Con la benedizione di Passera che avalla l'intesa avviata da Matteoli
Accordo tra Italia e Francia per la Torino-Lione
Uno spreco di denaro pubblico per una tratta ferroviaria inutile e dannosa
 

"Sulla Torino-Lione confermiamo il pieno rispetto del tracciato e del cronoprogramma". Ai primi di dicembre, con queste tracotanti parole, il ministro per le infrastrutture del governo Monti, l'ex-banchiere Corrado Passera, annunciava la conferma dell'intesa italo-francese per lo sventramento della Val di Susa, già avviata dal ministro del governo del neoduce Berlusconi, Altero Matteoli.
Perfezionata a Roma il 19 dicembre scorso, nel corso di una conferenza inter-governativa, il nuovo accordo tra Monti e Sarkozy, prevede la nascita di una nuova società mista italo-francese, con sede legale a Chambery e sede operativa a Torino. Roma potrà scegliere l'amministratore delegato e il direttore finanziario e amministrativo. Parigi nominerà il presidente della Commissione dei contratti e il presidente del Servizio di controllo.
Del Cda farà parte anche il liberal-democratico olandese, attuale coordinatore per la politica europea dei trasporti ferroviari, Jan Brinkhorst, il vero mediatore politico dell'accordo. Il tecnocrate, guarda caso, è membro del gruppo "Bildeberg", una sorta di cupola "massonica" della grande finanza europea e internazionale, che appoggia il governo italiano e da anni era pronta a mettere le mani su di un'opera faraonica, come la Torino-Lione, il cui costo complessivo ufficiale è di 8,2 miliardi di euro in dieci anni (almeno 2,7 a carico dell'Italia), ma c'è chi parla di 20, addirittura 40 miliardi di euro. Per ora non è stato reso noto ancora il nome del "General Contractor", ossia la piovra del cemento che succhierà nella prima fase il denaro pubblico né quello delle grandi banche (italiane o francesi) "garanti".
Quel che è stato rivelato, invece, è che già a febbraio dovranno iniziare i lavori. Anzi, per anticipare i tempi la neonata società avrebbe già affidato, senza gara, alla Cmc di Ravenna, capofila di un raggruppamento di imprese (e "vicina" al leader del PD Bersani): "il compito di realizzare lo scavo del cunicolo esplorativo (lo chiamano geognostico) della Maddalena a Chiomonte che sarà lungo 7.541 metri, con un diametro di 6,30 metri".
I lavori, per la costruzione del primo tunnel vero e proprio, della lunghezza di ben 57 chilometri, e con due stazioni internazionali a Susa e a S.J. De Maurienne, dovrebbero partire invece tra la fine del 2012 e l'inizio del 2013: "saranno impiegati 100 operatori, per un importo complessivo di 93 milioni di euro e dovrebbero terminare in circa 50 mesi".

Si allargano e si intensificano le proteste
I manifestanti, che da più di vent'anni si battono "affinché si fermi un'opera folle, inutile e devastante, dannosa per la salute e dai costi insostenibili che ricadranno sulle spalle delle generazioni future", sono ovviamente infuriati e disgustati soprattutto con le cosche parlamentari: "Una trasversalità così ottusa e così incapace di provare ad ascoltare le ragioni e di valutare un'opera in base alla propria utilità - afferma un comunicato del "comitato No Tav" - asseconda il dubbio che l'elemento decisionale sia una serie di interessi trasversali, comuni a tutto l'arco istituzionale: ossia la contiguità tra politica e affari. Come giustificare altrimenti tanta pervicacia, in un momento in cui ci sarebbero tutt'altre priorità ineludibili?".
Per spezzare il ferreo black-out dei mass-media del regime neofascista, continua quindi il duro lavoro di tenere alta e di allargare la mobilitazione popolare. Mille, fantasiose e combattive, le forme di lotta, per spiegare le loro sacrosante ragioni a strati sempre più vasti dell'opinione pubblica nazionale.
Il governo Monti, sostengono i valsusini, esattamente come i precedenti esecutivi, afferma che il corridoio dell'Alta velocità dovrebbe intercettare il traffico di merci che da Kiev andrà verso Lisbona, ma sono ormai decine i dossier che rivelano quanto l'opera sia inutile e dannosa, anche solo dal punto di vista strettamente economico-commerciale. Le ragioni elencate sono le seguenti: 1) l'attuale rete ferroviaria è utilizzata al 30 per cento delle sue potenzialità, nonostante sia stata di recente ammodernata per il passaggio dei convogli più grossi nel traforo del Frejus; 2) lo stesso interporto di Orbassano è utilizzato a meno del 50 per cento delle sue potenzialità, per il calo progressivo del traffico merci; 3) il collegamento diretto Torino-Lione esisteva già, ma è stato cancellato proprio per mancanza di passeggeri; 4) il grosso del traffico merci viaggi sulla tratta Genova-Rotterdam.
Quindi, ribadiscono ancora una volta: "se si dice che le stime iniziali (risalenti al 1991) prevedevano un traffico di 2 milioni di passeggeri all'anno, non si può non vedere che sono scesi a meno di 700 mila, con un trend decisamente negativo di anno in anno e lo stesso discorso vale per le merci", come testimoniato da una recente puntata del programma Report che ha documentato il passaggio di treni merci costantemente vuoti attraverso i valichi già esistenti. C'è poi il discorso del micidiale e irreparabile impatto ambientale del cemento e dei rifiuti sull'intero ecosistema della valle, a cui si aggiunge la certezza che, per la mancanza di un piano finanziario trasparente ed affidabile per l'intera opera, la realizzazione avrebbe tempi incerti e lunghissimi: "se si pensa alla situazione socio-economica nella quale ci troviamo quest'opera appare ancora più incomprensibile: con un chilometro di Tav si aggiustano le scuole, si fanno gli asili, si danno i servizi che servono alle donne e si fanno politiche di promozione occupazionale". La conclusione è condivisa: "Non ci fermeremo neanche davanti a Passera e Monti, staremo qui a denunciare un sopruso contro gli abitanti della Val di Susa e tutti gli italiani, continueremo a denunciare gli interessi parassitari di banche, 'coop rosse' e aziende di costruzioni che si nasconde dietro alla militarizzazione della loro terra".

La Tav aggraverà il debito pubblico
Chi la dura la vince, si dice. Persino numerosi professori ed economisti borghesi stanno cominciando a contestare questa "devastante opera". Per Ivan Cicconi, autore del "Libro nero dell'alta velocità", "l'accordo italo-francese aggraverà se realizzato, il debito pubblico italiano e francese che è nascosto nei bilanci di società di diritto privato ma è garantito dallo Stato". Per questo, aggiunge, occorrerebbe battersi "per una revisione seria del programma TEN-T (reti trans-europee)" anche "per evitare di prosciugare nei prossimi venti anni le esauste casse della UE lasciando senza risorse il riordino della logistica, il decongestionamento delle aree metropolitane e la riconversione modale". "Come è possibile - si chiede il cattedratico - che un paese come l'Italia, sull'orlo della bancarotta, firmi con disinvoltura accordi bilaterali per la realizzazione di tunnel, ponti, piattaforme", senza tenere conto del fatto che per le Grandi Opere del triennio 2007-2010 (mondiali di nuoto di Roma, G8 alla Maddalena, 150 anni dell'Unità d'Italia), il maggior costo sostenuto dalle casse pubbliche è stato calcolato in 259 milioni, 895 mila 849 euro, ossia oltre il 40% dell'importo iniziale con cui i lavori furono aggiudicati. 
"Per avere un'idea - spiega - con quel denaro sarebbe possibile realizzare la messa in sicurezza di un patrimonio archeologico dell'umanità come Pompei, ricostruire gli ospedali nell'Abruzzo del dopo-terremoto".
"I numeri che illustrano il dettaglio dei singoli appalti - si legge ancora in questo libro - segnalano la scientificità nel calcolo del ricarico imposto dal Sistema, ma anche la crescita esponenziale di quella percentuale. Ai tempi di tangentopoli il dazio sulle grandi opere oscillava tra il 10 e il 20 per cento. In quindici anni, è raddoppiato. Anche perché la catena alimentare che deve sfamare si è allungata: politici, funzionari pubblici, professionisti".
Perché allora non dirlo forte e chiaro: la "borghesia mafiosa", non è altro che la cinghia di trasmissione degli interessi di profitto dei grandi potentati economici e finanziari (l'alta borghesia), di cui il governo del tecnocrate ultraliberista Monti è allo stesso tempo marionetta e mentore.

Solidarietà ai lavoratori licenziati da Trenitalia
I No Tav stanno denunciando questa situazione intollerabile e insostenibile che calpesta la volontà popolare con la militarizzazione dei territori, i favori alle mafie nazionali ed internazionali a cui fanno da contraltare i licenziamenti, la torchiatura e l'affamamento spietato delle masse popolari.
Per questo, insieme con il movimento studentesco, non hanno fatto mancare la loro solidarietà ai lavoratori licenziati che sono da settimane sulle gru alla stazione di Milano ed in altre città, unendo la loro voce alla loro protesta per la scellerata decisione di Trenitalia di cancellare i Treni-notte. Una decisione che sta spaccando in due il Paese, rendendo difficilissimi gli spostamenti da Sud a Nord (e viceversa), e trasformando in una odissea e in un salasso, i viaggi di migliaia di studenti e pendolari calabresi, pugliesi e siciliani.
L'unità di lotta per i "NO Tav" è stata anche l'occasione per denunciare "la farsa del nuovo orario ferroviario in vigore dal 10 dicembre che, pur aumentando senza alcun criterio funzionale agli utenti il numero dei treni in valle di Susa, li piazza spesso in orari inutili, tanto per giustificare l'aumento delle cosiddette 'tracce' sulla attuale linea, riducendo contemporaneamente il numero di vagoni per treni. Tutto questo con grave danno per i pendolari".

11 gennaio 2012