Studio del Censis
9 milioni di italiani non si curano più
Di povertà si muore

Chi non può pagare di tasca propria le prestazioni sanitarie tende a rinunciarvi.
Questa è la scoperta che ha fatto il Censis (Centro studi investimenti sociali) e che ha presentato in occasione del "Welfare Day" tenutosi a Roma il 5 giugno scorso.
Gli autori della ricerca riferiscono che "più di 9 milioni di italiani dichiarano di non aver potuto accedere ad alcune prestazioni sanitarie di cui avevano bisogno per ragioni economiche e che di questi ultimi 2,4 milioni sono anziani, 5 milioni vivono in coppia con figli e 4 milioni risiedono nel Mezzogiorno", a cui andrebbero subito aggiunti almeno 400mila esodati e 100mila terremotati.
Dalle interviste raccolte è emerso inoltre che "per il 58% degli italiani la spesa per la sanità (visite mediche, dentista, analisi e accertamenti diagnostici) è aumentata del 18% in un anno", e che "l'aumento è dovuto soprattutto ai ticket: per i farmaci (per il 65% dei cittadini), le visite mediche specialistiche (64%), analisi e radiografie (63%)".
La "rinuncia" alle prestazioni sanitarie - spiegano i ricercatori - riguarda sopratutto le indagini diagnostiche e accomuna i poveri, vecchi e nuovi, ossia proprio le classi sociali sui quali la maggioranza delle patologie hanno maggiore incidenza.
Un altro dato incontrovertibile è quello sullo sciacallaggio della sanità privata convenzionata: "più viene taglieggiata la spesa pubblica, più si impenna la spesa privata (+25,5% negli ultimi dieci anni)". "Laddove - spiega il Censis - come nelle regioni con 'piano di rientro', la spesa sanitaria è stata falcidiata da tagli, ticket e balzelli (passando in media dal +6,2% all'anno nel periodo 2000-2007 a meno dell'1% di crescita media annua nel periodo 2008-2010), la spesa sanitaria privata è stata in costante aumento". I ricercatori riferiscono un "+2,2% medio annuo nel periodo 2000-2007, un +2,3% negli anni 2008-2010, e un incremento complessivo nel periodo 2000 - 2010 che ha toccato la media del 25,5%". Non solo, ancora più impressionante è il dato della migrazione sanitaria. Sarebbero ben "10 milioni gli italiani residenti nelle regioni con piani di rientro pronti a rivolgersi a strutture di un'altra regione o ad andare all'estero in caso di bisogno di cure. Il 18% dei cittadini di queste regioni si è già rivolto a un medico, a una struttura o a un servizio sanitario di un'altra regione o si è recato all'estero per curarsi, rispetto al 10,3% rilevato nelle altre regioni".
La percezione del processo di smantellamento della sanità pubblica e del sistema sanitario nazionale è quindi sempre più diffusa e generalizzata, soprattutto tra i precari e pensionati e tra le masse popolari del Sud. Parla di una sanità in peggioramento nella propria regione ben il 31,7% degli italiani, "con un balzo di 10 punti percentuali in più nel 2012 rispetto al 2009, quando erano il 21,7%", mentre "ben il 77% di coloro che ricorrono al privato dichiara di farlo a causa della lunghezza delle liste d'attesa".
Anche un'altra ricerca del Censis riguardante i dispositivi medici ha confermato una crescita dell'attività privata rispetto a quella pubblica: gli italiani, che possono permettersela, pagherebbero anche il triplo pur di avere tempi di attesa ridotti rispetto a quella "pubblica". I ricercatori a questo punto non hanno potuto negare una plausibile influenza del crollo delle indagini diagnostiche per motivi economici (costo dei ticket, liste di attesa, costi proibitivi del privato) sui tassi di mortalità precisando che "sono circa 700mila gli occupati che, grazie a un accertamento diagnostico, hanno potuto individuare patologie mortali da cui sono stati curati: in termini di produttività - conclude il Censis - ciò equivale a un valore aggiunto di circa 40,6 miliardi di euro".
In questo contesto, tra le macerie della legge 833 del 1978, c'è da chiedersi cosa sta facendo il governo Monti, il ministro della salute, e i partiti che lo sostengono, per porre un argine al proliferare dei fondi integrativi che ormai riguardano oltre 11 milioni di assistiti?
La ricerca del Censis in particolare ha riguardato 14 fondi sanitari integrativi (mutue a tutti gli effetti) a cui sono iscritti oltre 2 milioni di assistiti per importi richiesti per prestazioni pari a oltre 1,5 miliardi di euro nel triennio 2008 - 2010. Emerge che il 55% degli importi ha riguardato prestazioni sostitutive (ricovero ospedaliero, day hospital, ecc.) fornite in alternativa a quelle dei livelli essenziali di assistenza (lea) del servizio sanitario, mentre il restante 45% degli importi ha riguardato prestazioni cosiddette "integrative", come le cure dentarie, la fisioterapia, l'agopuntura ecc. Tra le varie tipologie di fondi integrativi esistenti, i fondi aziendali rispetto a quelli istituiti dalla contrattazione collettiva nazionale, sembrano i più gettonati in quanto garantirebbero una certa "copertura" (ma anche in prospettiva la selezione del rischio!) nei confronti delle famiglie degli iscritti (inclusi minori e anziani).
Infine il Censis ci informa che "il 60% degli italiani pensa che la necessità di contenere la spesa sanitaria acquistando prodotti medicali al prezzo più basso determini seri rischi per la salute". Un dato anche questo del tutto scontato visti gli scandali che hanno riguardato le valvole cardiache difettose, i seni al silicone cancerogeni, i farmaci adulterati e scaduti risultati tossici, ecc, e viste le condizioni da Terzo mondo in cui versa la sanità al Sud e nelle isole, dove c'è mancanza persino di barelle e del filo di sutura e si assiste all'azzeramento persino della manutenzione ordinaria.
Per quanto riguarda le cause di questa scandalosa situazione sono sempre le stesse e sono sotto gli occhi di tutti: 1) la cartolarizzazione dei "debiti sanitari" regionali, nelle mani dei colossi bancari 2) la politica di lacrime e sangue dei governi 3) il federalismo fiscale che spezzetta l'Italia, alimenta le privatizzazioni e penalizza il già martoriato Mezzogiorno 4) la presenza onnipresente e a fini di profitto delle multinazionali del farmaco e bio-medicali 5) la gestione clientelare ed elettorale delle strutture di governo delle aziende sanitarie, di nomina politica e controllate da quella borghesia mafiosa e massonica che da sempre fa profitti sulla pelle degli ammalati (dai Navarra, agli Aiello, dai Iannuzzi ai Tarantino, dai Mastella ai Don Verzé, fino al governatore ciellino Roberto Formigoni 6) l'intoccabile e scandaloso conflitto di interessi, di stampo mafioso, tra baroni della sanità pubblica e privata
Un mix micidiale che spiega chiaramente per quale motivo: "nelle strutture pubbliche occorrono in media 58 giorni per accedere ad accertamenti tramite la diagnostica per immagini, contro i 38 giorni necessari nelle strutture private convenzionate e i 15 giorni nelle strutture dei privati" e per quale motivo il boom del privato nella diagnostica per immagini (soprattutto tac, risonanza magnetica, ecografie ed eco-doppler) non conosce sosta. Sempre il Censis rileva che "nel periodo 2005-2011 è triplicata la percentuale di persone che hanno effettuato nel corso dell'anno accertamenti tramite la diagnostica per immagini in strutture private a pagamento intero" e come si sia passati "dal 5,6% del totale delle persone che hanno eseguito accertamenti medici nel privato nel 2005 a oltre il 18% nel 2011".
Come se non bastasse una ricerca condotta da Ageing Society e Fiera Milano Media - Divisione Business International presentata nel marzo scorso alla Camera dei Deputati ha annunciato che per ripianare i debiti servirebbero almeno altri 2 miliardi di euro di risparmi sui "servizi non sanitari" (lavanderia, utenze telefoniche, mensa, consumo energetico, smaltimento rifiuti ecc.).
Nulla di buono dunque si profila all'orizzonte. Tocca quindi in particolare alle lavoratrici e ai lavoratori della sanità di lavorare per la nascita di un grande fronte di lotta per fermare la privatizzazione e demolizione del Ssn, per respingere il tentativo in atto di restaurare il sistema mutualistico, per rigettare il sistema del "no-profit" e del volontariato con cui si vorrebbe sostituire la sanità pubblica, per cancellare l'odioso blocco del turn-over, per abolire gli altrettanto odiosi ticket e ottenere la totale gratuità delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, per scongiurare la chiusura degli ospedali e degli altri servizi pubblici essenziali, l'esternalizzazione dei servizi, la precarizzazione del personale e l'abolizione dell'art.18.

20 giugno 2012