Al senato
PDL e Lega votano l'elezione diretta del presidente della Repubblica
FLI del fascista ripulito Fini si è astenuto. Contro UDC e API
Napolitano irritato perché PD e IDV hanno abbandonato l'aula

Il 24 luglio al Senato nero, con un colpo di mano della ritrovata alleanza PDL-Lega che lo ha inserito in un emendamento al testo di "riforma" costituzionale, è passata l'elezione diretta del presidente della Repubblica, così come ultimamente era tornato a chiedere con insistenza il neoduce Berlusconi.
L'emendamento, firmato dal capogruppo PDL Gasparri e dal vice Quagliariello, è stato votato da una maggioranza composta dallo stesso PDL e dai suoi ascari di Coesione nazionale, a cui si sono aggiunti i voti della Lega del neo segretario Maroni. Contro, in un'aula dimezzata dall'uscita per protesta di PD, IDV e Radicali, hanno votato solo UDC e API, mentre FLI del fascista ripulito Fini si è astenuto.
Si è così ricreato per l'occasione il cosiddetto "asse del Nord" tra il partito di Berlusconi e la Lega, sulla base di un reciproco scambio di voti che si era già verificato, a ruoli invertiti, con i blitz sulla responsabilità civile dei magistrati e sull'istituzione del Senato Federale, proposti a loro volta dalla Lega e votati anche dal PDL.
L'emendamento modifica l'art. 83 della Costituzione per istituire l'elezione diretta a suffragio universale del capo dello Stato. A seguire PDL e Lega hanno approvato una raffica di altri emendamenti di rinforzo al primo, norme che modificano ben 13 articoli della Costituzione. Tra queste vi è anche quella che conferisce al presidente della Repubblica "eletto dal popolo" il potere di presiedere il Consiglio dei ministri, "salvo delega" al primo ministro, che è comunque nominato da lui. Un presidenzialismo "forte" di tipo mussoliniano, dunque, anche se formalmente ha qualche analogia con quello francese, e che per questo motivo viene anche chiamato impropriamente "semipresidenzialismo alla francese". Una definizione molto riduttiva e fuorviante, basti pensare da chi questo regime istituzionale è stato pensato e proposto: il nuovo Mussolini, Berlusconi, che se lo è cucito su misura per se stesso pensando al dopo Monti.
Non per nulla il suo tirapiedi segretario del PDL, Angelino Alfano, ha salutato trionfalmente il voto in Senato come "un voto storico", preannunciando già il bis alla Camera. "Speriamo che il PD non faccia perdere questa occasione all'Italia", ha aggiunto, invitando cioè il partito di Bersani ad unire i suoi voti a quelli neofascisti e leghisti così da superare rapidamente le quattro letture richieste dalla procedura per le leggi costituzionali e con una maggioranza dei due terzi, così da evitare il referendum confermativo.
Offerta ovviamente respinta dall'interessato, ma non per il merito della proposta, l'assalto presidenzialista alla Costituzione del 1948, bensì soltanto per il metodo "unilaterale" e "non condiviso" con cui è stato sferrato: "Spero solo che con questo gesto irresponsabile al Senato, inutile e del tutto inconcludente, non si faccia deragliare quello che dobbiamo fare subitissimo: la riforma della legge elettorale", si è limitato infatti a chiosare il leader del PD.
Stesso atteggiamento aventiniano quello espresso anche dal capogruppo dell'IDV, Belisario, per il quale il colpo di mano fascio-leghista è stato solo "una stella di capodanno che serve a fare un po' di scena ed è destinato al cestino". E anche per il leader UDC, Casini; "il semipresidenzialismo è un tema che non esiste". Giudizi riduttivi che si fondano unicamente sul fatto che quand'anche PDL e Lega riuscissero ad approvare a maggioranza semplice e in tempo utile la controriforma presidenzialista, poi se la vedrebbero bocciare dal referendum popolare. Ma intanto non c'è la certezza assoluta che il suo esito sarebbe così scontato, e in ogni caso questi sono solo pretesti per evitare di entrare in merito alla questione, e ciò perché evidentemente questi partiti (vedi tra l'altro la significativa astensione di FLI), nel merito non sono affatto contrari al presidenzialismo, anzi tutt'altro.
Non a caso il pidiellino Enrico La Loggia ha voluto puntigliosamente ricordare agli irritati ma anche smemorati vertici del PD che "l'elezione diretta del presidente della Repubblica fu uno dei punti su cui l'allora PDS si espresse favorevolmente nella Bicamerale di D'Alema, 15 anni fa. Cos'è cambiato oggi"? Inoltre, ha aggiunto il senatore berlusconiano, il semipresidenzialismo "si sposerebbe quasi indissolubilmente al sistema a doppio turno caro al PD. E allora cosa hanno da scandalizzarsi tanto"?
Effettivamente il ragionamento non fa una grinza. E così la pensa anche il rinnegato Napolitano, che si è molto irritato per la scelta del PD di uscire dall'aula, scelta che va contro i suoi continui appelli al dialogo tra i partiti del regime neofascista per "riforme istituzionali condivise".

1 agosto 2012