Sei morti e decine di feriti per il maltempo
Alluvioni, frane e morti nel Centro-Sud
In ginocchio l'agricoltura e la marineria marchigiane. In Puglia interviene l'esercito in aiuto della popolazione
Ritardi della protezione civile nei soccorsi

Dal nostro corrispondente per il Mezzogiorno
Dalla notte del primo marzo, quando la Penisola è stata investita da un'ondata di maltempo, per l'Italia centro-meridionale è nuovamente uno stillicidio di notizie in stile bollettino di guerra. Dalle Marche, alla Sicilia, alla Calabria, alla Puglia, alla Basilicata, alla Campania, morti e decine di feriti, alluvioni, ettari di coltivazioni distrutte, fabbriche inondate, scuole chiuse, viabilità in tilt, circolazione aerea e ferroviaria bloccate.
Nelle Marche, la regione più colpita, si è registrato il maggior numero di vittime. Nella provincia di Ascoli Piceno, un'anziana è morta scivolando in un fosso, mentre l'esondazione del fiume Ete ha travolto una famiglia, portando via un uomo e la figlia. Il paese di Casette d'Ete, dov'è avvenuta la tragedia e dove vivono circa 2.800 persone, è stato sommerso dalla piena.
Due i morti anche in Calabria. Un pensionato di 69 anni nella zona di Reggio, sommerso da un fiume di fango mentre viaggiava con la sua auto e un un uomo di 34 anni, nella Locride, morto sul colpo in un incidente stradale causato dalla forte pioggia. Il 6 di marzo a Graniti (Messina) un uomo di 77 anni è morto travolto da un torrente che stava provando ad attraversare per portar da mangiare ai suoi cani. Una donna di 97 anni è stata trovata morta nella provincia di Ravenna, in Emilia-Romagna. Nelle diverse regioni si contano decine di feriti.
Ingenti i danni al territorio e alle infrastrutture. Nelle Marche si registra la più grande emergenza che si ricordi da 40 anni a questa parte. In tutta la regione, i principali corsi d'acqua sono esondati. Ad un bilancio provvisorio si contano 1.000 frane, decine di ponti crollati o in pericolo di crollo, sottopassi sulla costa allagati, edifici pubblici inagibili e scuole chiuse. Bloccato anche l'aeroporto di Ancona-Falconara a causa dell'allagamento delle piste. Danni alle reti idriche e ai depuratori della regione. Migliaia i distacchi delle linee elettriche: una vera e propria emergenza nell'emergenza, dato che ancora a fine della settimana scorsa erano 10.000 le utenze non riallacciate e fra queste il presidio ospedaliero di Pergola (Pesaro-Urbino). Appena duecentocinquanta gli operai della società elettrica mobilitati in tutta la regione per riparare i guasti. La provincia più colpita è Teramo, dove i danni alle sole colture potrebbero raggiungere un valore di 100 milioni di euro. In ginocchio anche il settore della marineria, in modo particolare della piccola pesca, le cui attrezzature sono state devastate.
L'eccezionale ondata di maltempo ha colpito anche la Calabria con frane e allagamenti e la Sicilia orientale, abbattendosi sulla provincia di Messina, dove la popolazione ha temuto smottamenti e colate di fango come quelle che distrussero diversi comuni nel 2009. L'A18 Messina-Catania, si è praticamente ridotta ad una mulattiera, con montagne di detriti, tronchi d'albero e rifiuti di ogni genere riversati sull'importante arteria di comunicazione.
Il nubifragio che si è abbattuto sulla Puglia ha causato danni e disagi soprattutto nella Capitanata, che si trova in provincia di Foggia, e nella provincia di Taranto. La statale 90 delle Puglie è stata chiusa perché allagata. Le colture tra Manfredonia e Zapponeta, nella Capitanata, sono andate completamente distrutte. A Marina di Ginosa, alluvionata tra la notte di dell'1 e del 2 di marzo, è intervenuto l'esercito per portare soccorso alla popolazione.
Disagi anche nelle grandi città. A Napoli le piogge hanno provocato allagamenti e sprofondamenti del suolo. Il disagio più grosso a Pianura, dove un'intera via ha cominciato a sprofondare a tratti a causa di una frana che ha dissestato il manto stradale. Sull'isola di Capri una frana ha investito la scalinata di via San Francesco.
Forti critiche anche questa volta nei confronti della Protezione civile e delle istituzioni che la dirigono. Sotto accusa i forti ritardi. Nel Teramano, nonostante l'allerta meteo fosse stato lanciato sin dalle prime ore del pomeriggio la regione e i Comuni sono stati lasciati in piena solitudine ad affrontare il pre-alluvione.
Alcuni sindaci, come quelli di Pineto e di Giulianova (Teramo), hanno affermato di essere stati lasciati da soli, aiutati solo dai volontari anche dopo l'esplosione dell'emergenza. Vari paesi sarebbero stati avvisati della possibile tracimazione dei fiumi solo nella serata del primo marzo, quando era ormai impossibile mettere in sicurezza la popolazione e le attività economiche.
Troppo spesso negli ultimi anni la Protezione civile in Italia ha fatto cilecca circa l'allerta del pericolo imminente. Che sia voluto o meno, c'è qualche intoppo serio che impedisce che un'informazione tempestiva del pericolo arrivi a chi di dovere. La mente non può non andare ai giorni precedenti il terremoto de L'Aquila o l'alluvione della provincia di Messina. Le responsabilità politiche, tuttavia, sono ben più larghe. Il problema della tutela delle persone e dei beni ambientali e infrastrutturali italiani, infatti, viene affrontato in maniera poco efficace, o, sarebbe meglio dire, alla luce della politica del governo Berlusconi, viene aggravato con provvedimenti che devastano l'ambiente, consentendo la cementificazione in posti pericolosissimi, come sui fianchi delle colline franosi, sui letti dei fiumi prosciugati, favorendo il disboscamento selvaggio, garantendo l'abusivismo, aiutando le lobby mafiose e camorristiche devastatrici del territorio. Questo governo è all'età della pietra in tema di protezione ambientale e idrogeologica, in tema di protezione del territorio e di rispetto ambientale e bisogna mandarlo via prima che divori, insieme ai suoi compari locali più o meno mafiosi, i preziosi beni ambientali delle masse italiane, continuando a metterne in grave rischio la vita e la salute.

9 marzo 2011