Accolto il ricorso di sette detenuti
La Corte europea dei diritti dell'uomo denuncia il sovraffollamento delle carceri italiane
Per il PMLI le carceri vanno abolite. Intanto urge l'amnistia

Lo scorso 8 gennaio, con la sentenza-pilota nel caso "Torregiani e altri contro l'Italia", la Corte europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) ha condannato all'unanimità l'Italia per il trattamento inumano e degradante (in violazione dell'articolo 3 della Convenzione dei Diritti dell'Uomo) di sette carcerati detenuti nell'istituto penitenziario di Busto Arsizio e in quello di Piacenza.
I detenuti occupavano celle di nove metri quadrati insieme ad altre due persone, ovvero scontavano la loro condanna in uno spazio inferiore ai tre metri quadrati ciascuno, senza disponibilità di acqua calda e in alcuni casi privi di illuminazione e sufficiente ricambio d'aria.
La Corte europea di Strasburgo ha deciso che le autorità italiane dovranno risarcire i ricorrenti per un ammontare totale di 100 mila euro per danni morali. Lo Stato italiano dovrà inoltre porre rimedio alla situazione carceraria entro un anno.
Questo perché il problema del sovraffollamento carcerario in Italia è di natura "strutturale", non riguarda cioè solo le due carceri in questione bensì tutto il sistema penitenziario del nostro Paese.
Le carceri di Busto Arsizio e Piacenza, in grado di accogliere un massimo di 178 detenuti e che sono arrivate ad ospitarne sino a 415, sono solo due degli esempi di una realtà diffusa lungo tutto il territorio nazionale. Come rivelano i dati contenuti nel nono rapporto nazionale sulle condizioni di detenzione, pubblicato dall'associazione Antigone, secondo il quale l'Italia è il Paese con le carceri più affollate d'Europa. Ci sono, infatti, 140 detenuti ogni cento posti letto con un tasso di sovraffollamento pari al 142,5%. Una media nettamente superiore a quella degli altri paesi in Europa che raggiunge il 99,6%.
Al Consiglio d'Europa che suggeriva all'Italia di prendere in considerazione misure alternative alla detenzione, il nuovo Vittorio Emanuele III, Giorgio Napolitano, ipocritamente rispondeva che la sentenza è la "mortificante conferma della incapacità del nostro Stato a garantire i diritti elementari dei reclusi in attesa di giudizio e in esecuzione di pena", ammettendo che, alla vigilia dello scioglimento delle Camere, il Parlamento italiano ha praticamente liquidato la questione, senza assumere alcuna decisione.
Eppure la soluzione alle gravissime carenze di cui soffre il sistema carcerario italiano appare chiara, se si analizzano i dati relativi ai reati che producono i maggiori flussi di ingressi in carcere, la durata della pena da scontare e le nazionalità più rappresentate negli istituti penitenziari.
Infatti, tra i reati maggiormente diffusi si trova quello relativo alla violazione della legge sulle droghe per il quale è stato condannato un numero elevatissimo di persone (38,4%).
Inoltre, nonostante si sia proceduto a modificare il Decreto legislativo n. 286/1998 (che prevedeva la detenzione dei migranti in caso di mancata ottemperanza all'ordine del questore di allontanarsi dal territorio italiano), la percentuale degli stranieri detenuti è rimasta sostanzialmente uguale a quella del 2010. Infatti il 35% dei carcerati in Italia è rappresentato da migranti, la stragrande maggioranza dei quali si trova a scontare una pena a causa dei reati previsti dal Testo Unico sugli stupefacenti.
Sempre stando al bilancio stilato da Antigone, tra i detenuti che al 30 giugno 2012 avevano almeno una condanna definitiva, il 26,5% aveva un residuo pena inferiore ad un anno, il 46,6% inferiore ai due anni mentre il 60,8% inferiore ai tre anni.
La lettura che alcuni politicanti borghesi fanno di questi sconcertanti dati, e della situazione di invivibilità nella quale sono costretti a vivere i detenuti nelle carceri italiane, è totalmente errata. Il forcaiolo Di Pietro, ad esempio, afferma che "bisogna costruire più carceri per tenere dentro i delinquenti e per evitare di metterli fuori ogni due anni". Ma da dove si dovrebbero prendere i fondi per costruire altri istituti penitenziari?
Per il PMLI, invece, le carceri vanno comunque abolite in quanto in regime capitalistico la detenzione ha un carattere unicamente punitivo e non correttivo e rieducativo. Come da sempre ripete il PMLI, occorrono provvedimenti urgenti e adeguati per migliorare l'agibilità degli immobili e delle strutture carcerarie, le condizioni di vita, di alloggio, di vitto e di salute delle detenute e dei detenuti e favorire tutte quelle attività volte al loro recupero sociale.
Intanto urge l'amnistia. Bisogna cioè avviare un'azione normativa che faccia uscire dal carcere i tossicodipendenti e i detenuti reclusi per reati minori con pene fino a quattro anni, attraverso un provvedimento di amnistia che permetterebbe alle carceri italiane di tornare nella legalità contabile e costituzionale borghese.

16 gennaio 2013