L'Organizzazione di Aberdeen del PMLI studia proficuamente lo scritto di Scuderi "Dove porta la bandiera di Guevara?"

Dal corrispondente dell'Organizzazione di Aberdeen (Scozia) del PMLI
Sabato 25 novembre, l'Organizzazione di Aberdeen del PMLI assieme ai suoi simpatizzanti si è riunita per concretizzare lo studio dell'opuscolo "Dove porta la bandiera di Guevara?", scritto dal Segretario generale del PMLI, compagno Giovanni Scuderi. L'opuscolo è stato letto attentamente e discusso dalle compagne e dai compagni, allo scopo di approfondire il ruolo, le gesta e l'apporto che il guerrigliero argentino ha dato al popolo cubano e alla lotta antimperialista. Qui di seguito riportiamo le nostre considerazioni, auspicando che possano essere utili alle ragazze e ai ragazzi rivoluzionari che considerano Guevara un mito, senza studiarne l'opera.

Il personaggio
Nel documento apparso su "Il Bolscevico" n. 36 del 12 ottobre 1995, il compagno Giovanni Scuderi scriveva: "Per noi marxisti-leninisti è chiaro come il sole che il pensiero, l'opera, la vita e la figura di Ernesto Guevara, detto il Che, non hanno nulla a che spartire col marxismo-leninismo-pensiero di Mao, con la rivoluzione socialista e col socialismo". Questa verità, acquisita e compresa dai marxisti-leninisti, non è ancora ben chiara purtroppo a molti giovani e giovanissimi che nelle piazze italiane e in varie parti del globo, indossano orgogliosi magliette con l'immagine iconizzata del guerrigliero argentino e lanciano slogan che richiamano agli anni della rivoluzione cubana e alle imprese di Guevara nei paesi latino americani e in Africa. Nel corso degli anni la figura di Guevara è diventata simbolo di rivoluzionario romantico che lotta per l'emancipazione dall'imperialismo, che si sacrifica per liberare altri popoli dal giogo dell'oppressore e, sopratutto, è divenuto simbolo e bandiera del giovane anticonformista che si batte per cambiare una società corrotta.
Per capire realmente, chi era Guevara, che significato ha rivestito e quali contributi ha apportato nel contesto Latino Americano dalla fine degli anni '50 sino alla sua morte avvenuta in Bolivia nell'ottobre del 1967, bisogna collocare la sua figura all'interno del contesto storico in cui è vissuto poiché solo così si può avere un'idea oggettiva e coerente del giovane guerrigliero argentino ed evitare di idealizzare le sue gesta e di cadere nell'esaltazione metafisica e idealistica della sua personalità.
Il compagno Scuderi ha affrontato questo argomento in molteplici occasioni, analizzando scientificamente il ruolo di Guevara e il reale apporto di questi alla causa rivoluzionaria. Alcune delle sue illuminanti riflessioni sono raccolte nell'opuscolo "Dove porta la bandiera di Guevara?". Tutti i giovani rivoluzionari, sinceri comunisti e progressisti gioverebbero di questa lettura. Si tratta di un'analisi scientifica e materialistica che affronta le varie tappe della vita del Che, dalla sua formazione all'avvento della rivoluzione cubana, alla costruzione del socialismo a Cuba e alle imprese dell'argentino in Bolivia e in Congo. A pagina 4 dell'opuscolo leggiamo: "Rispetto a Guevara, come del resto a qualsiasi personaggio storico, bisogna avere un atteggiamento scientifico e materialistico, non inficiato da idealismo e misticismo, men che mai da sentimentalismo vissuto come 'passione durevole', secondo una parola d'ordine del PRC. Bisogna sempre analizzare la realtà con una visione di classe, attenersi ai fatti, fare un bilancio critico e autocritico dell'operato confrontandolo con l'esperienza storica e rivoluzionaria del movimento operaio internazionale e tenendo presente gli insegnamenti del marxismo-leninismo-pensiero di Mao". Atteniamoci dunque ai fatti storici, studiandoli però in chiave materialistica e di classe, per liberarci dalle idee errate che ci confondono e ci impediscono di comprendere pienamente quali gli esempi da seguire e quali i miti che bisogna liquidare. Nel suo opuscolo Scuderi cita Mao: "Noi non crediamo a niente altro se non alla scienza, ciò significa che non bisogna avere miti. Sia per i cinesi che per gli stranieri, si tratta di vivi o morti, ciò che è giusto è giusto, ciò che è sbagliato è sbagliato, altrimenti si ha il mito. Bisogna liquidare i miti".
 
La formazione
Ernesto Guevara, nato il 14 giugno 1928 a Rosario, in Argentina, ha vissuto la sua giovinezza in un contesto economico e sociale ben lontano da quello che si possa pensare. Infatti la sua famiglia, di estrazione borghese e di idee liberali e anticlericali, aveva convertito la propria dimora in una sorta di salotto intellettuale borghese frequentato da esponenti d partiti "comunisti" sudamericani dell'epoca e da "illustri" personaggi spagnoli scampati alla guerra civile, tra i quali i figli di Juan Gonzalez Aguilar, ministro della sanità della Repubblica spagnola. Ernesto Guevara, ha intrapreso gli studi di medicina presso la facoltosa università di Buenos Aires, interrompendo gli studi in varie occasioni per intraprendere viaggi in varie località dell'America Latina. Il viaggio più lungo e largamente documentato e pubblicizzato è senza dubbio quello intrapreso in compagnia dell'amico biochimico, Alberto Granado nel 1951. Gli appunti di viaggio del giovane argentino, pubblicati in seguito, sono chiara manifestazione dell'avventurismo, idealismo ed individualismo di cui Guevara era impregnato e dei quali non si libererà mai. Non ancora laureato, Guevara intraprende il viaggio in motocicletta che toccherà Perù, Colombia, Venezuela e Stati Uniti. Durante il viaggio i due amici, patiscono fame, freddo, sono costretti a elemosinare passaggi per recarsi da un luogo ad un altro e la notte si muovono a piedi per scacciare il freddo che li attanaglia. Allo stesso tempo in varie occasioni riescono a usufruire di passaggi, cibo, ospitalità, grazie al facoltoso status di medico e di intellettuali borghesi. Guevara, agisce un po' come un personaggio boemo, innamorato dell'idea di povertà, avventurismo, rischio e anticonformismo. Le difficoltà incontrate durante il viaggio erano oggettive ma lo stesso non si può dire delle circostanze che sono state ricercate e volute dal giovane Guevara. Egli a differenza dei lavoratori e dei popoli indigeni incontrati durante il viaggio nelle varie località visitate, sottoposti a indicibile sfruttamento e costretti a vivere in condizioni di estrema miseria, il giovane argentino aveva sempre la possibilità di ritornare all'agiata vita in Argentina. In Perù, Guevara in occasione del suo ventiquattresimo compleanno, pronuncia il suo primo discorso politico, nel quale fa riferimento alla necessità di liberarsi dal "provincialismo" e brindare ad un futura unità dell'America Latina. Quest'idea verrà ribadita in seguito in vari scritti di Guevara, nei quali esprime la sua concezione della rivoluzione permanente di stampo trotzkista.
 
La rivoluzione cubana
Occorre spendere due parole circa il contesto all'interno del quale la rivoluzione cubana ha avuto luogo. In prima analisi, il sistema politico cubano era caratterizzato da una profonda e dilagante corruzione che unita al fallimento dei due governi socialdemocratici, aveva portato al potere il dittatore filo-americano Fulgencio Batista. Cuba inoltre, sebbene formalmente indipendente dal 1898, sino alla presa di potere di Castro, era sotto il protettorato statunitense che possedeva il quasi totale controllo finanziario ed economico sull'isola. La combinazione di questi due fattori, la corruzione dilagante nel sistema politico cubano e il sentimento di nazionalismo frustrato dall'egemonia imperialista USA, ha creato le condizioni per la nascita di vari gruppi movimentisti, tra i quali il Movimento 26 Luglio, capeggiato da Fidel Castro, e il cui nome fa riferimento al fallimentare attacco alla caserma Moncada a Santiago nel 1953. L'amministrazione Eisenhower, non prese provvedimenti attivi per fermare il gruppo di guerriglieri, poiché questo si presentava come un movimento di liberazione nazionale; Castro, alla vigilia della rivoluzione, aveva esplicitamente affermato che non si trattava di una rivoluzione socialista. Anche in mancanza della suddetta precisazione, che non si sia trattato di una rivoluzione socialista è ben chiaro e sotto gli occhi di tutti. In primo luogo, che ruolo hanno rivestito le masse nel periodo antecedente la rivoluzione, durante la presa di potere ed il suo consolidamento? Leggendo pagina nove dell'opuscolo "Dove porta la bandiera di Guevara?" leggiamo: "Una rivoluzione iniziata senza una strategia, una tattica e un programma ben precisi e delineati, caratterizzata dallo spontaneismo e dal volontarismo, basata esclusivamente sulla volontà rivoluzionaria, sulle capacità militari e guerrigliere e sull'eroismo individuale di una pattuglia di 82 uomini; una rivoluzione comunque non pensata, organizzata e programmata come una tappa della rivoluzione socialista". Cosa ha portato dunque Castro ad affermarne improvvisamente, nell'aprile del 1961, il carattere socialista? In primo luogo, dobbiamo considerare il fatto che le relazioni Cuba-USA, si erano deteriorate già a pochi mesi dalla vittoria della rivoluzione, quando Castro intraprese varie riforme di nazionalizzazione, con in testa la nazionalizzazione dell'industria che privava le imprese statunitensi della proprietà delle innumerevoli raffinerie di zucchero nell'isola; con la riforma agraria che espropriava i latifondi e riuniva in cooperative le piccole aziende. Erano in ballo dunque gli interessi economici della potenza imperialista. Se poi guardiamo al contesto internazionale, in quegli anni del post-guerra fredda, l'URSS socialimperialista di Kruscev e i famelici Stati Uniti imperialisti, facevano a gara per primeggiare l'uno sull'altro. Si può ben capire quale fosse il timore della Casa Bianca in quegli anni, non poteva assolutamente permettere che Cuba, praticamente a soli 144 chilometri di distanza, stringesse rapporti di amicizia con il suo più grande rivale imperialista. Il traditore Kruscev, dal canto suo, dopo la morte del maestro del proletariato internazionale Stalin, aveva avviato relazioni internazionali che aveva nominato per una "coesistenza pacifica". In realtà, aveva nel suo mirino mire espansionistiche e socialimperialiste e sperava di ottenere congrui risultati in occasione del meeting al Camp David, con il presidente USA. Dunque inizialmente non si espose circa la questione cubana. Solo dopo che le aspettative per la questione di Berlino, non andarono in porto si offrì di "aiutare" Cuba, schiacciata economicamente dal primo embargo imposto da Washington nell'Ottobre del 1960. Inoltre, in varie occasioni, gli Stati Uniti e le sue agenzie terroriste, quali la CIA, avevano tentato di disfarsi di Castro, ad esempio nel noto sbarco nella Baia dei Porci nel gennaio 1961. Le condizioni storiche e gli interessi dei vertici cubano e sovietico, portarono le due potenze a stringere rapporti di "amicizia". Sono innumerevoli, i trattati, i patti, le visite, che hanno avuto luogo tra i vertici delle due superpotenze dal 1960 sino alla dissoluzione dell'Unione Sovietica socialimperialista. Un trentennio di cospicui aiuti economici, invio di armi e un sicuro partner con il quale avviare scambi commerciali. Si potrebbe pensare che Castro, nell'aprile del 1961, avesse ben altri fini in mente al momento di dichiarare il carattere socialista della rivoluzione. Ma che ruolo ha rivestito Guevara in tutto ciò?
 
Guevara negli anni post-rivoluzione e la sua concezione del mondo
Guevara, nel periodo successivo alla presa di potere di Castro, ha svolto vari compiti di primaria importanza a Cuba, nel campo delle relazioni estere, militare e sul fronte economico. Scuderi a pagina 31 dell'opuscolo scrive: "(Guevara) anche in questa fase, continua a essere la spalla di Castro. Ne riconosce apertamente l'autorità e la direzione. Ne condivide la politica interna ed estera. Appoggia tutte le sue decisioni, inclusi l'alleanza subalterna prima con Kruscev, il restauratore del capitalismo in Urss, e poi con Breznev, l'installazione avventuristica dei missili sovietici a Cuba e la rottura con la Cina di Mao". La Cina, del maestro del proletariato internazionale Mao, era l'unica voce che in quegli anni si alzava per smascherare l'URSS socialimperialista di Krushev e a difendere risolutamente il marxismo-leninismo nella lotta contro il revisionismo moderno. Leggiamo a pagina 20 dell'opuscolo scritto da Scuderi: "Nonostante (Guevara) si fosse incontrato a Pechino con Mao nel novembre 1960 e che avesse visto con i propri occhi i preparativi, e poi l'esplosione, della Grande rivoluzione culturale proletaria in Cina, egli rimane completamente sordo a ogni richiamo proletario rivoluzionario e alla necessità della lotta contro il revisionismo moderno, senza la quale è impossibile combattere il capitalismo e l'imperialismo, fare, sviluppare e vincere la rivoluzione". Infatti Guevara, che in varie occasioni ha affermato di aver letto le opere dei maestri del proletariato internazionale, non ha mai compreso le caratteristiche particolari storiche della rivoluzione cubana e che se applicate in altri paesi, come dimostrano i casi di Congo e Bolivia, risultano in imprese avventuristiche fallimentari. Scuderi scrive: "Guevara aveva una concezione trotzkista della rivoluzione, del tutto simile alla famigerata teoria della 'rivoluzione permanente', già denunciata e smascherata da Lenin e Stalin. A suo dire la rivoluzione deve essere fatta contemporaneamente in tutti o in più paesi, deve avere subito un carattere socialista e può essere esportata". In occasione delle due avventure trotzkiste Guevara, estraneo al popolo e ai rivoluzionari del luogo, fallisce clamorosamente la missione, nelle sue parole: "Durante quelle ultime ore di permanenza in Congo mi sono sentito solo come mai prima, né a Cuba né in nessun altro luogo dove mi avesse condotto il mio peregrinare.(...) Ho imparato molto in Congo. Ci sono stati errori che non commetterò più, forse altri ne ripeterò o ne commetterò di nuovi. Ne sono uscito con più fede che mai nella lotta guerrigliera, ma abbiamo fallito. La mia responsabilità è grande; non dimenticherò questa sconfitta né i suoi preziosi insegnamenti". Purtroppo Guevara, dopo soli due anni, sarebbe caduto nel medesimo errore in Bolivia, luogo in cui troverà la morte. Egli era staccato dalle masse, è accompagnato in Bolivia da soli 38 uomini che peraltro vengono guardati con diffidenza dai contadini boliviani. Come rileva Mao, citato da Scuderi a pagina 41: "La guerra rivoluzionaria è la guerra delle masse ed è possibile condurla solo mobilitando le masse e facendo affidamento su di esse". Continua: "Il popolo, e solo il popolo, è la forza motrice che crea la storia del mondo". E: "I veri eroi sono le masse, mentre noi siamo spesso infantili e ridicoli; se non comprendiamo questo è impossibile acquistare una conoscenza sia pure rudimentale".
 
La teoria dell'"uomo nuovo"
"Il Socialismo e l'Uomo a Cuba", scritto nel 1965 è un documento emblematico in quanto nero su bianco mostra il posto subalterno della classe operaia e del partito della classe operaia, all'interno della sua concezione del mondo che non si è mai epurata dall'ideologia borghese. Nel suo scritto, infatti, parla di "uomo nuovo", di "avanguardia guerrigliera". Eclatante, invece, la sua concezione umanistica del mondo, secondo la quale: "Ogni giovane comunista deve essere profondamente umano, così umano da rasentare la perfezione, elevare l'uomo mediante il lavoro, lo studio, l'esercizio della solidarietà continua con il proprio popolo e con tutti i popoli del mondo; sviluppare al massimo la propria sensibilità fino a sentirsi angosciato quando un uomo viene assassinato in qualsiasi angolo del mondo". Come scrive Scuderi a pagina 24 dell'opuscolo: "Guevara parlando dell'uomo, secondo schemi umanitari borghesi, idealistici e non materialistici, in realtà parlava dei problemi dei piccoli borghesi e alludeva alle libertà democratico borghesi che voleva esistessero nel socialismo. Egli dimostra di avere più confidenza con i problemi esistenziali, che con quelli della classe operaia, di cui ignora completamente le caratteristiche, il ruolo, le funzioni e i compiti". Guevara non riconosce l'importanza del ruolo del partito, in quanto avanguardia organizzata del proletariato, bensì esalta l'individuo, il guerrigliero e afferma che per l'appunto le "personalità" possono adempiere alle funzioni del partito del proletariato.

Seguiamo la via dell'Ottobre
Riprendendo la frase di Mao circa la necessità di "liquidare i miti", possiamo concludere la nostra analisi inerente Guevara e la sua concezione del mondo con una serie di riflessioni. In primo luogo, la rivoluzione cubana verrà sempre ricordata in quanto ha apportato un contributo non indifferente all'esperienza storica della guerra di liberazione nazionale, sottraendola all'influenza imperialista nell'isola e liberandola dal dittatore corrotto filo-americano, Fulgencio Batista. Bisogna però, se ci atteniamo alla scienza, e valutiamo dunque scientificamente ciò che è stato in quegli anni, considerando ciò che è giusto e ciò che è invece sbagliato, non possiamo non denunciare l'individualismo, il trotzkismo, l'idealismo, l'umanitarismo, l'avventurismo del guerrigliero argentino. Non a caso, la pubblicizzazione e l'immensa propaganda della sua persona, avvenuta dopo la sua morte, ricordano un po', la figura di un martire che si è immolato per la causa. Come scrive Scuderi a pagina 4: "La sua morte (Guevara) non a caso tanto pubblicizzata dai trotzkisti e dai neorevisionisti per colpire l'immaginazione e i sentimenti dei giovani rivoluzionari in modo da far passare in secondo piano le questioni politiche ed ideologiche".
Non a caso, noi marxisti-leninisti, seguiamo la via tracciata dall'Ottobre rosso del 1917 e dal fulgido esempio rivoluzionario dei cinque maestri del proletariato internazionale, i quali hanno dedicato la vita intera per la causa socialista e hanno apportato contributi immensi sul piano teorico, politico e pratico al marxismo-leninismo-pensiero di Mao, riuscendo così ad emancipare il proletariato (nei rispettivi paesi) e a liberarlo dal giogo della borghesia e del capitalismo iniquo e oppressore, essi rimarranno sempre nel cuore e nella mente del PMLI e del proletariato italiano e dei marxisti-leninisti di tutto il mondo.

7 dicembre 2011