Frutto di una trattativa tra Franceschini e Verdini
PDL-PD-UDC si spartiscono Agcom e Privacy
La moglie di Vespa commissario ai dati personali

Durante la conferenza stampa di insediamento, il tecnocrate borghese Mario Monti, tra le altre cose aveva promesso che il suo esecutivo avrebbe agito in modo "trasparente", lontano dalla "logica dei partiti" e addirittura anche attraverso "consultazioni pubbliche". Invece ciò che è successo il 6 giugno con la nomina da parte di Camera e Senato dei componenti delle Autorità di loro competenza, Agcom e Privacy, conferma che il governo della grande finanza, della Ue e della macelleria sociale rappresenta il peggior esempio di logica spartitoria politica in netto contrasto con il profilo delle authority dettato dal regolamento istitutivo: "oltre ad essere preposte allo svolgimento di funzioni di garanzia e di vigilanza sull'attuazione di valori costituzionali, sono caratterizzate in misura più o meno ampia dai connotati di indipendenza e di autonomia che le svincolano da qualsiasi riferimento al circuito dell'indirizzo politico".
Principi fondanti che le cosche parlamentari che sostengono la maggioranza si sono letteralmente messe sotto i piedi e, sulla base di una scandalosa trattativa tra il capogruppo del PD alla Camera, Dario Franceschini e il coordinatore del PDL e plurinquisito Denis Verdini, si sono accordati sui nomi da sottoporre al voto del Parlamento che, a sua volta, senza nemmeno fiatare, si è limitato a ratificare quanto già deciso fuori dall'Aula. Tant'è vero che alcuni senatori hanno diffuso i nomi dei "nuovi garanti" su internet ancor prima che il presidente Schifani annunciasse l'esito del voto.
La Camera ha eletto, per l'Agcom (l'Autorità garante delle comunicazioni), Maurizio Decina (ingegnere del Politecnico di Milano voluto dal PD che ha ottenuto 163 voti) e Antonio Martusciello (ex manager Fininvest e Publitalia, uno dei 36 promotori di Forza Italia, ex deputato ed ex sottosegretario che ha ottenuto 148 voti); mentre il Senato ha "scelto" Francesco Posteraro (Terzo polo-UDC, vicesegretario alla Camera, che ha avuto 91 voti, gran parte dei quali scaturiti grazie a un accordo in extremis col PD) e Antonio Preto (PDL con 94 voti, avvocato e collaboratore di Tajani e Brunetta). Alla Privacy invece sono stati nominati, a Montecitorio, Giovanna Bianchi Clerici (179 voti, ex deputata della Lega e attuale componente del Cda Rai, condannata dalla corte dei conti a undici milioni di euro di risarcimento per la nomina nell'agosto del 2005 di Alfredo Meocci a direttore generale della Rai) e Antonello Soro (ex capogruppo PD, 167 voti), mentre a Palazzo Madama la scelta è caduta sulla professoressa Licia Califano (PD, docente di diritto Costituzionale all'università di Urbino, che ha ottenuto 97 voti) e su Augusta Iannini (PDL, 107 voti, ex collaboratrice di Alfano al ministero della Giustizia in qualità di capo dell'ufficio legislativo nonché moglie di Bruno Vespa).
Sulla neo commissaria ai dati personali gravano tra l'altro non pochi dubbi sulla sua indipendenza che dovrebbe svincolarla "da qualsiasi riferimento al circuito dell'indirizzo politico" dal momento che proprio in veste di capo del dipartimento degli Affari legislativi del ministero della Giustizia ha partecipato al vertice per il caso Ruby nella residenza privata del premier a Palazzo Grazioli per studiare le strategie da adottare per fermare l'inchiesta della procura di Milano. Non solo. La signora Vespa inoltre potrebbe ritrovarsi ben presto a decidere in palese conflitto d'interessi proprio sulla condotta di suo marito in riferimento alla sua trasmissione Porta a Porta.
Insomma tutto si è svolto secondo un copione già scritto e nella peggiore tradizione inciucista tra PDL e PD e con l'UDC nelle vesti di mosca cocchiera che si sono accordati votando un listino di candidati che hanno poco a che spartire coi principi di "trasparenza e meritocrazia" di cui amano riempirsi la bocca le segreterie dei partiti.
Una vergognosa logica spartitoria pubblicamente denunciata dallo stesso Di Pietro che ha parlato di autentica "presa in giro, si sono fatti inviare i curricula, ma poi li hanno usati come carta da cesso con una procedura di nomina che fa fede alla logica della lottizzazzione. L'accondiscendenza del PD legittima il PDL. È una logica scellerata che non approviamo. Presenteremo con l'associazione 'open media coalition' ricorso al Tar per fare annullare le nomine".
Accuse che il capobastone dell'IDV ha ripetuto in faccia al suo omonimo del PD Bersani durante il suo intervento all'assemblea della Fiom del 9 giugno. "Oggi la politica è offesa da chi in Parlamento fa le spartizioni sull'Agcom e vota la fiducia sull'articolo 18 - ha replicato Di Pietro a Bersani che lo accusa di essere un diffamatore - ci vuole coerenza tra dichiarazioni e comportamenti".

13 giugno 2012