Primo passo verso la terza repubblica
Berlusconi e Veltroni convergono su legge elettorale e regolamenti parlamentari
Il leader PD: "È finita la stagione dell'odio e della contrapposizione ideologica". Il neoduce: "Non più nemici. Intesa possibile"
Sbarriamo la strada alla terza repubblica, per l'italia unita, rossa e socialista
Anche se il tema ufficiale in agenda era quello della legge elettorale, il significato dell'incontro del 30 novembre tra il neoeletto leader del Partito democratico Veltroni e il neoduce Berlusconi è andato ben oltre, e investe la sopravvivenza del governo Prodi e della legislatura, le "riforme istituzionali" e la transizione a una nuova situazione politica che già in molti cominciano a chiamare terza repubblica.
L'intesa raggiunta tra i due leader su una legge elettorale proporzionale congegnata in modo da favorire e rafforzare i due partiti maggiori, il PD e l'annunciato "Popolo delle libertà" di Berlusconi, nonché sulla modifica dei regolamenti parlamentari in modo da impedire la costituzione di gruppi parlamentari diversi da quelli che si presentano alle elezioni, rappresenta idealmente e politicamente il primo passo verso questa transizione: i due leader della destra e della "sinistra" del regime neofascista si sono reciprocamente riconosciuti e legittimati come tali, e si sono investiti, ciascuno per la propria parte, del compito di chiudere questa fase politica, ormai arrivata ad una situazione di stallo, e di aprirne una affatto nuova, sulla base di un nuovo sistema elettorale bipolare e della controriforma neofascista, presidenzialista e federalista della Costituzione.
Lo sintetizzano chiaramente le loro dichiarazioni dopo l'incontro: "È finita la stagione dell'odio e della contrapposizione ideologica. Ci possono essere contrasti anche duri, ma nel rispetto reciproco", ha detto il leader del PD. "Veltroni è stato corretto. Mi rispetta. Non sono più un nemico", gli ha fatto eco il neoduce. Anche il tono amichevole e quasi confidenziale in cui si è svolto ha voluto sottolineare il nuovo clima politico aperto dall'incontro. Berlusconi ha tenuto a sottolineare compiaciuto che "io e Walter ci conosciamo dall'85", e che anzi il sindaco di Roma ha scritto anche un libro su di lui. Da parte sua Veltroni ha voluto ribadire che "ora tra me e Berlusconi c'è del rispetto. Non ho nulla da ridire su come si è comportato da capo del governo con Roma". Il che, da parte del leader del "centro-sinistra", rappresenta un'incredibile rivalutazione del governo neofascista del cavaliere piduista.

Convergenze e limiti dell'intesa
Sulla legge elettorale proporzionale senza premio di maggioranza e con soglia di sbarramento per i partiti minori proposta da Veltroni, il neoduce si è mostrato disponibile. Come pure sulla modifica dei regolamenti parlamentari. Sulle altre riforme istituzionali proposte da Veltroni, invece no; ma solo perché la loro lunghezza procedurale allungherebbe la vita al governo Prodi. Sul merito di esse, e cioè maggiori poteri al premier, una sola Camera legislativa, Senato federale e riduzione dei parlamentari, non c'è disaccordo anzi: "Vedo con una certa soddisfazione che le proposte che avanza la maggioranza sono del tutto identiche alle nostre che allora vennero demonizzate", ha osservato ironicamente Berlusconi. Da parte sua Veltroni ha sottolineato con rammarico che "c'è accordo per eliminare il bicameralismo perfetto, per dare più poteri al premier e per avere un Senato delle Regioni. Le divergenze sono sui tempi".
Veltroni ha anzi insistito affinché il neoduce accettasse di estendere l'intesa anche alla controriforma costituzionale. In 12 mesi si può fare, ha detto offrendogli perciò la possibilità di votare nel 2009, ma Berlusconi non ha voluto impegnarsi fino a questo punto. I due hanno anche convenuto che se il governo Prodi cadesse, andrebbe tentata comunque la carta di un governo istituzionale per fare la riforma elettorale. Le rispettive dichiarazioni al termine dell'incontro fotografano fedelmente questa diversità tattica di posizioni tra i due: "Mai come oggi è di fronte a noi la possibilità di dare a questo Paese, nei prossimi 12 mesi, riforme certe e nuove", ha detto Veltroni. "Ci può essere accordo sulla legge elettorale proporzionale con sbarramento", ha detto più cauto Berlusconi.
L'intesa elettorale tra i due leader ha sollevato reazioni anche aspre nei rispettivi schieramenti politici. Se Casini si è mostrato possibilista in linea di principio, pur ribadendo la sua preferenza per il sistema tedesco, Fini ha bocciato duramente il ritorno a una legge che non obbliga a dichiarare anticipatamente la coalizione che si intende sostenere. Proteste e malumori sono emersi anche nell'Unione, a cominciare da Prodi che è stato in tutta evidenza il convitato di pietra dell'incontro Berlusconi-Veltroni, e che nella loro partita a due riveste ormai la figura del terzo incomodo. Non per nulla è stato a dir poco gelido nei commenti prima e dopo l'incontro, e si è assunto il ruolo di "garante" dei partiti minori della coalizione: Mastelliani, PdCI e Verdi, in subbuglio e spaventati dalla prospettiva di essere stritolati da un accordo elettorale tra i due leader. Il dittatore democristiano si è affrettato anche a promettere loro la convocazione a breve di un vertice dell'Unione per discutere della trattativa sulla legge elettorale.
Diverso invece è il discorso per il PRC. Se a caldo "Liberazione" del 1° dicembre sembrava voler bocciare l'intesa ("È nato il modello Veltrusconi: così si spartiranno il potere", titolava), ci pensava Bertinotti a raddrizzare la barra a favore del dialogo sulla "riforma elettorale", con un'intervista a "la Repubblica" del 4 dicembre, in cui ha detto fra l'altro che l'accordo sulle riforme "è una possibilità reale", che la proposta di Veltroni "è una soluzione ragionevole" e che il "centro-sinistra" deve decidere "se il Cavaliere è un protagonista della politica italiana oppure no". Un chiaro riferimento polemico alle dichiarazioni di Prodi che avevano messo in dubbio l'affidabilità di Berlusconi in questa trattativa.
Evidentemente il guardiano della Camera, che si era sentito lungamente per telefono con Veltroni prima dell'incontro dandogli il suo via libera, vede di buon occhio una "riforma" elettorale che unendo proporzionale e soglia di sbarramento possa accelerare l'aggregazione della "sinistra radicale" nella "cosa rossa" che va propugnando da alcuni mesi. Anzi, in questa intervista, si è spinto anche oltre, arrivando a preconizzare l'imminente fine del governo Prodi (dopo che già nei giorni scorsi si era dichiarato non contrario a un governo istituzionale), affermando che "una stagione si è chiusa", che Prodi deve prendere "atto della realtà: in questi ultimi due mesi tutto è cambiato", che "abbiamo un governo che sopravvive" e che a gennaio ci dovrà essere una "verifica" della maggioranza.

Sulle orme della Bicamerale golpista
Tutto ciò a conferma che l'intesa tra i leader del PD e del futuro PdL ha impresso una forte accelerazione alla situazione politica in direzione di una terza repubblica che realizzi definitivamente la "riforma" in senso bipolare del sistema elettorale e quella neofascista, presidenzialista e federalista della Costituzione che la seconda repubblica non è riuscita a completare. Nella pratica si sta ripetendo tra Berlusconi e Veltroni, per attuare la transizione alla terza repubblica, lo stesso copione neofascista andato in scena tra Berlusconi e D'Alema con la Bicamerale golpista per completare la transizione tra la prima e la seconda repubblica. Accordo che andò parzialmente a monte perché Berlusconi fece allora saltare il banco preferendo muoversi da solo assieme ai suoi alleati.
In entrambi i casi c'è alla base di questo inciucio un inammissibile e vergognoso sdoganamento del neoduce, che viene ancora una volta legittimato come soggetto "democratico" e come interlocutore privilegiato del PD. Tutti e due, Berlusconi e Veltroni, sono interessati a creare un nuovo quadro politico in cui i loro due partiti siano arbitri assoluti dei rispettivi schieramenti e con le mani libere dai condizionamenti dei partiti minori, per assicurare la stabilità e la governabilità del regime neofascista. Non a caso, in un'intervista a "La Stampa" concessa alla vigilia dell'incontro, il neoduce ha detto del PD questa significativa battuta: "Io per loro potrei essere il Messia, quello che gli offre l'occasione, di trasformarsi in un vero partito socialdemocratico, moderno e di stampo europeo, liberandoli dal ricatto dei comunisti".
Per tutto ciò non si può che essere nettamente e fermamente contrari a questo nuovo inciucio piduista e neofascista tra il nuovo Mussolini e il leader borghese, liberale e anticomunista del PD. Il governo del dittatore democristiano Prodi deve cadere, ma da sinistra e con la lotta di classe, e non per spianare la strada alla terza repubblica. Sbarrare la strada a quest'ultima lottando per l'Italia unita, rossa e socialista è la vera alternativa di sinistra che indichiamo al proletariato e alle masse popolari italiane.

5 dicembre 2007