Dopo Bassolino con Berlusconi e Bassanini con Calderoli
Amato al servizio del fascista Alemanno

La protervia fascista con cui la maggioranza nero-verde governa il Paese non impedisce che di sottobanco o alla luce del sole continui l'inciucio con la "sinistra" borghese sulle "riforme istituzionali" e su altri temi "bipartisan". Anzi! Ne è una dimostrazione eclatante la nomina dell'ex ministro dell'Interno del governo Prodi, Giuliano Amato, a presidente della Commissione per lo sviluppo di Roma capitale voluta dal fascista Gianni Alemanno.
L'annuncio è stato dato il 7 agosto scorso in Campidoglio dal neopodestà capitolino nel presentare quella che si è compiaciuto di soprannominare la "Commissione Attali de noantri", istituendo un paragone tra la sua commissione "bipartisan" a capo della quale ha chiamato l'alto esponente del PD e la commissione voluta da Sarkozy per "modernizzare" la Francia, alla cui presidenza il capo dell'Eliseo ha nominato il socialista mitterrandiano Attali: una commissione infarcita anch'essa di esponenti della "opposizione" e di cui fa parte anche l'ex ministro della Funzione pubblica nei governi di "centro-sinistra" di Prodi, D'Alema e Amato, Franco Bassanini, quale "esperto" di "riforme" della pubblica amministrazione. E non a caso Bassanini è stato indicato per far parte anche della commissione presieduta da Amato.
"Con Amato a capo sarà una commissione di alto profilo", ha detto Alemanno sottolineando che essa dialogherà anche con gli altri enti locali, provincia di Roma e regione Lazio, presiedute rispettivamente dai PD Zingaretti e Marrazzo, che concorreranno alla sua formazione. "È anche un tentativo - ha aggiunto conciliante il neopodestà a rimarcare il carattere 'bipartisan' dell'iniziativa - di buttare dietro le spalle le polemiche post elettorali sul buco di bilancio".
Amato, prevenendo le critiche dall'interno del suo stesso partito, si è affrettato a confermare il profilo politico "alto" e "bipartisan" dell'operazione, rivelando che essa era stata concordata ai vertici nazionali del PD e del PdL. "Ovviamente ho parlato con Veltroni dell'incarico affidatomi dal sindaco Alemanno. Non ho capito perché non avrei dovuto farlo, non mi sembra ci sia niente da nascondere", ha detto infatti l'ex ministro lasciando intendere di aver avuto il via libera dallo stesso leader del PD. Alemanno ha aggiunto a sua volta di essersi consultato con Fini e con Berlusconi: "Certo che li ho consultati. Il progetto della commissione fa parte del mio programma elettorale e c'è stato un confronto a 360 gradi". Il perché la scelta sia caduta su Amato il neopodestà l'ha spiegata con l'aver "lavorato insieme a lui nell'Aspen Institute, l'unico luogo veramente bipartisan, guidato prima dallo stesso Amato e, oggi, dal ministro Tremonti".
Tutto si tiene, insomma. Il curriculum politico di Giuliano Amato sembra perfetto per questa operazione: dopo aver esordito come socialista trotzkista nel PSIUP è passato alla destra del PSI diventando nientemeno che il consigliere di Craxi e assumendo vari incarichi ministeriali nei governi di pentapartito, per poi defilarsi abbastanza in tempo da schivare il ciclone tangentopoli e salire addirittura a Palazzo Chigi e inaugurare il primo governo del regime neofascista (1992-1993). Successivamente è stato ministro nei governi di "centro-sinistra" di D'Alema e di nuovo premier (2000-2001), per poi diventare ministro dell'Interno del 2° governo Prodi. Un uomo per tutte le stagioni, quindi, una figura istituzionale del regime neofascista, più che di un partito o di uno schieramento, e come tale sempre pronto a scendere in campo per fare da ponte tra la destra e la "sinistra" borghese in nome delle "riforme istituzionali".
A parte il feeling personale con Alemanno, cementato dal far parte dello stesso ambiente capitalista-massonico internazionale dell'Aspen Institute, è evidente che senza il placet del neoduce Berlusconi e di Fini questa operazione non sarebbe potuta andare in porto. Allo stesso tempo traspare evidente l'interesse di Veltroni in questa equivoca faccenda, sia perché gli viene concesso da Alemanno l'accantonamento della polemica sul buco di bilancio a Roma di cui l'ex neopodestà era stato accusato di essere responsabile insieme a Rutelli, sia perché apre un canale di dialogo con la destra borghese sulle "riforme istituzionali" per la terza repubblica, dialogo al cui "successo" è appesa la sorte del PD e dello stesso Veltroni.
D'altra parte figure (o figuri) come Amato cominciano a sovrabbondare in questo partito. Si pensi per esempio al Bossi del Sud, l'arciscreditato e corrotto ex operaista Bassolino, che ormai si è messo sfacciatamente a disposizione del neoduce Berlusconi, che benignamente lo protegge e se ne serve, e pensa solo a salvarsi la pelle infischiandosi della politica nazionale del suo stesso partito, al punto dall'essersi rifiutato di firmare la petizione veltroniana contro il governo. Si pensi inoltre allo stesso Bassanini, che dalle file cattoliche della Fuci, passando per il PSI di Craxi, è approdato al PDS e poi ai DS svolgendo sempre incarichi di governo e istituzionali tesi a rafforzare il regime neofascista attraverso le "riforme", in particolare nell'ambito della pubblica amministrazione e del federalismo. Federalismo di cui è un fervente assertore, tanto da far parte senza alcuna remora di decenza del gruppo di esperti e consiglieri del ministro per la Semplificazione legislativa, Calderoli. Al punto che non esita a lodare, come fa in un'intervista al Quotidiano nazionale del 17 agosto, il ministro fascioleghista per essere "diverso da quello che appare" e aver sempre avuto con lui, fino dal '96, "un utile confronto sulle materie costituzionali". Nessuna meraviglia quindi che Amato e Alemanno lo vogliano a tutti i costi nella loro commissione "bipartisan".
Le critiche che sono venute da "sinistra" alla presidenza di Amato non sono da prendere sul serio: sono più che altro dei mugugni, come quelli del capogruppo del PD in Campidoglio, Marroni, o del deputato PD ed ex assessore all'urbanistica Morassut, che si sentono scavalcati e relegati al ruolo di valletti; oppure delle frecciate acide dettate da rivalità per invasione di campo, come quelle della ex ministra degli Affari regionali del governo Prodi e "ministra ombra" della PA e dell'innovazione nel PD, Linda Lanzillotta, che contesta la nomina di Amato ma al tempo stesso (intervista la Repubblica del 13 agosto), conferma che "sulle riforme istituzionali il confronto è sacrosanto". Tant'è che se in un primo momento Amato aveva reagito con stizza minacciando le dimissioni, poi ci ha ripensato vedendo sgonfiarsi rapidamente le polemiche e dopo che Alemanno e anche Marrazzo e Zingaretti gli hanno confermato piena fiducia. Quest'ultimo anzi si è dimostrato più realista del re, dichiarando di condividere l'impostazione di Amato "perché Roma e la Regione hanno bisogno di una riforma istituzionale che va fatta al più presto con legge ordinaria". E Marrazzo ha aggiunto di rincalzo: "Bisogna essere veloci, ecco la prima cosa che deve dire la commissione. Poi verrà il nodo dei poteri legislativi di Roma capitale, per i quali occorre una riforma costituzionale".

10 settembre 2008