Con un articolo dell'anarchico palermitano Fulvio Abbate
"L'UNITA''' RICORRE AL SARCASMO, INCAPACE DI MISURARSI COL PMLI
Ci sono diversi metodi per i mass-media borghesi di trattare il PMLI e il suo organo di stampa: il primo, come ben sappiamo, è quello del silenzio, il sistematico black-out sulle nostre iniziative e prese di posizione, ed è il più praticato in assoluto. Il secondo è la calunnia, generalmente attraverso accuse più o meno larvate di contiguità col terrorismo, di cui abbiamo un esempio recente quello di Forza Italia ai danni del Comitato provinciale di Firenze del PMLI. è il metodo usato tipicamente dai pennivendoli di regime, neofascisti o rinnegati che siano. Il terzo, più raro, ma non meno malevolo e velenoso, è il sarcasmo. è il metodo generalmente usato dai pennivendoli borghesi meno rozzi e più "raffinati'', o più esattamente che vorrebbero passare per tali, esibendo verso il nostro Partito una superiorità e un disprezzo intellettuale che secondo loro dovrebbe bastare a ridicolizzarci e distruggerci senza neanche bisogno di abbassarsi a entrare nel merito e a confrontarsi con le nostre posizioni. Fulvio Abbate è uno di questi.
Chi è Fulvio Abbate? è un Carneade palermitano che vive a Roma, anarchico per sua stessa e orgogliosa definizione, e che tra le innumerevoli attività che riempiono la sua poliedrica esistenza (di giornalista, romanziere, critico d'arte, commediografo, radiodrammista, conduttore televisivo e radiofonico, collezionista e perfino attore) vanta anche quella di commentatore de "l'Unità'' dove cura una rubrica, "Sagome'', in cui ha trovato di recente anche il tempo di occuparsi di noi, esattamente il 16 ottobre scorso. Nel senso appunto che abbiamo detto sopra.
Prendendo di mira "Il Bolscevico'', e segnatamente il numero dedicato alla commemorazione di Mao del 15 settembre scorso, egli ironizza su tutta una serie di particolari, trovandoli, non si sa perché, estremamente buffi, a cominciare dal titolo di apertura ("Applichiamo gli insegnamenti di Mao per buttare giù il neoduce Berlusconi, combattere il regime neofascista e costruire un grande, forte e radicato PMLI''), le foto della manifestazione e le relative didascalie, ecc. Particolarmente sarcastico il tono con cui descrive il tavolo della presidenza: "Tutti in camicia rossa, distintivo, pugno alzato, sorrisi fiduciosi, barbe curate, età varie''.
Se la prende poi, e certo non a caso, con il servizio sulla manifestazione di Roma del 14 settembre, e in particolare con la critica al trotzkista Moretti, per proseguire sempre in chiave ironica con le parole d'ordine del Partito per lo sciopero generale della CGIL del 18 ottobre e concludere con un attacco a Stalin e a noi stalinisti, che lo siamo "così tanto da pubblicare a puntate un suo scritto del 1952 sui `Problemi economici del socialismo nell'URSS'''.
Che Abbate, il quale si professa anarchico e "libertario assoluto'', cultore della storia della guerra civile spagnola vista con gli occhiali anarchici, veda Stalin come il fumo negli occhi, possiamo anche capirlo. Basta rifarsi per esempio a un suo scritto del 1977 per "l'Unità'' in cui chiedeva di "mettere un po' di anarchia nella sinistra'': "Posso capire - sosteneva allora - che all'interno del centralismo leninista, la voce dei libertari non trovasse alcuna attenzione, ma adesso che di Lenin e di Stalin restano soltanto i rottami tragici di una storia, per quanto generosa, comunque inaccettabile, cosa impedisce alla sinistra di fare ritorno, sia pure in termini di nuova riflessione, al proprio pensiero originario, al primo giorno della sua venuta al mondo''?
Ma perché pretendere di liquidare in modo tanto sbrigativo quanto spocchioso un tema politico così cruciale e denso di implicazioni come quello suggerito dal titolo della commemorazione di Mao? Non gli va bene Mao, non gli va bene il PMLI? D'accordo. Ma il regime neofascista? E il neoduce Berlusconi? Se evita di entrare in merito e dirci qual è la sua posizione, anzi ironizza sull'indicazione di combattere il primo e buttare giù il secondo, allora siamo autorizzati a pensare che evidentemente gli vanno bene così. Da come ne parla si capisce che Abbate non si è nemmeno degnato di leggere il contenuto de "Il Bolscevico'' oggetto della sua gratuita ironia. Gli basta e avanza aver letto i titoli e guardato le foto per pretendere di liquidarci con una stolta risata.
Lo stesso dicasi per il disprezzo ostentato verso i simboli classici dei marxisti-leninisti: il rosso, i distintivi, i pugni alzati ecc., cosiccome verso le parole d'ordine sindacali e politiche del Partito. è evidente che ciò nasconde un'avversione profonda e più generale verso tutto ciò che ha a che vedere con la storia e le tradizioni del movimento operaio e della sua lotta per il socialismo. Che è l'avversione tipica di un borghese di "sinistra'', ben pasciuto e comodamente inserito nel sistema, che mette il suo individualismo e la propria "libertà'' personale al di sopra di tutto, e che si permette pure il lusso di atteggiarsi a "ribelle antisistema''. Alla Michele Serra, per intendersi.
Salvo poi schizzare veleno anticomunista, come e forse peggio di certi suoi più rozzi colleghi pennivendoli di regime, quando si trova di fronte a un Partito, come il PMLI, che conduce una vera e coerente lotta per abbattere quel regime capitalista e neofascista in cui sguazzano invece volentieri certi opportunisti come Abbate.

23 ottobre 2002