Impressionanti conclusioni dello studio sentieri sui dati 2003-2009
L'Ilva ha aumentato del 30% i tumori a Taranto
Costringere l'Ilva a bonificare e risanare immediatamente la fabbrica dei veleni e i dintorni. Criminali responsabilità dei governi centrali e locali che si sono avvicendati in questi anni
Nazionalizzare l'Ilva senza indennizzo

Fece scalpore la sentenza del gip (giudice per le indagini preliminari) Patrizia Todisco, emessa a fine luglio, pienamente confermata dal tribunale del riesame nel mese di settembre, che accusava l'Ilva di Taranto e i proprietari Riva di disastro ambientale doloso e colposo, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose e inquinamento atmosferico, stabiliva il sequestro dei reparti a caldo vietandone l'uso e disponeva gli arresti domiciliari dei vertici aziendali. Furono in molti a considerarla se non infondata esagerata, sproporzionata: tra questi, il governo Monti per bocca del suo ministro per l'Ambiente Clini, i sindacati collaborazionisti CISL e UIL e gran parte della stampa di regime. Le cose invece stanno proprio in quei termini e, se possibile, persino peggio.
La conferma drammatica e assolutamente intollerabile dell'inquinamento dell'Ilva molto oltre i limiti di legge consentiti, in modo costante nel tempo con gravissimi danni per la salute e l'ambiente è impressa nello studio Sentieri condotto dall'Istituto superiore della sanità (ISS) presentato dal ministro della Sanità, Renato Balduzzi, nel corso di un incontro con le associazioni ambientaliste e gli amministratori locali svoltosi in Puglia il 22 ottobre scorso. Dal quale emerge un quadro agghiacciante. A partire dal dato complessivo: a Taranto ci si ammala il 30% in più di tumore. A seguire si apprende che gli uomini hanno 14% in più e le donne 8% in più di possibilità di morire rispetto al resto della Puglia. Nello specifico, per gli uomini si registra un incremento del 14% per tutti i tumori; +14% per le malattie circolatorie, +17% per quelle respiratorie, +33% per i tumori polmonari, +419% per i mesoteliomi pleurici. Per le donne invece lo studio registra: +13% per tutti i tumori, +4% per le malattie circolatorie, +30% per i tumori polmonari, +211% per il mesotelioma pleurico.
Permanendo questa situazione, per chi vive a Taranto, uomini, donne e bambini non c'è scampo; visto che devono fare i conti con un incremento dei tumori al fegato (+75%), linfoma Hodgkin (+43%), corpo utero superiore (+80%), polmoni (+48%) tumori allo stomaco (+100%), tumori alla mammella (+24).
Che il responsabile principale e preponderante di questo disastro ambientale e sanitario sia L'Ilva, o per meglio dire, i padroni dell'Ilva, la famiglia Riva che hanno macinato profitti miliardari fregandosene dell'inquinamento emesso dall'acciaieria, non ci sono dubbi. È una verità che è sottolineata anche nel progetto Sentieri dove si legge: "Lo stabilimento siderurgico, in particolare gli impianti altoforno, cokeria e agglomerazione è il maggiore emettitore nell'area per il 99% del totale ed è quindi il potenziale responsabile degli effetti sanitari correlati".
Alla luce di queste nuove e ulteriori analisi acquistano importanza le disposizioni comandate al vertice dell'Ilva nel mese di settembre dai custodi incaricati dal tribunale di Taranto finalizzate a eliminare tutte le situazioni di pericolo per la salute dei lavoratori e dei tarantini consistenti: nello spegnimento dell'altoforno 1 e dell'altoforno 5 affinché vengano messi a norma, la dismissione e la bonifica dell'altoforno 3. Inoltre, la dismissione e la bonifica delle batterie 1 e 2 e il completo rifacimento delle batterie 3-4, 5-6, 9, 10 e 11. Oltre alla copertura dei giganteschi parchi dei materiali ferrosi per evitare il diffondersi di micidiali polveri velenose nell'aria causa di malattie respiratorie anche mortali, specie nel quartiere Tamburi adiacente al sito siderurgico. Da notare che dal pool di custodi giudiziali è stato messo fuori di recente Bruno Ferrante per conflitto di interessi essendo questi allo stesso tempo amministratore delegato dell'Ilva.
In questo situazione davvero grave e complessa, lasciata marcire per anni senza introdurre e realizzare gli interventi necessari, ci sono da registrare le iniziative, alla buon'ora, del governo Monti: il ministro della Salute ha annunciato la necessità di un piano per monitorare i livelli di inquinamento e per fare prevenzione sanitaria a Taranto. Il ministro dell'Ambiente ha fatto approvare la nuova Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia) per l'llva che stabilisce una serie di interventi per abbattere le emissioni inquinanti e attuare misure di bonifica dell'ambiente. Questo documento meriterebbe un'analisi approfondita e dettagliata. Tuttavia, l'impressione immediata è negativa: le condizioni poste ai Riva non sembrano sufficienti per risolvere il problema in modo soddisfacente; oltre tutto prevede tempi lunghi per "mettersi in regola" a danno dei lavoratori e della popolazione che continuerebbero a subire livelli di inquinamento elevati e ad ammalarsi. E, nonostante che il piano del ministro Clini preveda l'impiego di denaro pubblico, il vertice dell'Ilva non ha mostrato disponibilità, ha posto condizioni per ottenere il dissequestro dell'area a caldo e ha questionato strumentalmente sui limiti di produzione dell'acciaio posti nell'Aia. Insomma allo stato attuale non è detto che l'azienda voglia procedere con un piano serio di risanamento mettendoci tutte le risorse che occorrono.
No, non c'è spazio per compromessi al ribasso; nemmeno si può rimandare ancora la soluzione di problemi. Non c'è più tempo da buttare. L'obiettivo rimane quello di salvaguardare insieme e nello stesso tempo salute, ambiente e lavoro. Una soluzione diversa che ponga in alternativa il lavoro (leggi ricatto occupazionale) e salute è inaccettabile totalmente. Per questo ci vuole un vero piano di investimenti: è tempo che i Riva impieghino una parte sufficiente di profitti che hanno fatto da quando hanno rilevato la fabbrica dallo Stato per due lire per ammodernare gli impianti e bonificare l'ambiente. Occorre costringere l'Ilva a produrre nel rispetto della salute e dell'ambiente. In questo i sindacati, i lavoratori e la popolazione di Taranto uniti hanno un ruolo non secondario per fare pressione nei confronti della proprietà dell'azienda e delle istituzioni regionale, locale e nazionale.
Più passa il tempo e più si rafforza la convinzione che quella della nazionalizzazione senza indennizzo sia la soluzione migliore. Perché fornisce maggiori garanzie contro la chiusura e una eventuale e sempre possibile delocalizzazione all'estero del sito siderurgico tarantino, per l'adeguamento dell'Ilva affinché la sua produzione sia ecocompatibile e per la bonifica dei territori inquinati.
Noi la indichiamo ai lavoratori della fabbrica e ai tarantini perché la facciano sua.

7 novembre 2012