Ciononostante Napolitano e Letta la blindano
Cancellieri al servizio dei magnati Ligresti
Il PD la salva una prima volta, mentre SEL si divide. Ma nuove rivelazioni riaprono e aggravano il caso
Il ministro della Giustizia Deve dimettersi

Il 20 novembre, con l'approvazione o il respingimento alla Camera di una mozione di sfiducia nei suoi confronti, ma forse anche prima con le sue dimissioni più o meno "spontanee", si dovrebbe decidere la sorte del ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, al centro di uno scandalo fattosi di giorno in giorno più grave: quello di essersi messa a disposizione, in una telefonata intercettata dai magistrati inquirenti, della famiglia del magnate Salvatore Ligresti, colpita da provvedimenti di custodia cautelare per gravi reati finanziari, e di essere intervenuta poi in prima persona per far concedere gli arresti domiciliari a una delle figlie incarcerate, Giulia Ligresti.

"Conta su di me, non fate complimenti"

La vicenda era emersa con la pubblicazione sul quotidiano La Repubblica del 31 ottobre di una telefonata molto compromettente, risalente al 17 luglio, tra il ministro e la compagna di Ligresti, Gabriella Fragni, da quel giorno sottoposta a intercettazione giudiziaria: è lo stesso giorno degli arresti di Salvatore Ligresti, dei suoi tre figli Jonella, Giulia Maria e Paolo Gioacchino (quest'ultimo però latitante in Svizzera) e di tre manager della compagnia Fonsai. Arresti ordinati dalla procura di Torino per i reati di falso in bilancio aggravato e aggiotaggio, in ordine a un'inchiesta di conti truccati per 600 milioni di euro e un danno per gli azionisti di 250 milioni, e motivati dal forte sospetto che i Ligresti si stessero preparando a fuggire all'estero, dove avevano già cominciato a trasferire forti somme di denaro.

Quello stesso giorno la Cancellieri, molto amica della famiglia Ligresti fin dagli anni in cui era prefetto a Milano, telefona alla Fragni per esprimergli solidarietà. All'inizio è un po' imbarazzata, forse per via della vicenda che riguarda suo figlio Piergiorgio Peluso, che è stato per un anno direttore generale di Fonsai, andandosene poi con una buonuscita di 3,6 milioni, e che avrebbe contribuito con i suoi controlli a far emergere il dissesto della società, tanto che in un'altra intercettazione Giulia Ligresti lo descriveva a una sua amica come "un idiota" che "in un anno ha distrutto tutto".

Verosimilmente questo aveva portato ad un raffreddamento dei rapporti tra le due famiglie, ed era anche il motivo dell'imbarazzo iniziale della Cancellieri ("ah guarda, maledetto quel momento"), che però dopo essersi scusata con la Fragni per non aver chiamato prima si profonde in esclamazioni di solidarietà con la famiglia (" è stata la fine del mondo, sì"), e di indignazione per gli arresti ordinati dalla procura di Torino ("c'è modo e modo...non è giusto"). Per poi concludere così la telefonata: "Comunque guarda, qualsiasi cosa io possa fare conta su di me, non lo so cosa possa fare però guarda son veramente dispiaciuta. Se tu vieni a Roma, proprio qualsiasi cosa adesso serva, non fate complimenti guarda non è giusto, guarda non è giusto...".

Una sfacciata dichiarazione di solidarietà e con la promessa di oscuri favori a una famiglia di malfattori che usavano le loro società come bancomat per saziare la loro voracità e dissipatezza a spese degli azionisti, da parte di un ministro che dovrebbe tutelare la giustizia, tanto più grave perché contenente giudizi sprezzanti su un'inchiesta indipendente della magistratura, che la Cancellieri derubricherà poi a una semplice attestazione di "empatia" e di "conforto" verso persone a cui la lega una lunga amicizia.

"Vorrei che tu parlassi con quella nostra amica"

Sta di fatto che circa un mese dopo, dopo che il 17 agosto il Gip aveva respinto la richiesta di Giulia Ligresti per i domiciliari, accusante problemi di anoressia incompatibili con la permanenza in carcere, la procura intercetta una telefonata di Gabriella Fragni al fratello di Salvatore Ligresti, Antonino, vecchio amico della Cancellieri, che gli chiede di intercedere presso il ministro: "Vorrei che tu raggiungessi quella nostra amica. Penso che potrebbe fare qualcosa". Ed effettivamente il Guardasigilli deve fare ben più di "qualcosa", perché poco tempo dopo in procura a Torino arriva un fax con un referto delle psicologhe del carcere di Vercelli, dove Giulia Ligresti è rinchiusa, che certifica che le sue condizioni di anoressica sono "incompatibili con la detenzione". A quel punto la procura è obbligata a nominare un medico legale che conferma il disagio, e il 28 agosto le vengono concessi i domiciliari. Il 19 settembre Giulia Ligresti verrà poi condannata con il rito abbreviato chiesto dai suoi legali a due anni e otto mesi.

Ma la faccenda non può finire così. La procura torinese sa ormai del coinvolgimento e delle manovre del Guardasigilli per tirare fuori Giulia Ligresti dal carcere, e non può fare finta di nulla. E forse anche per metterla sull'avviso, prima che faccia qualche altro passo ancor più imprudente, la informa che vuole chiamarla a testimoniare sul contenuto della telefonata con la compagna di Ligresti e su eventuali contatti successivi con la famiglia incriminata, inviando il 22 agosto a Roma per interrogarla lo stesso titolare dell'inchiesta, il pm Vittorio Nessi.

Nell'interrogatorio la Cancellieri giustifica la telefonata con la Fragni come un atto "di solidarietà sotto l'aspetto umano", e ammette a verbale di aver effettivamente "sensibilizzato" i responsabili del Dipartimento carcerario sul caso di Giulia Ligresti: "Effettivamente ho ricevuto una telefonata da Antonino Ligresti (il 19 agosto, ndr) che conosco da molti anni. Ligresti mi ha rappresentato la preoccupazione per lo stato di salute della nipote Giulia Maria la quale soffre di anoressia e rifiuta il cibo. In relazione a tale argomento ho sensibilizzato i due vice capi dipartimento del Dap, Francesco Cascini e Luigi Pagano, perché facessero quanto di loro stretta competenza per la tutela della salute dei carcerati". Aggiungendo poi di non aver avuto più contatti da allora "in relazione al caso Ligresti" né con la Fragni né con altri, ma solo di aver ricevuto un sms da parte di Antonino Ligresti la sera precedente, cioè il 21 agosto, nel quale le chiedeva se c'erano novità: "e gli ho risposto che avevo effettuato la segnalazione nei termini che ho sopra spiegato, nulla di più", dichiara il ministro lasciando intendere di aver risposto a sua volta con un sms e di aver interrotto da allora ogni comunicazione con i membri della famiglia. Successivamente risulterà invece che questa sua deposizione fa acqua da tutte le parti.

"Non mi dimetto neanche per sogno"

Appena la vicenda era diventata di pubblico dominio sulla stampa, nei termini fin qui esposti risalenti a fine ottobre - inizio novembre, la poltrona del ministro aveva cominciato a traballare, nonostante che il procuratore capo di Torino, Caselli, si sia subito precipitato in suo soccorso con una lettera di "precisazioni" in cui assicurava che la scarcerazione di Giulia Ligresti sarebbe stato un atto indipendente della magistratura e non avrebbe avuto nulla a che vedere con eventuali raccomandazioni ministeriali. Il M5S chiedeva le sue dimissioni e annunciava la presentazione di una mozione di sfiducia individuale. Anche SEL e Lega chiedevano che facesse "un passo indietro". Il PDL invece la difendeva, dicendo che aveva fatto benissimo e chiedeva anzi che mandasse gli ispettori alla procura di Milano che hanno condannato Berlusconi "per un altro caso umano del tutto simile", la famosa telefonata in questura per il caso Ruby. Quanto al PD cercava come al solito di tergiversare, non ne chiedeva le dimissioni, e aspettava i "chiarimenti" del ministro in parlamento prima di prendere una posizione.

Subito Napolitano e Letta, spaventati da quest'altra mina imprevista sulla strada del governo, blindavano la Cancellieri, esattamente come fecero con Alfano per il caso Shalabayeva. Letta annunciava che il ministro avrebbe riferito presto in parlamento e "chiarirà tutto", il caso "non esiste", come del resto confermato dalla procura di Torino. Forte di ciò la Cancellieri rifiutava di dimettersi ("neanche per sogno"), e dicendo di essere "in pace" con la propria coscienza, sentenziava: "Io vado avanti, ho fatto solo il mio dovere, non c'è stata nessuna interferenza". Ormai l'esempio del neoduce Berlusconi ha fatto scuola tra i politicanti borghesi di tutte le razze, e non c'è scandalo abbastanza clamoroso e grave da indurne qualcuno alle dimissioni, neanche quando viene beccato in flagrante.

Il 5 novembre Cancellieri si presentava perciò in parlamento, accompagnata da Letta in segno di totale solidarietà, ricevendone un'affrettata quanto troppo facile assoluzione, grazie alla blindatura del premier e di Napolitano, al soccorso scontato del PD e perfino all'opportunistica rinuncia di SEL a toccare il tasto delle dimissioni, dalla quale si era dissociato però il deputato Claudio Fava, vicepresidente della commissione parlamentare Antimafia, che aveva invece deciso di aderire alla mozione di sfiducia del M5S, slittata poi al 20 novembre.

Sospetti di ben più fitti contatti con i Ligresti

Il caso sembrava a questo punto sostanzialmente chiuso, ma nei giorni successivi sono emersi nuovi particolari che hanno rimesso tutto in discussione. Soprattutto dei fatti che gettano pesanti ombre sulla veridicità di quanto il ministro aveva dichiarato il 22 agosto ai magistrati. Dai tabulati delle telefonate di Antonino Ligresti, che non era intercettato, e perciò acquisiti solo dopo l'interrogatorio di Cancellieri, risulta infatti che non fu lui a chiamarla il 19 agosto per prospettarle le gravi condizioni di salute della nipote, come lei aveva dichiarato ai magistrati, ma fu lei a telefonare al medico dal suo cellulare. Inoltre Cancellieri aveva mentito al magistrato (od omesso di dire, il che è sempre un grave reato) sul fatto che la famosa risposta all'sms del 21 agosto di Antonino non fu un altro sms per dire semplicemente di aver fatto la segnalazione, bensì una lunga telefonata di circa sette minuti, e per di più partita proprio dalla Cancellieri.

Dunque non solo il ministro ha nascosto agli inquirenti l'esistenza di questa telefonata, ma ha pure mentito dicendo di non aver avuto altri contatti con la famiglia dopo la telefonata di due giorni prima con Antonino Ligresti. E come se non bastasse, sempre dai tabulati di quest'ultimo, sono spuntate almeno altre sei telefonate, tra la fine di luglio e i primi di agosto, cioè dopo la famosa telefonata di "solidarietà" e di promesse di "interessamento" alla Fragni, tra Antonino Ligresti e il marito della Cancellieri, Sebastiano Peluso.

C'è n'è insomma più che abbastanza perché la Cancellieri si debba dimettere immediatamente, altro che assoluzione! Tanto più che dopo le rivelazioni sui tabulati telefonici è stata tirata in ballo per qualche giorno perfino l'ipotesi di una sua iscrizione sul registro degli indagati per falsa testimonianza dalla procura di Torino. Una decisione che Caselli ha poi preferito rinviare per competenza alla procura di Roma, con la formula pilatesca che l'ipotesi richiede "approfondimenti". Una formula che comunque aggiunge alla gravità politica del caso, la quale era evidente fin dall'inizio, anche un rilievo penale che fino ad oggi era stato frettolosamente escluso da tutti, compreso lo stesso Caselli.

Il "mal di pancia" nel PD

Malgrado la sua posizione si sia fatta ormai insostenibile, Napolitano e Letta continuano a blindare il ministro, dopo aver concordato con lei il testo di una lettera in cui spergiura di non aver mentito e di rifiutare "qualunque sospetto sulla correttezza" del suo operato e "sul rispetto delle regole come cittadina e come ministro": "L'azione di governo avviata dal ministro prosegua", ha sentenziato Napolitano ansioso per la sorte del governo e del provvedimento di amnistia in mano alla Cancellieri che gli serve per rabbonire Berlusconi e salvare le "larghe intese". "Non c'è nulla da aggiungere a quanto è stato già detto, la posizione di sostegno da parte di Letta rimane immutata e il ministro è e resta al lavoro", gli hanno fatto eco da Palazzo Chigi.

Ma le nuove rivelazioni sulle telefonate ai Ligresti stanno provocando seri problemi al PD, che deve fare i conti con un crescente sdegno nella sua base e disagio perfino tra gli stessi suoi parlamentari, in vista del voto del 20 novembre sulla mozione di sfiducia del M5S. Tanto che gli stessi candidati in lizza per la segreteria, da Renzi a Cuperlo e Pittella, invitano in un modo o nell'altro il ministro a farsi spontaneamente da parte, mentre Civati ha deciso di presentare addirittura una propria mozione di sfiducia firmata anche da Casson e Puppato.

Non è perciò da escludersi che, in queste ore che precedono la votazione alla Camera, Cancellieri venga convinta a rassegnare "spontaneamente" le sue dimissioni, anche per evitare una spaccatura nel PD e una sua bocciatura in aula che metterebbe in grave difficoltà il governo, già alle prese con i contraccolpi della spaccatura nel PDL sulla sua trasformazione in Forza Italia. Se poi ci fosse un'altra assoluzione del ministro, con il solito soccorso "con mal di pancia" da parte del PD, sarebbe solo un altro vergognoso inciucio di stampo democristiano nell'ambito delle "larghe intese" benedette e blindate dal nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano.

20 novembre 2013