Deciso dal vertice di Washington il ``nuovo concetto strategico'' dopo averlo collaudato in Jugoslavia
LA NATO SI TRASFORMA DA ALLEANZA MILITARE DIFENSIVA A OFFENSIVA
Potrà agire anche senza mandato Onu. D'Alema: "il mandato dell'Onu non è un limite insormontabile, in casi eccezionali si può anche intervenire senza"
L'UE AUTORIZZATA A CONDURRE OPERAZIONI IMPROPRIE

 

Al vertice Nato di Washington è stata disegnata "una nuova alleanza per sostenere le sfide del futuro"; un'alleanza "più grande, più potente e flessibile, tesa alla difesa collettiva e capace di intraprendere nuove missioni, compreso contribuire all'effettiva prevenzione dei conflitti e impegnarsi a gestire attivamente le crisi, incluso operazioni di risposta alle crisi stesse". Questo cappello introduttivo del comunicato dei 19 capi di Stato, riuniti nel vertice del Consiglio nord atlantico del 23-25 aprile per celebrare il cinquantenario della Nato, rende appieno l'idea dell'operazione strategica di cui i governi imperialisti Usa ed europei hanno gettato le basi: la trasformazione della Nato da alleanza militare difensiva a offensiva, un gendarme internazionale che si arroga il diritto di intervenire dentro e fuori i suoi vecchi confini istituzionali (l'area euroatlantica), anche senza mandato dell'Onu e per un ampio "spettro" di pretesti, ovunque e in qualunque occasione ritenga minacciate la stabilità e la sicurezza dei paesi membri.
Non che la Nato fosse mai stata veramente un'organizzazione difensiva, dal momento che fu fondata in piena "guerra fredda" in funzione chiaramente aggressiva nei confronti dell'Unione Sovietica di Stalin e dei paesi dell'ex campo socialista dell'Est Europa, e che anche dopo la caduta di quei regimi diventati nel tempo revisionisti e oppressivi è non solo rimasta in piedi ma si è rafforzata e allargata ulteriormente. A testimonianza che la scomparsa del "pericolo comunista" non ha mutato di una virgola la natura aggressiva dell'Alleanza atlantica, basti pensare che i tedeschi non si sono nemmeno azzardati, pena una sonora quanto certa bocciatura, a sollevare a Washington il tema della rinuncia al diritto del "primo colpo nucleare", già cavalcato elettoralmente dal Verde Fischer, recentemente cooptato nel governo di Bonn e tra i falchi e falchetti di Bruxelles.

UN PIANO IMPERIALISTA PER I PROSSIMI 50 ANNI

Nei vari vertici tenuti in questo decennio aperto dalla caduta del muro di Berlino, in particolare quelli di Roma del '91, di Bruxelles del '94 e di Berlino del '96, erano già emersi chiaramente la nuova strategia e i nuovi obiettivi offensivi della Nato. Ma ora la sua vera natura imperialista e aggressiva è stata addirittura teorizzata ed istituzionalizzata esplicitamente, cogliendo al balzo la guerra di aggressione scatenata dalla stessa Nato nei Balcani, un intervento eretto per l'occasione a nuovo modello di gestione delle future crisi e di reinterpretazione del diritto internazionale.
E' questo il "nuovo concetto strategico" dell'Alleanza scaturito dal vertice di Washington, che si può riassumere in tre punti: 1) La Nato può intervenire dentro e fuori i suoi confini dove e tutte le volte che giudichi minacciate la stabilità e la sicurezza degli alleati e i cosiddetti "diritti umani". 2) Non è più indispensabile, ma solo da considerare "primario", l'intervento del Consiglio di sicurezza dell'Onu per autorizzare operazioni internazionali di "mantenimento della pace". 3) Il concetto di "minaccia alla stabilità e alla sicurezza" dei paesi membri che fa scattare l'intervento dell'Alleanza viene esteso ad un ampio "spettro" di casi, dal terrorismo alla proliferazione delle armi nucleari, biologiche e chimiche, dalla minaccia ai rifornimenti (petrolio ecc,) alla dissoluzione di Stati e conflitti etnici e religiosi, ecc.
"Abbiamo approvato un piano (il `nuovo concetto strategico', ndr) che ci consentirà libertà e sicurezza per almeno altri 50 anni", ha dichiarato visibilmente soddisfatto il boia Clinton al termine del summit. Alla domanda di specificare quale sia la distanza fino a cui l'Alleanza è pronta a intervenire oltre i suoi confini tradizionali, il capofila degli imperialisti ha risposto che "non è questione di geografia".
Per il superfalco britannico Blair d'ora in poi l'Alleanza atlantica è attrezzata e "pronta a riparare i torti e a perseguire le cause giuste", armi alla mano, "da un capo all'altro dell'Europa". Per l'"intellettuale socialista" con le mani lorde di sangue, Solana, il "nuovo concetto strategico" disegnato a Washington "è una transizione dalla difesa collettiva alla garanzia della sicurezza in Europa e dei valori democratici dominanti dentro e fuori dai nostri confini". Più chiaro ancora ha parlato il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale americano, Mike Hammer: "Il Kosovo è nella pratica esattamente il nuovo concetto strategico della Nato".
Nel quadro della nuova strategia interventista ed espansionista della Nato i 19 hanno perciò concordato di adeguare le capacità, dispiegabilità e mobilità delle forze, nonché le strutture di comando, di controllo, di informazione ecc. Al fine di "aumentare l'effettività delle future operazioni multinazionali nell'intero spettro delle missioni dell'Alleanza nel presente e nel futuro"; e hanno altresì concordato di sviluppare armi sempre più micidiali e tecnologicamente avanzate, incrementando la cooperazione tra le rispettive industrie belliche.

L'ONU RIDOTTA A COMPARSA DELLA NATO

Di fronte a questo scenario dichiaratamente bellicista e terrorista ai danni dei popoli disegnato dai signori della guerra a Washington, è abbastanza secondario il fatto che sull'interpretazione da dare a certi aspetti del "nuovo concetto strategico", e segnatamente sul ruolo dell'Onu, siano emerse posizioni differenziate tra i 19. In particolare tra Clinton e Chirac, che anche a nome degli europei chiedeva una maggiore copertura legale internazionale alla nuova strategia interventista della Nato. Alla fine i 19 si sono accordati per la soluzione di compromesso che fa riferimento al ruolo "primario" del Consiglio di sicurezza per il mantenimento della pace e della sicurezza. "Primario", ma proprio per questo non unico e indispensabile. Per il resto le Nazioni unite vengono liquidate con un ringraziamento per aver affiancato la Nato nel mantenere la "pace" negli anni passati, e auspicando uno sviluppo della "cooperazione" in Bosnia-Erzegovina e nella "crisi umanitaria" del Kosovo.
La Francia sbandiera il compromesso sull'Onu come una sua "grande vittoria diplomatica", e Chirac la rivendica come un suo personale successo che avrebbe impedito agli americani di "imporre la legge del più forte". Gli Usa la vedono invece in tutt'altro modo; un loro portavoce dà infatti la seguente interpretazione: "In casi eccezionali o in situazioni estreme, come quella che abbiamo affrontato in Kosovo, il consenso dell'Alleanza è una base per agire". Come dire: la legittimazione dell'Onu può venire dopo che l'intervento armato è già in pieno svolgimento.
Anche il rinnegato D'Alema, ansioso come neofita di guadagnarsi il plauso di un tale consesso di potenti della Terra, ha dato una mano a Clinton e Blair nella loro interpretazione che liquida l'Onu come orpello ormai puramente decorativo e ridotto a zimbello dell'Alleanza: "La Nato - ha detto infatti lo zelante paggio dell'imperialismo occidentale e nostrano - non vuole essere un'alternativa all'Onu, anzi ne riconosce il ruolo fondamentale. Il rapporto con le Nazioni Unite, però, non deve essere paralizzante. Per cui il mandato dell'Onu non è un limite insormontabile. In casi eccezionali si può anche intervenire senza, anche se questa non può essere considerata la norma". Più cauta la dichiarazione del ministro degli Esteri Dini, secondo il quale il documento approvato stabilirebbe che "le operazioni della Nato al di fuori del Consiglio di sicurezza devono essere temporanee".

"CAPACITA' DI INTERVENTO AUTONOMO" DELLA UE

Il compromesso sull'Onu, come anche quello sull'interpretazione da dare al blocco navale nell'Adriatico per bloccare i rifornimenti alla Serbia, che per gli europei sarebbe da considerare non un blocco armato ma un "embargo da attuare con mezzi navali", rimandano alla ormai annosa questione, emersa anche in questo vertice, dell'egemonia Usa nella Nato (con la forte intesa con la Gran Bretagna) e delle aspirazioni a uno spazio e un peso maggiori da parte degli europei. Da parte loro i padroni di casa americani non hanno mancato di far pesare la loro supremazia, a cominciare dalla stessa coreografia del vertice, allestito attorno a un gigantesco tavolo di forma pentagonale, simbolo del ministero della Difesa e perciò della potenza militare Usa, con Blair al posto d'onore accanto a Clinton. Ma ciò non ha impedito che nel documento finale del summit venisse accolto un ampio capitolo sulla necessità del rafforzamento del pilastro europeo di difesa e sul riconoscimento di una capacità autonoma di intervento dell'Unione europea e del suo braccio militare, la Ueo, anche con azioni militari, nelle crisi che non riguardano l'Alleanza nel suo complesso. La superpotenza europea, cioè, ha chiesto e ottenuta un maggior riconoscimento del suo ruolo, anche militare, all'interno dell'Alleanza, ed è stata autorizzata ad usare d'ora in poi la forza anche da sola per difendere i propri interessi strategici.
Una soluzione che allo stato dei fatti soddisfa tutti e due i massimi imperialismi, Usa e Ue. I primi perché il maggior impegno militare degli europei è ancora dentro la Nato ad egemonia americana. I secondi perché se come potenza economica ormai hanno raggiunto gli Usa, non sono ancora in grado di eguagliarla sul piano militare e di muoversi del tutto con le proprie gambe nell'espansionismo ad Est, nel bacino del Mediterraneo e verso il Medio Oriente e l'Africa. Ma non è detto che sia sempre così in futuro. Perfino il "grillo parlante" di Clinton, Blair (la definizione è di Dini), ha salutato con soddisfazione il capitolo sul potenziamento del pilastro europeo della Nato, dichiarando che "gli europei devono assumersi compiti di sicurezza anche là dove l'Alleanza nel suo complesso non è impegnata".
Un corollario immediato di questa decisione è che - come ha sottolineato Dini - "avrà conseguenze sui bilanci europei". In altre parole i promessi investimenti per promuovere l'occupazione in Europa sono ipotecati fin da ora per finanziare una forte politica di riarmo europeo.

ESPANSIONISMO AD EST

Il vertice ha anche confermato e rilanciato la strategia espansionista dell'allargamento della Nato ad Est, avvertendo che "i tre nuovi membri (Ungheria, Polonia e Repubblica ceca, ndr) non saranno gli ultimi". A breve entreranno Romania e Slovenia, e sono già in lista di attesa le tre repubbliche baltiche, Estonia, Lettonia e Lituania, nonché la Bulgaria e la Slovacchia, mentre si stanno preparando per sostenere l'"esame di ammissione" Macedonia e Albania. Mentre cioè da un lato l'Alleanza atlantica riconferma a parole una volontà di partenariato e di cooperazione con le tre potenze nucleari ancora rimaste nell'Europa dell'Est - Russia, Bielorussia e Ucraina - dall'altra prosegue di fatto nel loro progressivo accerchiamento (minacciosamente confermato dall'aggressione alla Serbia e dal "nuovo ordine" imperialista che la Nato vuole imporre nei Balcani), con l'inconfessato obiettivo di inglobare tutto l'Est europeo ed asiatico, ed estendere così la sua sfera d'influenza fino al Pacifico, come dire in quasi tutto l'emisfero Nord del pianeta.

E' NATO UN NUOVO FALCO

Per finire, alcune considerazioni in margine al vertice di Washington le merita anche l'intervento del rinnegato D'Alema, che parlando sotto lo sguardo compiaciuto e annuente del suo maestro imperialista, il boia Clinton, ha gettato per l'occasione la maschera del diplomatico "trattativista" che sfoggia con l'opinione pubblica italiana, per indossare i suoi veri panni di guerrafondaio e bombardiere promosso sul campo. "L'Italia - ha assicurato pronunciando uno dei discorsi più oltranzisti e zelanti che si siano sentiti al summit - farà il suo dovere di alleato forte e sincero capace di assumersi le sue responsabilità".
Ha assicurato anche che il suo governo reggerà alla prosecuzione della guerra "fino a quando reggerà il governo francese, quello inglese, quello belga, americano, e di tutti gli altri paesi della Nato". Ha aggiunto, rivolto untuosamente a un Clinton visibilmente benedicente, che anche l'Italia lavora per un'Europa più forte, ma "accanto a un'America amica, potenza indispensabile per la pace nel mondo". E infine è volato a cogliere il suo premio di rinnegato - la promozione da ex capo di un partito "comunista" a "statista" internazionale degno della fiducia dei massimi calibri dell'imperialismo occidentale. E lo ha fatto da quel sapiente manipolatore di cinismo e ipocrisia quale ormai questa infame guerra l'ha laureato, suscitando la convinta approvazione della sala con queste parole: "sono stato a Pasqua in Albania e ho visto scene terribili. Noi non avremo pace finché queste persone non potranno tornare ad essere cittadini del loro paese".
Un chiarissimo sostegno all'escalation dei bombardamenti indiscriminati anche sugli obiettivi civili della Serbia decisi dal summit, tanto è vero che poco dopo il capo del governo bacchettava severamente e pubblicamente Dini per aver osato criticare il bombardamento della sede della televisione serba con l'assassinio di decine di giornalisti. E pensare che fino a ieri era Dini ad essere considerato il più amerikano dei politici italiani! Ora va preso atto che questo titolo gli è stato soffiato alla grande dal rinnegato guerrafondaio di Palazzo Chigi.