Addio istruzione pubblica
La controriforma dell'Università della Gelmini meritocratica e manageriale estromette i figli della classe operaia e delle masse

Larga presenza di privati nei Cda. Ricercatori sotto ricatto e a tempo determinato. I rappresentanti degli studenti in assoluta minoranza e privi di potere decisionale
Gli studenti non ci stanno e scendono in lotta

Nonostante le grandi mobilitazioni degli studenti e dei lavoratori, il governo del neoduce Berlusconi va avanti come un carro-armato: sulle macerie dell'istruzione pubblica vuol procedere alla completa instaurazione della scuola e dell'università classiste, aziendaliste e meritocratiche di stampo mussoliniano per servire la costruenda terza repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista, interventista, razzista e xenofoba. L'ennesima controriforma dell'università approvata il 27 ottobre dal Consiglio dei ministri, e su cui probabilmente il governo imporrà il "voto di fiducia", punta decisamente in questa direzione sulle orme del "piano di rinascita" della P2 di Gelli.
In apertura si ribadisce 1) che le Università sono "autonome" (art.1 comma1) nel rispetto del Titolo V della seconda parte della Costituzione, che ha introdotto il federalismo (art.1 comma 2); 2) che gli studenti e le università sono giudicati in base al principio della "meritocrazia" (art.1 commi 3 e 4).
Nei restanti articoli si chiarisce che il taglio dell'"offerta formativa" e l'aumento delle tasse sono le due lame della forbice che farà a pezzi l'Università così come l'abbiamo conosciuta fino ad oggi. Un piano criminale, non c'è che dire, ben pianificato: prima "si affama la bestia" (legge 133/2008), poi si scatena la "lotta per le briciole" (lo sconto sui tagli per le università "virtuose"), infine si dettano le regole amministrative per "la mutilazione". Risultato? Il sistema di governo degli atenei superstiti verrà asservito agli interessi dei privati - attraverso la controriforma dei consigli di amministrazione, il ruolo degli studenti verrà ulteriormente ridimensionato, per non dire azzerato, e un colpo di accetta verrà sferrato sulla testa dei ricercatori precari e sul diritto allo studio per i figli della classe operaia e delle masse popolari. Con questa mossa maldestra e probabilmente azzardata inoltre il governo ritiene di poter ridurre la spesa pubblica, che è già la più bassa d'Europa, abolire il valore legale dei titoli di studio e lasciare al mercato ed alle lobby massoniche e clericali la libertà di scegliere "i migliori" e più degni servitori della classe dominante borghese in camicia nera.

Gli organi di governo dell'università
Un immenso potere viene concentrato nel Consiglio di amministrazione (Cda) a cui sul modello delle aziende private sono attribuite "funzioni di indirizzo strategico, di approvazione della programmazione finanziaria annuale e triennale e del personale nonché di vigilanza sulla sostenibilità finanziaria delle attività; della competenza a deliberare l'attivazione o la soppressione di corsi e sedi; della competenza ad adottare il regolamento di amministrazione e contabilità, il bilancio di previsione annuale e triennale e il conto consuntivo, da trasmettere al Ministero e al Ministero dell'economia e delle finanze nonché, su proposta del rettore e previo parere del senato accademico per gli aspetti di sua competenza, il documento di programmazione strategica".
La completa privatizzazione degli atenei avverrà con l'ingresso nei Cda di consiglieri esterni all'Ateneo "per almeno il 40% (fissato ad un massimo di 11 unità)" mentre la subordinazione dell'insieme delle attività didattiche e di ricerca agli interessi delle lobby private e del governo è rafforzata dall'instaurazione dei "nuclei di valutazione" composti "da soggetti di elevata qualificazione professionale in prevalenza esterni all'ateneo"(art.2 comma 2L).

Aziendalizzazione
Sempre in tema di "riforma della governance", tanto cara anche ai ministri dei governi della "sinistra" del regime neofascista, viene introdotta la figura del Direttore Generale a cui è affidata la responsabilità complessiva della "gestione e organizzazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale tecnico-amministrativo dell'ateneo (art. 2 comma 2J)" e che è dunque da considerarsi come un vero e proprio "datore di lavoro", ossia un padrone, anche se temporaneo, dell'Ateneo. L'incarico sarà infatti conferito da parte del consiglio di amministrazione, su proposta del Rettore e sarà regolato con "contratto di lavoro a tempo determinato di diritto privato di durata non superiore a quattro anni rinnovabile". Il Rettore sarà scelto tra i soli professori ordinari (i vecchi e nuovi baroni). È insomma il modello di privatizzazione selvaggia della sanità e della scuola che viene esteso all'università.

Tagli e accorpamenti
Gravissimo il capitolo dedicato ai tagli. "Due o più università possono federarsi, anche limitatamente ad alcuni settori di attività o strutture, ovvero fondersi" con conseguente "disattivazione dei corsi di studio universitari, delle facoltà e delle sedi universitarie decentrate" (art.3). "La federazione può avere luogo altresì tra università ed enti o istituzioni operanti nei settori della ricerca e dell'alta formazione". Quindi un'università pubblica, non solo, come previsto anche dal disegno di legge Aprea per la scuola, può diventare Fondazione, ma può fondersi addirittura con un ente privato, con tutto ciò che ne consegue. In questi casi, quando non licenziamenti e prepensionamenti, scatta la "mobilità forzata" del personale della ex-struttura pubblica.
Si tratta con tutta evidenza del grimaldello appena camuffato per attuare la tanto agognata sforbiciata al sistema universitario pubblico e per la quale non a caso il ministero della pubblica distruzione ha previsto una lunga serie di commi, tutti guarda caso riguardanti le procedure di messa in fallimento di facoltà ed atenei, già in corso d'opera per le università del massacrato Mezzogiorno: "previsione della declaratoria di dissesto finanziario nelle ipotesi in cui l'università non può garantire l'assolvimento delle proprie funzioni indispensabili", "nell'ipotesi in cui l'ateneo non può far fronte ai debiti liquidi ed esigibili nei confronti dei terzi e, comunque, quando il disavanzo dell'ateneo risulta superiore al dieci per cento del proprio bilancio" e ancora "disciplina delle conseguenze del dissesto finanziario con previsione dell'inoltro da parte del Ministero di preventiva diffida e sollecitazione a predisporre entro un termine non superiore a centottanta giorni, un piano di rientro finanziario da sottoporre all'approvazione del Ministero, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, e da attuare nel limite massimo di un quinquennio"; "previsione delle modalità di controllo periodico dell'attuazione del predetto piano e previsione, per i casi di mancata predisposizione ovvero di mancata approvazione ovvero omessa o incompleta attuazione del piano, del commissariamento dell'ateneo e disciplina delle modalità di assunzione da parte del Governo... della delibera di commissariamento e di nomina di uno o più commissari con il compito di provvedere alla predisposizione ovvero all'attuazione del piano di rientro finanziario" .

Le borse di studio
È istituito un "Fondo speciale per il merito e l'eccellenza", "alimentato con versamenti effettuati a titolo spontaneo e solidale effettuato da privati, società, enti e fondazioni, anche vincolati". Come funziona il disimpegno dello Stato anche dal campo del "diritto allo studio"? Semplice: privatizzazione e meritocrazia ancora una volta come unica stella polare: selezionati "con procedura competitiva l'istituto o gli istituti finanziari fornitori delle provviste finanziarie" e stipulate le apposite "convenzioni con il concorso dei privati" l'erogazione delle borse di studio è subordinato al superamento delle "prove nazionali standard".

Specchietti per le allodole e ricatti
Infine con l'illusione di attuare rapidamente e senza colpo ferire questo concentrato mostruoso di controriforme che privatizzano, fascistizzano ed affossano per sempre le università più povere e del Sud, il ministro ha pensato bene di inserire nel testo una serie di specchietti per le allodole e di ricatti. Specchietto per le allodole è la "Commissione paritetica docenti-studenti", il cui compito è quello di esprimere "pareri sull'attivazione e la soppressione di corsi studio" (art. 2 comma 2G). Un altro è la possibilità concessa agli studenti di partecipare in qualche modo ai "nuclei di valutazione", un modo pacchiano per intrupparli nell'attuazione del piano governativo. Alla stragrande maggioranza è noto infatti che queste cariche consultive negli organi di governo non servono assolutamente a nulla e di norma sono appannaggio di soliti carrieristi camuffati da "rappresentanti".
Un vero e proprio ricatto è invece l'imposizione rapidissima ai singoli Atenei delle modifiche statutarie necessarie all'obiettivo preventivato. Se non avviene nel tempo stabilito "interviene il Ministero" che a scanso di equivoci precisa che il rigoroso "rispetto dei principi del ddl rientra tra i criteri di valutazione delle università valevoli ai fini dell'allocazione delle risorse, secondo criteri e parametri definiti con decreto del Ministro, su proposta dell'Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur)".
Come sempre ciò che conta sono solo i fatti e i fatti parlano di una gerarchizzazione di stampo mussoliniano degli Atenei e delle facoltà: "l'elettorato passivo è attributo solo agli iscritti per la prima volta e non oltre il primo anno fuori corso ai corsi di laurea, laurea magistrale e dottorato di ricerca dell'università", il personale tecnico amministrativo è escluso da ogni forma di partecipazione, i ricercatori precari semplicemente non esistono.

Cancellata la figura del ricercatore universitario, legalizzato il precariato
La figura del ricercatore infatti letteralmente "sparisce" dal sistema accademico, sostituita da figure dette "ricercatori a tempo determinato" che "possono", o non possono, essere attivate dalle Amministrazioni a loro piacimento. Un benservito inaccettabile, come principio e come trattamento, nei confronti di tutti quei ricercatori che oggi "tengono in piedi" la maggior parte delle attività istituzionali senza la qualifica di docenti e con uno stipendio da fame! Non occorre dilungarsi oltre per smascherare il palese tentativo di scaricare i costi della crisi su studenti e precari, abbandonando il Mezzogiorno, rispettivamente con l'aumento delle tasse, forme lavorative a titolo gratuito, come il ministro Sacconi ha ricordato: dovete "riabituarvi ai lavori umili", e una nuova ondata di emigrazione qualificata dal Sud al Centro-Nord.

L'Onda è pronta a dare battaglia
Mentre il barone Enrico Decleva, a capo della Conferenza dei rettori (Crui), parla di "un'occasione fondamentale e per molti versi irripetibile per chi ha davvero a cuore il recupero e il rilancio dell'università italiana" (sic!), ricercatori precari e studenti in tutta Italia stanno organizzando una forte e compatta risposta di piazza. L'Onda di Ferrara ad esempio chiama alla mobilitazione denunciando "il più grande attacco mai subito dall'università italiana nella sua storia: vogliono chiudere per sempre il capitolo della didattica di qualità per tutti e della ricerca libera da condizionamenti economici ed ideologici, vogliono abolire l'università pubblica". "O ci mobilitiamo adesso, oppure - scrivono le studentesse e gli studenti - il prossimo ottobre non ci sarà più nessuna università da difendere. Diamoci una svegliata. Il futuro ha bisogno di sapere libero, noi siamo qui per questo. Loro sono la crisi, noi la soluzione. Se la riforma sarà approvata, in 9 mesi sarà partorito il mostro della privatizzazione. Impediamo il concepimento, l'unica precauzione in questo caso siamo noi. Protesta anticoncezionale!".
Un altro documento analizza nel dettaglio le conseguenze della "riforma": "un taglio selvaggio dei corsi, nuovi e tradizionali, di nicchia e di fantasia, umanistici e scientifici senza distinzioni, con particolare intensità nelle strutture piccole e medie e nelle (troppe) sedi decentrate, la chiusura di interi settori disciplinari e il licenziamento della maggioranza dei docenti precari a basso costo, sostituiti con il lavoro gratuito dei dottorandi e la moltiplicazione degli stages affidati a "volontari". E ancora "la drastica riduzione dei bienni magistrali e dei dottorati, concentrati in poche sedi e sostituita da inutili master a pagamento, con cui si cercherà di incrementare le entrate aggirando il vincolo, ancora per poco esistente, del monte tasse sul 20% sul bilancio. E probabilmente molte altre cose su cui sarà bene cominciare subito a mobilitarsi con tutto il vasto fronte interessato, in primo luogo le vittime del riordino degli accessi alla didattica della scuola secondaria (progetto di riforma delle Ssis in itinere)".
Fomentare la divisione e il panico è infatti l'unica arma che il governo ha in mano: esso pensa che nell'università in subbuglio, nel senso di un formicaio impazzito, ogni docente mirerà solo a salvare il proprio Ateneo, il settore scientifico-disciplinare d'appartenenza, la Facoltà, il corso di laurea, senza porsi il problema di una resistenza collettiva.
E qui speriamo vivamente che si sbagli! L'Udu, l'Unione degli universitari, organizzazione vicina alla Cgil, ha già promosso una manifestazione a Roma per il prossimo 6 novembre invitando a scendere in piazza anche docenti e presidi non asserviti. Il governo - scrivono gli studenti in sintonia con i collettivi che si collocano alla sua sinistra - vuole distruggere l'università pubblica, riducendola ai minimi termini, togliendo qualsiasi spazio di democrazia e privatizzando quanto possibile".

Solidarietà e appoggio militante del PMLI
Il PMLI ha scritto in un volantino distribuito in queste settimane: "bisogna battersi per affossare le controriforme Gelmini e il disegno di legge Aprea. Le studentesse e gli studenti, che sono già scesi in piazza e hanno cominciato a occupare le scuole, devono portare fino in fondo la lotta per la difesa dell'istruzione pubblica, controbattendo colpo su colpo tutte le 'riforme' antistudentesche e antistruzione pubblica, per difendere le conquiste ottenute in passato e far sì che l'istruzione possa diventare davvero un servizio pubblico e gratuito goduto dal popolo. Bisogna battersi per cancellare tanto le 'riforme' già varate quanto per affossare quelle attualmente in gestazione. A questa mobilitazione devono partecipare anche i docenti e il personale Ata. Bisogna quindi fare pressione sui sindacati perché proclamino lo sciopero generale della scuola con manifestazione nazionale a Roma sotto palazzo Chigi, per l'istruzione pubblica, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti!
Il governo delle scuole e delle università, che deve essere composto a maggioranza dalle studentesse e dagli studenti eletti dall'Assemblea generale tramite la democrazia diretta, è una questione fondamentale, che il movimento studentesco dovrebbe mettere al centro delle proprie rivendicazioni.
Contro l'istruzione del regime neofascista e del governo del neoduce Berlusconi!
Contro la privatizzazione della scuola e dell'università!
Diamo battaglia per l'istruzione pubblica, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti!".

4 novembre 2009