisi e l'espulsione dei giovani dal mercato del lavoro, è come se fossimo messi ai margini di questo paese". Un percorso che proseguirà con altre iniziative, fra cui la formazione di comitati territoriali per il 9 aprile.
Intanto l'appello ha visto numerose adesioni, in primo luogo di coordinamenti e singoli precari, ma anche di altre organizzazioni come il "Popolo viola", sezioni dell'ANPI e dirigenti e sezioni dei partiti della "sinistra" borghese come PD, "Sinistra, ecologia e libertà" e Rifondazione.
Si tratta di un'iniziativa molto importante e che va sostenuta, poiché è un'occasione per mettere in campo unitariamente la grande combattività dei giovani precari, disoccupati e studenti. Ma occorre definirne le rivendicazioni e gli obiettivi. La stessa Lani il 17 marzo ha dichiarato che ciò avverrà in una "grande assemblea" che dovrebbe tenersi nelle prossime settimane.
Per noi occorre che la piazza del 9 aprile metta al centro delle rivendicazioni la parola d'ordine per un lavoro stabile, a salario pieno, a tempo pieno e sindacalmente tutelato per tutti, e si batta per buttare giù il governo del neoduce Berlusconi, che è il responsabile della macelleria sociale in atto. In questa prospettiva bisogna fare pressione sulla CGIL e sui "sindacati di base" affinché proclamino lo sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale sotto Palazzo Chigi, al posto dello "sciopericchio" di sole 4 ore e con manifestazioni territoriali separate. Non si può e non si deve tollerare un giorno di più il governo che ha coinvolto l'Italia nella guerra alla Libia.

30 marzo 2011