Lo statuto segreto non prevede congressi
Grillo padre padrone del M5S
Il nipote è il suo vice
Linee portanti: rispetto delle regole dello Stato borghese e del liberismo economico, interclassismo e pace sociale

Si sapeva già che Beppe Grillo è il padrone di fatto del Movimento 5 Stelle, se non altro perché si è ben premurato di depositare il marchio M5S a suo nome, e quindi può decidere chi far entrare e chi sbattere fuori a suo insindacabile giudizio, come è già successo e come succederà ancora. Ma quello che finora nessuno sapeva è che il padrone lo è anche a tutti gli effetti legali, con tanto di statuto segreto depositato da un notaio di Genova, alla faccia del "non partito" con un "non statuto" che si vanta di essere il M5S.
Lo ha scoperto l'agenzia giornalistica L'Huffington Post, rivelando che tale statuto è stato depositato il 14 dicembre 2012, pochi giorni dopo l'annuncio delle dimissioni del governo Monti, presso il notaio Filippo D'Amore a Cogoleto (Genova), contestualmente all'atto costitutivo di un'associazione "denominata Movimento 5 Stelle", il cui Consiglio direttivo, composto da tre membri e in carica per i primi tre anni, è presieduto dallo stesso Giuseppe Grillo, mentre vicepresidente è il suo nipote Enrico Grillo e segretario è il suo commercialista, Enrico Maria Nadasi.
Appena diffusasi la notizia immediatamente è scattata sui blog e sui social network la macchina sempre pronta dei difensori d'ufficio di Grillo, per declassare lo statuto segreto come fatto puramente burocratico, imposto dalle procedure per poter presentare le liste elettorali. Anche se invece c'è chi dice che questo obbligo non esiste o non sia così certo. Di sicuro l'obbligo esiste invece per poter avere i soldi del finanziamento pubblico ai partiti, che però, assicurano i difensori di Grillo, verranno presi solo per poterli ufficialmente rifiutare.

Tutto passa attraverso il blog
Quel che è certo è che dalla lettura dello statuto segreto del M5S si ricava tutt'altra impressione che quella di un generico atto burocratico e pro-forma, ma emerge al contrario nero su bianco tutto il carattere antidemocratico e padronale del movimento di Grillo già dimostrato in varie occasioni. Intanto esso, fin dai primi articoli, chiarisce subito che l'Associazione M5S, riconoscendo come unico strumento democratico la rete Internet, "condivide a fa propri" gli obiettivi politici e i programmi pubblicati esclusivamente sul sito di Grillo. E che anche i candidati per la presentazione di liste sono individuati e selezionati esclusivamente attraverso Internet, "secondo le procedure a tal fine elaborate e pubblicate" sul suo sito. Ma chiarisce al tempo stesso che Grillo, in qualità di titolare esclusivo del blog che porta il suo nome e del marchio 5 Stelle, li mette a disposizione dell'Associazione "esclusivamente per il perseguimento delle finalità dell'Associazione medesima", e che "spettano quindi al signor Giuseppe Grillo titolarità, gestione e tutela del contrassegno; titolarità e gestione della pagina del blog".
Come si vede il comico genovese ha blindato ermeticamente intorno alla sua persona e al suo blog la proprietà, la gestione, i meccanismi di funzionamento interno e di comunicazione con l'esterno, e le finalità del movimento di cui si vanta di essere solo un umile "portavoce". E quali sono poi queste "finalità"? Sostanzialmente l'affermazione dei principi del liberismo economico, dell'interclassismo, della pace sociale e del rispetto dello Stato borghese. Quest'ultimo si deve limitare "a quegli ambiti di interventi propri di tutela e salvaguardia degli interessi della collettività e dei diritti della persona", mentre "la convivenza armoniosa tra gli uomini, attraverso lo sviluppo del talento e delle capacità personali dell'individuo", è lasciata alla libera espressione delle "forme economiche" e delle "aggregazioni sociali spontanee".
Grillo cioè non mette in discussione l'organizzazione economica, sociale, politica e istituzionale di classe del capitalismo, in cui del resto occupa una posizione privilegiata, ma predica solo un'impossibile "armonia" al suo interno tra le insopprimibili istanze di giustizia sociale che salgono dalle masse e l'egoismo della classe dominante borghese. E ciò attraverso l'incoraggiamento dell'individualismo e del liberismo borghesi, lasciando allo Stato solo una funzione di sussidiarietà. Non per nulla l'ambasciatore americano in Italia ha capito benissimo l'anima borghese, liberale e fondamentalmente ligia ai valori del capitalismo occidentale del movimento di Grillo.

Accentramento monarchico del potere
In accordo con le premesse rigidamente accentratrici, la struttura dell'Associazione è di tipo prettamente monarchico, governata come si è già detto da un Consiglio direttivo, con un numero di componenti "variabile da tre a sette", che in teoria è nominato dall'assemblea dei soci, ma in pratica si è già autonominato per i prossimi tre anni; e alla testa del quale c'è lo stesso Grillo, affiancato in posizione subordinata da un suo familiare e dal suo commercialista. Una piramide talmente esclusiva e blindata che non vi figura nemmeno il suo socio in affari e in politica, Casaleggio.
Al presidente, cioè a Grillo, spettano la "rappresentanza politica e giuridica dell'Associazione", la "designazione dei delegati presso ciascuna circoscrizione elettorale", la "direzione e coordinamento dell'attività dei delegati", il "deposito del contrassegno elettorale e del programma, con indicazione del capo politico", l'"amministrazione e gestione di eventuali fondi dell'Associazione". Insomma, tutto! Per inciso, un apposito articolo stabilisce che in caso di scioglimento dell'Associazione il patrimonio sarà devoluto "ad altri Enti aventi scopo analogo, secondo le determinazioni del Consiglio direttivo": il che pare fatto apposta per garantire a Grillo la proprietà del patrimonio, anche nel caso un giorno dovesse essere messo in minoranza nel M5S.
Tra l'altro, a proposito di finanziamento pubblico, mentre si precisa che il patrimonio dell'Associazione è costituito, oltre che dalle quote annuali degli associati e dai contributi volontari, anche da "sovvenzioni dello Stato, della Regione o di Enti sopranazionali", in nessun altro punto si specifica che tali fondi pubblici verranno presi solo per essere ufficialmente rifiutati o destinati a scopi sociali. In compenso i tre firmatari si sono premurati di specificare che tutti i contributi in favore dell'Associazione andranno a costituire un "fondo autonomo di proprietà dell'Associazione medesima, la cui amministrazione e gestione competerà al presidente", cioè allo stesso Grillo.

Zero democrazia interna
Quanto alla "democrazia" interna, i tre soci fondatori si sono attribuiti anche il potere esclusivo di decidere chi può o non può diventare socio ordinario dell'Associazione, perché a loro spetta la verifica dei requisiti per entrarvi, e in ogni caso l'ammissione dei soci ordinari è deliberata dal Consiglio direttivo. Al quale spetta anche decidere sulla perdita dei requisiti di socio che comporta l'espulsione dal M5S. Ovviamente non sono previsti né congressi, né organi di garanzia e di controllo, né qualsiasi altro strumento, per quanto anche puramente formale, previsto in genere dagli altri partiti borghesi. È prevista solo un'assemblea annuale dei soci, ed eventualmente altre straordinarie ma solo se convocate dal Consiglio direttivo o da un quinto dei soci.
La cosa curiosa è che nello statuto si afferma che "gli eletti eserciteranno le loro funzioni senza vincolo di mandato", forse per obbligo di legge onde non contrastare con l'art. 67 della Costituzione. Il che però è in stridente contraddizione con le scomuniche e gli inviti alle dimissioni lanciati da Grillo contro i senatori "traditori" del M5S che hanno disobbedito ai suoi ordini votando Grasso. Ma questo non viene neanche preso in considerazione dal padrone del movimento, dal momento che lo statuto c'è... ma non si deve sapere.

20 marzo 2013