Luigi Saraceni racconta come andò
Nel '94 il PDS aprì le porte del parlamento a Berlusconi
Il partito diretto allora da D'Alema tradì la legge del 1957 sull'ineleggibilità

Oggi c'è chi torna a chiedere di applicare a Berlusconi la legge del 1957 che sancisce l'ineleggibilità dei soggetti che usufruiscono da parte dello Stato di "concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica". E il neoduce, con le sue tre reti televisive generaliste più le pay tv, ricade in pieno e da sempre in questa casistica. Ma quello che non tutti sanno è che questa legge è già stata beffata almeno due volte dal neoduce in parlamento, e che a dargli una mano decisiva è stato proprio l'allora PDS, poi DS e oggi PD.
Non tutti sanno, cioè, che il 20 luglio 1994, all'indomani delle elezioni che portarono per la prima volta al governo il padrone di Mediaset, la giunta per le elezioni della Camera ratificò l'elezione di Berlusconi, nonostante fosse palese che ai sensi del Dpr 30 marzo 1957 n° 361 avrebbe dovuto essere dichiarato ineleggibile, e che questo golpe passò con un solo voto contrario dell'"opposizione", quello del capogruppo dell'allora PDS nella Giunta, Luigi Saraceni, mentre nel suo gruppo si contarono ben 11 "assenti". A rivelarlo è lo stesso ex magistrato ed ex parlamentare del PDS in un'intervista a il manifesto del 3 aprile scorso, che racconta come quella fu una decisione politica calata "dall'alto del gruppo parlamentare", una decisione che il "centro-sinistra" condivise con Forza Italia accettando per buona l'interpretazione cavillosa della legge secondo la quale solo Fedele Confalonieri, in quanto amministratore delegato della società, rientrava nelle condizioni di ineleggibilità, e non il suo maggiore azionista, che era anche il vero proprietario, Silvio Berlusconi.
Tutti sapevano invece, racconta Saraceni, "che l'effettivo beneficiario della concessione era Berlusconi. Ritenere ineleggibile l'amministratore delegato della Fininvest e non il suo azionista di riferimento era contrario al più elementare buonsenso. Tanto più che qualche anno prima era stata approvata la legge Mammì che imponeva (art. 17) che la maggioranza delle azioni di società concessionarie del servizio radiotelevisivo dovessero essere intestate a persone fisiche o a società in cui fossero individuabili le persone fisiche che controllavano la maggioranza delle azioni".
Ma oltre a ciò, per realizzare questo primo vergognoso inciucio, il PDS diretto allora dal rinnegato Massimo D'Alema, accettò secondo Saraceni altre due gravissime anomalie procedurali: la prima è che a presiedere la Giunta per le elezioni era stato designato un esponente della maggioranza, il fascista di AN Antonio Mazzone, mentre secondo la prassi parlamentare avrebbe dovuto toccare ad un rappresentante dell'opposizione. La seconda è che il verbale della seduta fu secretato, e la decisione non fu mai portata in aula per la ratifica. A detta dell'ex parlamentare non si trattò neanche di un vero "inciucio", ma piuttosto di un vero e proprio regalo "a perdere" del PDS a Berlusconi, motivato da "un malinteso primato della politica, di una concezione, dura a morire anche a sinistra, secondo cui il consenso popolare deve prevalere anche sulla legalità". E in effetti questa è la stessa logica che si ritrova oggi in certe recentissime dichiarazioni alla Renzi e alla Franceschini, secondo cui bisogna trattare (leggi inciuciare) con Berlusconi perché "gli avversari non si possono scegliere" e lui "è stato scelto da milioni di elettori".
Aggiunge Saraceni che quella volta la Giunta avrebbe salvato comunque Berlusconi, perché i suoi uomini avevano la maggioranza. Ma anche se fosse, un conto è perdere facendo una battaglia a viso aperto, un altro è regalare la vittoria a tavolino all'avversario, pensando di acquistare un credito da sfruttare per accordi futuri con lui. Se no come si spiega che l'inciucio si è ripetuto pari pari anche nel 1996, quando al governo era andato il "centro-sinistra" e quest'ultimo aveva stavolta la maggioranza nella Giunta per le elezioni? E perché anche allora il verbale fu secretato e non fu sottoposto invece al voto in assemblea?
Eppure anche allora la legge del '57 fu gabbata e Berlusconi poté farla di nuovo franca, grazie ancora una volta alla complicità della "sinistra" borghese, che gli fece la grazia già prevedendo evidentemente di inciuciare con lui nella Bicamerale golpista presieduta da D'Alema. La cosa ancor più grottesca è che proprio questi due precedenti parlamentari del '94 e del '96, vengano invocati a pretesto oggi per decretare "obsoleta" e "superata" la legge del 1957, come ha fatto furbescamente il "saggio" Valerio Onida su Il Giornale berlusconiano.
Del resto che questo vergognoso favoreggiamento dei vertici PDS-DS-PD non sia frutto di "errori" o finanche di pura imbecillità politica, ma di ben precisi calcoli a dir poco inconfessabili e infami, basta ascoltarlo dalla bocca del rinnegato Violante (un altro dei 10 "saggi" scelti guarda caso da Napolitano per far accordare PD e PDL), nel famigerato intervento del 2003 alla Camera, rintracciabile anche su Youtube, in cui lo ammise spudoratamente con queste testuali parole: "L'onorevole Berlusconi sa per certo che gli è stata data la garanzia piena, non adesso, nel 1994, che non sarebbero state toccate le sue televisioni, quando ci fu il cambio di governo. E lo sa. Lo sa lui e l'on. Letta. Comunque, a parte questo (sic), la questione qui è un'altra: voi ci avete accusato di 'regime', nonostante ripeto non avessimo fatto il conflitto d'interessi, avessimo dichiarato eleggibile Berlusconi nonostante le concessioni, avessimo aumentato durante il centrosinistra il fatturato di Mediaset, che è aumentato di 25 volte"!
Come si vede la voglia inciucista del PD con Berlusconi data fin dalla sua discesa in campo nel '94, e non c'è da meravigliarsi se oggi rispunta più forte che mai con le pressioni dei vari Renzi, D'Alema, Franceschini, Veltroni e compagnia cantante sul frastornato Bersani per trattare col neoduce sull'elezione del nuovo capo dello Stato e sul "governo delle larghe intese": sollecitato imperiosamente, quest'ultimo, anche dal nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano, che ha rievocato per l'occasione il "compromesso storico" tra il PCI revisionista di Berlinguer e la DC di Moro e Andreotti.

10 aprile 2013