Il governo manda altri 250 soldati in Afghanistan
In Iraq 40 carabinieri per addestrare la polizia

Mentre della fantomatica "conferenza di pace" promessa da D'Alema per blandire la "sinistra radicale" e i pacifisti nostrani si è persa ogni traccia, il governo Prodi continua ad aumentare il contingente militare italiano in Afghanistan: il 12 settembre scorso, riferendo davanti alle commissioni Esteri e Difesa della Camera, il ministro Parisi ha annunciato a sorpresa l'invio nel paese occupato di altri 250 soldati, che si andranno ad aggiungere ai 2.300 già impegnati nella missione Isaf a guida Nato e dislocati tra Herat e Kabul.
Il ministro della Difesa ha cercato di indorare la pillola precisando che si tratterebbe di un "incremento temporaneo di uomini, in concomitanza con l'assunzione da parte dell'Italia della responsabilità del comando della regione di Kabul", per un periodo di 8 mesi a partire dal prossimo dicembre. Il ministro ha aggiunto che questi uomini serviranno "per le esigenze del quartier generale, protezione e sostegno logistico", e che d'altra parte questa decisione non farebbe che ricalcare "quanto operato da Francia e Turchia durante il rispettivo turno di comando".
Scontate e del tutto rituali, ed ovviamente senza conseguenze pratiche, le lamentele della "sinistra radicale", con la parlamentare del PRC Elettra Deiana che accusando il governo di violare "ogni impegno preso in sede parlamentare" (quali?), ha osservato sconsolata che "gli impegni per costruire un'alternativa di pace a Kabul sfumano nelle nebulose di un futuro sempre più bellicista". E con il verde ex "Lotta continua" Paolo Cento, sottosegretario all'Economia, a mugugnare imbronciato che "un aumento del contingente non era negli accordi" e che "non si può pensare di tagliare la spesa pubblica e aumentare quella militare".
A costoro Parisi si è limitato a replicare che "la realtà afgana non è ancora pacificata", e quindi di lì "non ci muoviamo, perché questi sono i termini del mandato". E a chi gli chiedeva conto dei rischi crescenti per i militari italiani, ricordando anche i 5 feriti delle ultime due settimane, il ministro ha risposto con sarcasmo: "Vorrei che fosse chiaro che la nostra missione in Afghanistan non è un'azione umanitaria". Dunque, quando fa loro comodo, i guerrafondai del governo arrivano anche a chiamare le missioni di guerra col loro vero nome! Altrimenti come si giustificano i feriti in combattimento e l'invio di nuovi soldati?
Il ministro della guerra non si è nemmeno preso la briga di spiegare dove verranno reperite le risorse finanziarie per questo ulteriore impegno militare: a conti fatti una trentina di milioni di euro circa che si andranno ad aggiungere ai 320 annui che già costa la missione. Anzi, è tornato a battere cassa e a chiedere più soldi per le forze armate: "L'affidabilità di un paese - ha detto rispolverando la solita solfa del ruolo internazionale dell'Italia - dipende anche dalla capacità di mantenere gli impegni. La comunità internazionale fa conto sul contributo dell'Italia". E in questo quadro ha confermato l'invio di 40 carabinieri in Iraq per addestrare le forze di polizia del governo fantoccio. Forze che si andranno ad aggiungere ai 30 militari italiani già operanti a Baghdad, portando così il totale a 70: una forza tutt'altro che trascurabile, specie se si pensa che mentre la "coalizione dei volenterosi" che dà man forte a Bush si sta sempre più sfaldando, il governo italiano, in netta controtendenza, sta venendo in soccorso al nuovo Hitler della Casa Bianca aumentando di soppiatto la sua presenza militare in Iraq.
Per l'ennesima volta domandiamo agli elettori del "centro-sinistra": in cosa consiste la differenza tra il governo guerrafondaio e imperialista del neoduce Berlusconi e il governo guerrafondaio e imperialista del dittatore democristiano Prodi?

19 settembre 2007