I popoli europei
disertano le urne dell'europarlamento
UN DURISSIMO COLPO ALLA UE E AI
SUOI PARTITI
In Italia 18.257.533 astenuti, quasi
4 elettori su 10. Il governo perde 2 milioni e 300 mila voti. Quasi tutti i partiti del
regime perdono voti. DS puniti per aver appoggiato la guerra alla Jugoslavia e per la loro
politica sociale. Settori della "sinistra" DS, PRC, Verdi e pacifisti si sono
astenuti. Forza Italia rafforza l'egemonia del "centro destra". La Bonino
nuovo-vecchio cavallo della destra. Dopo la batosta il PRC si sposta ancor più a destra
SPETTA AL PMLI DARE ALL'ASTENSIONISMO UN CARATTERE ANTIMPERIALISTA
L'Unione europea imperialista e i
suoi partiti escono con le ossa rotte dalle elezioni del 13 giugno per il rinnovo del
parlamento europeo. La maggioranza dei popoli europei ha infatti letteralmente disertato
le urne. Su 300 milioni di elettori aventi diritto, il 57%, circa 170 milioni, non è
andato nemmeno a votare. Nelle precedenti consultazioni europee del 1994 il non voto era
stato del 43,2%. In Gran Bretagna gli elettori che sono andati a votare sono stati appena
il 23,3%, in Olanda il 29,9%, in Finlandia il 30,1%. I popoli europei hanno così punito
la politica economica e sociale di Maastricht e del "patto di stabilità" e il
coinvolgimento e la piena responsabilità dell'UE nella guerra imperialista alla
Jugoslavia. La Ue risulta alla luce di questi risultati delegittimata, priva di quel
consenso popolare e di massa strategicamente decisivo per supportare la sua politica da
superpotenza imperialista, affamatrice e interventista.
A farne le spese sono stati in primo luogo i partiti di governo che in 13 paesi su 15
fanno capo a socialisti e socialdemocratici. Con ciò gli elettori hanno voluto punire
proprio chi ha gestito e condotto in prima persona, all'interno come all'esterno, tale
politica. Ne sono una riprova le secche sconfitte di Blair in Gran Bretagna, di Schröder
in Germania e dello stesso D'Alema in Italia.
Non si tratta di uno spostamento a destra dell'elettorato europeo. I dati assoluti, e non
le percentuali calcolati sui soli voti validi e quindi falsati dall'alto astensionismo, lo
smentiscono. In realtà una larga parte dell'elettorato di sinistra ha scelto
l'astensionismo per punire la politica marcatamente di destra, iperliberista e militarista
dei propri partiti.
L'ASTENSIONISMO IN ITALIA
Anche il popolo italiano ha inflitto un durissimo colpo all'Ue e ai suoi partiti. Ben
18.257.533 elettori si sono astenuti (non hanno votato, o hanno votato nullo o bianco),
pari al 37% degli aventi diritto. Si tratta di quasi 4 elettori su 10. Ci vuole la somma
dei voti dei 4 partiti più grossi per eguagliare un simile dato.
Ovunque, al Nord, al Centro, al Sud e nelle Isole, l'astensionismo è il primo
"partito" e questo nonostante la maggioranza dell'elettorato italiano, oltre 30
milioni, fossero contemporaneamente chiamati a consultazioni regionali, provinciali e
comunali che, dato il loro carattere locale, hanno certamente fatto da traino a una
maggiore partecipazione al voto.
Nell'Italia insulare l'astensionismo ha quasi sfiorato il 50%, col 47,8% e un incremento
del 6,3% rispetto al '94. Nell'Italia meridionale l'incremento è stato più basso, dello
0,5%, ma l'astensionismo è già altissimo col 43,6%. Nell'Italia centrale invece si è
verificato l'incremento più alto, del 7,7%, attestandosi al 35,1%. E ciò in
considerazione che le regioni coinvolte in questa area (Toscana, Umbria, Marche e Lazio)
sono quelle dove più forte è il controllo elettorale dei DS, del PdCI, del PRC e dei
Verdi la dice lunga sul fatto che la "sinistra" di questi partiti come non mai
li abbia voluti punire con l'astensionismo.
Nell'Italia del nord-ovest l'astensionismo è stato del 31,9% (+6,1%) e nel nord-est del
30,4% (+7,0). Confermando così la tendenza a un progressivo riallineamento fra Nord e Sud
del dato astensionista, verificatosi già nelle precedenti tornate elettorali.
IL GOVERNO D'ALEMA
D'Alema, barando coi numeri, ha venduto come positivo il risultato della sua coalizione di
governo. "Siamo oltre il 40 per cento, il governo resta al suo posto", ha
dichiarato all'indomani del voto. In verità il suo governo ha perduto per strada una
balla di voti.
Se si mettono a confronto i voti che la coalizione di governo aveva preso nelle politiche
'96 (circa 13 milioni) con quelli che le stesse forze hanno preso nelle attuali
consultazioni (poco più di 10 milioni e mezzo) i partiti che hanno dato vita al governo
D'Alema hanno perso oltre 2 milioni e 300 mila voti. Perdita compensata solo parzialmente
dall'entrata nella maggioranza di partiti come l'Udeur, il CDU, il PdCI e asini vari.
Cosicché il governo ha guadagnato temporaneamente a destra (qualcuno come il CDU di
Buttiglione già vacilla), ma ha franato decisamente a sinistra verso l'astensionismo.
Del resto all'interno della maggioranza di governo sono proprio i DS ad essere stati i
più puniti con un calo di 886 mila voti rispetto alle europee '94 e di quasi 2 milioni e
mezzo rispetto alle politiche. Così come è successo ai Verdi che hanno addirittura
dimezzato i propri consensi del '94 e ridotto di un terzo quelli del '96.
Sono peraltro voti di sinistra che non sono stati intercettati nemmeno dal PRC di
Bertinotti che al contrario subisce una vera emorragia nient'affatto giustificabile con la
scissione del PdCI di Cossutta. É cosa nota che vi sono settori della sinistra DS, Verdi
e PRC che hanno scelto di astenersi per punire l'Ue, l'appoggio del governo alla guerra e
la sua politica sociale. In questa occasione, non solo il nostro Partito ha invitato
all'astensione, ma per la prima volta ci sono stati gruppi e movimenti pacifisti o sociali
che hanno sostenuto questa stessa indicazione per contestare l'Unione europea e i partiti
che hanno sostenuto la guerra o che hanno assunto una posizione troppo debole e di
copertura della Ue e del governo D'Alema come ha fatto il PRC.
Questo partito perde rispetto alle politiche '96 quasi 1 milione e 900 mila voti, mentre
Cossutta ne ha raccattati 622 mila. Stando ai flussi elettorali una parte dei voti persi
dal PRC sarebbe addirittura andata a destra verso per esempio la lista Bonino (il che,
detto fra parentesi, testimonia l'eterogeneità dell'elettorato di Rifondazione e
l'eclettismo ideologico e politico di questo partito), ma è scontato che una buona parte
di essi, la sinistra, si sia orientata verso l'astensionismo.
Ciononostante l'onorevole cacasotto Bertinotti invece di prenderne atto, coglie
l'occasione della batosta elettorale per spostarsi ancora più a destra. La Segreteria
nazionale del PRC ha decretato la necessità di "una seria riflessione sull'efficacia
della nostra azione politica, che richiama l'esigenza di una innovazione sia nel progetto,
sia nelle forme del lavoro politico organizzativo", una posizione che preclude
persino alla rinuncia alla "forma partito" da parte di Rifondazione. Bertinotti
ancor più eplicitamente attribuisce addirittura l'insuccesso elettorale alla posizione
contraria alla guerra affermando che "la campagna sulla guerra ci ha penalizzato, ma
lo sapevamo".
Il PRC in sostanza avvalora la falsa analisi di uno spostamento generale dell'elettorato a
destra e parla addirittura di una sua "americanizzazione" per attaccare le masse
e coprire così il proprio opportunismo e capitolazionismo.
In realtà questo capofila trotzkista, neorevisionista e cacasotto vuole solo giustificare
l'adeguamento di Rifondazione alla logica del maggioritario e del presidenzialismo della
seconda repubblica imperante, logica nient'affatto americana, ma di tipo marcatamente
mussoliniana, e magari prepararsi così a un riavvicinamento alla coalizione del
"centro sinistra" e al governo.
I PARTITI DEL REGIME
Se la "sinistra" del regime piange, anche la destra non ha di che gloriarsi.
Quasi tutti i partiti del regime perdono voti. I tonfi più clamorosi l'hanno fatti il PPI
di Marini, i Verdi di Manconi, la Lega Nord di Bossi e AN di Fini. Tanto da spingere i
rispettivi segretari a prospettare le proprie dimissioni.
Ma anche Berlusconi, che pur si gonfia come una rana col rischio di esplodere, perde
rispetto alle precedenti europee 2 milioni e 200 mila voti (pari al 5,4%) e rispetto alle
politiche ne guadagna appena 117 mila, probabilmente rosicchiati ai propri partner.
L'unico risultato che può vantare è quello di aver rafforzato la sua egemonia
all'interno del "centro destra" portando da 2 milioni a 4 milioni e mezzo di
voti il distacco da Fini e Segni che ne incalzavano la leadership.
I Democratici, data la composizione dei loro leader, in primis Prodi e Di Pietro, hanno
campato sulle sfortune di PPI, Lista Dini, CDU e anche An.
Merita soffermarsi invece sulla lista di Emma Bonino, presentata come la vera
"novità" e la "sorpresa" di queste elezioni. Questa politicante
borghese è un nuovo-vecchio cavallo messo in campo dalla destra del regime neofascista
con una funzione di pungolo e di condizionamento sia della destra che della
"sinistra" del regime affinché si proceda quanto prima al completamento quanto
più fedele possibile del disegno presidenzialista e piduista della seconda repubblica. La
Bonino ha letteralmente svaligiato le parole d'ordine della destra neofascista a
cominciare dal presidenzialismo e dall'interventismo, per non parlare dell'ultraliberismo
e del federalismo creando non poca concorrenza ai partiti che fin qui ne erano i
principali depositari come An e la Lega. Alla tipica cultura politica della destra la
Bonino deve il suo populismo, il suo femminismo mussoliniano, il suo trasversalismo, la
sua antipartitocrazia.
Una campagna elettorale iniziata addirittura tre mesi prima con la sua autocandidatura
alla presidenza della Repubblica e con un dispendio di mezzi davvero incredibili se si
considera che il Partito Radicale, fino a poco tempo fa, era vicino alla bancarotta. É
stato calcolato che solo per i passaggi pubblicitari sui canali Mediaset la Bonino abbia
speso 1 miliardo e 695 milioni, seconda solo a Berlusconi, e qualcuno calcola
complessivamente oltre i 20 miliardi le spese per la sua campagna condotta porta a porta.
PER UN ASTENSIONISMO ANTIMPERIALISTA
L'astensionismo ha assunto un carattere più qualificato rispetto al passato. Se fino a
qualche anno fa l'Ue e il suo parlamento erano un'entità ancora astratta e lontana
dall'elettorato, oggi, dopo l'unione monetaria e soprattutto dopo la guerra alla
Jugoslavia, essi sono una realtà assai più concreta, conosciuta e soppesata. Alla luce
dei fatti non è passato il disegno di compattare i popoli europei intorno a questa
superpotenza imperialista e il forte astensionismo elettorale ne è una prova.
Con questo non vogliamo dire che ci possiamo accontentare. Il PMLI ha condotto una
coraggiosa e generosa campagna tesa a smascherare la natura imperialista, affamatrice e
interventista dell'UE e, in quest'ambito, il ruolo che sta giocando l'imperialismo
italiano e il governo guerrafondaio del rinnegato D'Alema. Ma ancora non basta. Dobbiamo
insistere per smacherare fino in fondo la superpotenza imperialista europea e per far
assumere pienamente all'astensionismo un carattere antimperialista.
Ce la possiamo fare se applicheremo fino in fondo la parola d'ordine del nostro 4°
Congresso nazionale: "Costruiamo un grande, forte e radicato Partito
marxista-leninista per combattere la seconda repubblica capitalista, neofascista,
presidenzialista e federalista e realizzare l'Italia unita, rossa e socialista",
prestando particolare attenzione e impegno al problema del radicamento del Partito nei
luoghi di lavoro, di studio e di vita dove siamo presenti.
Come ha detto il compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, rivolgendosi ai
partecipanti al dibattito elettorale di Milano e idealmente a tutti gli anticapitalisti e
antimperialisti del nostro Paese: "Perché la politica del PMLI diventi la politica
del proletariato e delle masse, dobbiamo compiere ancora molti, prolungati e perseveranti
sforzi, più qualificati e approfonditi rispetto a quelli enormi già fatti in questi
lunghi anni, con pazienza e con fiducia nel successo finale. Pensavamo che fosse
sufficiente seminare per raccogliere, invece ci siamo accorti che occorre vangare prima il
terreno per rimuovere i detriti e l'indurimento che hanno causato i revisionisti. Se tra
di voi vi è qualche buon vangatore e seminatore rosso venga subito con noi. Abbiamo tanto
da lavorare affinché la classe operaia si risvegli e prenda la direzione della lotta
contro l'imperialismo, per l'Italia unita, rossa e socialista".
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