Accordo dei paesi Ue sulla trattativa con gli Stati Uniti sul commercio
Primo passo verso la "Nato del commercio" per fronteggiare l'espansionismo commerciale del socialimperialismo cinese

Al termine dell'incontro informale Usa/Ue svoltosi alla vigilia del vertice del G8 nell'Irlanda del Nord, il presidente americano Barack Obama, il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy e il primo ministro britannico David Cameron hanno annunciato l'inizio dei negoziati tra i due blocchi economici per definire un accordo di libero scambio, il Ttip (Transatlantic Trade and Investment Partnership), altrimenti detto la "Nato del commercio". Che di fatto costituirebbe la più grande relazione economica al mondo. La prima fase della trattativa comincerà a Washington nel luglio prossimo e si prevede che la discussione duri almeno un paio di anni per arrivare a intese che eliminino le barriere doganali, armonizzino le regole per le imprese, facilitino gli investimenti e gli scambi transatlantici.
Il via libera al negoziato richiesto da Obama era arrivato da parte della Ue dall'incontro dei ministri del Commercio svoltosi a Lussemburgo il 14 giugno. Germania e Gran Bretagna sponsor di un negoziato senza precondizioni avevano dovuto far fronte, e alle fine cedere, alle richieste della Francia, sostenute da gran parte degli altri paesi, di escludere il settore dell'audiovisivo dall'accordo di libero scambio, per proteggere il settore culturale. Almeno per il momento.
A sentire i commenti dei protagonisti sembrerebbero avessero trovato la panacea per risolvere la crisi economica. L'accordo di libero scambio vale "centinaia di migliaia di posti di lavoro da una parte e dall'altra dell'oceano", affermava Obama; un portavoce del premier britannico, David Cameron, sottolineava che il successo delle trattative comporterà "prezzi più bassi per i consumatori nel Regno Unito", potrebbe "comportare benefici per 10 miliardi di sterline per la Gran Bretagna e potenzialmente fino a 85 miliardi di sterline per l'economia globale". Secondo la Commissione europea, aumentando gli scambi transatlantici ci sarà una spinta alla crescita che porterà 545 euro in più l'anno per ogni famiglia europea, grazie a una crescita maggiorata dal trattato tra lo 0,5 e l'1% del pil della Ue, e la creazione di almeno un milione di posti di lavoro. Questa l'abbiamo già sentita e verificata come bufala antipopolare. Liberalizzare ancora di più i mercati casomai vorrebbe dire favorire i più forti, le multinazionali degli Usa rispetto a quelle della Ue e i paesi più forti sui più deboli all'interno della stessa Ue, e rialimentare quei meccanismi economici e finanziari che hanno scatenato la crisi.
L'obiettivo del Ttip non sembra essere l'abbattimento delle barriere doganali negli scambi tra Usa e Ue, che sono già basse, ma piuttosto l'armonizzazione delle norme nei due grandi mercati che complessivamente rappresentano il 40% degli scambi mondiali per costituire una forte area integrata occidentale che meglio regga l'urto della principale superpotenza concorrente, il socialimperialismo cinese. Il meccanismo dell'armonizzazione delle barriere non tariffarie è importante soprattutto perché definirebbe una regola evitando che sia la Cina a imporre le sue, al ribasso.
Obama vuole il Ttip con l'Europa per completare l'accerchiamento della Cina già avviato con l'analogo Tpp (Trans Pacific Partnership) concluso con un gruppo di paesi asiatici. Per l'imperialismo americano è diventato vitale rafforzare le proprie difese commerciali verso la Cina, col contributo dei 27 paesi della Ue. Anche perché la Cina non sta a guardare, anzi il nuovo vertice socialimperialista di Pechino è all'offensiva come dimostrato dalle recenti visite e dagli accordi sottoscritti con India, Germania e con la Russia.

26 giugno 2013