Antipolitica o sfiducia nei partiti parlamentari, nelle istituzioni borghesi e nel governo Prodi?

Il Vaffa-day organizzato via Internet dal comico Beppe Grillo e dai seguaci del suo Blog ha rinfocolato al massimo le polemiche, che non accennano ancora a placarsi, sulla cosiddetta "antipolitica" che serpeggiavano già da qualche tempo nel Paese.
Il V-day si è svolto l'8 settembre in 200 piazze d'Italia e all'estero con la partecipazione di un milione di persone e con la raccolta di 300 mila firme in calce a una proposta di legge di iniziativa popolare per proibire l'accesso al parlamento ai condannati (attualmente sono circa un centinaio i parlamentari condannati o indagati per reati vari), per mettere un tetto massimo di due legislature ai parlamentari e per istituire elezioni primarie per tutti i candidati a cariche elettive. A Bologna sono accorse circa 50 mila persone, in gran parte giovani, a sentire il comico-predicatore genovese attaccare tutti i partiti parlamentari, definiti "il cancro della democrazia", spaziando con la sua satira feroce e anarcoide dai temi del precariato a quelli dell'ambiente, dalla corruzione dei politici agli abusi dei grandi gruppi monopolistici, ecc.
Spiazzati dal successo inaspettato dell'iniziativa, i partiti parlamentari hanno accusato il colpo e hanno reagito per lo più in maniera furibonda e scomposta, accusando a loro volta Grillo di qualunquismo, di populismo e di soffiare sul fuoco dell'"antipolitica", e spingendosi in qualche caso fino ad accusarlo di fomentare possibili azioni terroristiche. Pier Ferdinando Casini, per esempio, leader di un partito, l'UDC, che detiene una buona percentuale di parlamentari condannati e inquisiti, si è scagliato fra i primi contro il V-day definendolo "la più grande delle mistificazioni di cui dovremmo tutti vergognarci". Il caporione fascista Fini ha detto che "Grillo le spara grosse perché escludere dalla vita politica chi ha già due legislature non ha senso. Con una legge del genere personaggi come Togliatti, Moro o Almirante (sic) non sarebbero mai stati protagonisti della vita politica nazionale".
Il capofila dei rinnegati D'Alema, che da quando ha cominciato a sentire il fiato dei giudici sul collo per via della vicenda delle scalate bancarie è stato fra i primi a lanciare l'allarme sul vento dell'"antipolitica", si è detto "preoccupato per la carica di violenza totalmente inutile" del movimento suscitato da Grillo, accusandolo di essere la potenziale anticamera di un governo autoritario "dei militari, dei banchieri (sic) e dei tecnocrati". Il dittatore democristiano Prodi è andato a sfogarsi in tv da Vespa, non trovando di meglio per replicare agli epiteti di "Valium" e di "Alzheimer" appioppatigli da Grillo per la sua indifferenza ai problemi dei giovani precari e del Paese, che accusare spocchiosamente la società italiana di "non essere meglio della politica che la rappresenta". È sceso in campo perfino il rinnegato Napolitano, per avvertire dall'alto della sua pompa quirinalizia che si può criticare la politica e le istituzioni, ma "consapevoli delle ricadute che può avere una denuncia indiscriminata e sensazionalistica", perché il rischio è di suscitare "sterile negazione e in definitiva senso di impotenza".

La delusione profonda che cova nell'elettorato di sinistra
Questo ventaglio di reazioni allarmate e rabbiose dei massimi rappresentanti della destra e della "sinistra" di regime, del governo e delle istituzioni, dimostra che il successo della manifestazione promossa da Grillo, al di là degli aspetti indubbiamente generici e qualunquistici delle sue accuse ai partiti politici e ai loro leader, è la spia di una sfiducia profonda delle masse nei partiti parlamentari, nelle istituzioni borghesi e nel governo Prodi. Una sfiducia che covava da tempo sotto la cenere e che avrebbe dovuto apparire tutt'altro che inaspettata ai partiti del regime neofascista e al governo.
In particolare è nei confronti del governo di "centro-sinistra" Prodi che si concentrano la delusione, la sfiducia e la rabbia delle piazze, se è vero, come dimostra anche un sondaggio di Ilvo Diamanti su "la Repubblica" del 14 settembre, che i sostenitori dell'iniziativa di Grillo sono prevalentemente elettori del "centro-sinistra" (58%), e in particolare provengono dalla base del PD (60%), mentre la loro incidenza è minore fra gli elettori del "centro-destra" (32%). Basti pensare anche al successivo intervento di Grillo alla festa dell'Unità di Milano, dove la sua satira sarcastica che prendeva di mira i maneggi bancari di D'Alema e Fassino e il finto buonismo del "topo Gigio" Veltroni, lungi dal provocare disagio e ostilità, hanno scatenato l'ilarità e gli applausi della folla diessina, per nulla turbata apparentemente dal surreale stato di schizofrenia in cui si trova sempre più spesso a vivere.
La grande presenza di giovani in piazza, e in particolare dell'area del precariato, è un altro segno eloquente che il V-day è stato alimentato soprattutto dai delusi del governo Prodi e dalla sua politica e condotta morale niente affatto diverse da quelle del governo del neoduce Berlusconi. Una delusione tanto più grossa e tanto più rapida, quanto più erano state grandi le illusioni e le aspettative dell'elettorato di sinistra in un cambiamento radicale rispetto al governo precedente. Non per nulla le reazioni più stizzite e velenose al V-day sono venute dai leader dei partiti del "centro-sinistra" e dai pennivendoli al loro servizio. Di Prodi e D'Alema abbiamo già detto, ma anche Fassino, nel lacrimoso comizio d'addio ai DS al festival dell'Unità a Bologna, non ha mancato di attaccare "le denigrazioni populistiche contro i partiti e i politici". Mentre il liberale e anticomunista Veltroni è montato in cattedra per ammonire che "con le adunate per mandare a quel paese tutti si finisce per andare in televisione e sui giornali, però non si fa un paese, non lo si cambia e non lo si trasforma".
Per non parlare di certi pennivendoli della "sinistra" di regime, come Eugenio Scalfari, Michele Serra, Curzio Maltese, Andrea Romano, e perfino della sponda apparentemente opposta, come "Il Foglio" di Ferrara, che si sono scagliati con particolare livore contro il V-day e Grillo, preoccupati evidentemente che questo movimento tolga voti e consensi al PD in un momento delicato per la sua nascita. E infatti, sotto certi aspetti e pur in maniera più frammentata e meno politicizzata, i "grillanti" ricordano i "girotondini" di qualche anno fa, quando appena nati spontaneamente nell'elettorato di sinistra misero in crisi e sotto accusa i leader della "sinistra" borghese inebetiti e imbelli di fronte all'avanzata del berlusconismo.

Non una valvola di sfogo ma lotta di classe
Tutto lascia pensare che anche il movimento di Grillo seguirà più o meno la stessa parabola dei "girotondi". Dalla sua proposta di presentare liste civiche alle prossime elezioni con il suo "bollino" di garanzia si capisce già che egli sta cavalcando la giusta protesta popolare per riportarla nell'alveo della testimonianza pacifica, del parlamentarismo e delle istituzioni borghesi. Lo ha ammesso egli stesso con queste chiare parole: "Il milione di persone che è sceso in piazza, in modo composto, senza bandiere, senza il più piccolo incidente, dovrebbe essere ringraziato. È la valvola di sfogo di una pentola a pressione che potrebbe scoppiare. Un momento di tregua per riflettere sul futuro di questo Paese. La V-generation è aria pura, condivisione, futuro. Gaber direbbe: 'la libertà è partecipazione'".
Il problema non è l'"antipoli-tica", come strillano i politicanti borghesi con la coda di paglia, ma che c'è politica e politica. C'è la politica borghese, corrotta fino al midollo e tutta dedita a servire gli interessi della classe dominante borghese e di una "casta" di parlamentari e amministratori privilegiati, della quale fanno parte anche i leader del futuro PD e quelli della "sinistra radicale". E c'è la politica proletaria e di classe, che deve preoccuparsi solo di difendere e portare avanti gli interessi e le rivendicazioni delle masse popolari. E quest'ultima non può essere tale se non mette in discussione il sistema di sfruttamento capitalistico, il regime neofascista, le istituzioni e i partiti che lo sostengono.
Il movimento lanciato da Grillo non mette in discussione il sistema capitalistico e il regime capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista e per questo è destinato a esaurirsi o a rientrare nel gioco parlamentare. Così come non lo fecero i "girotondi", che infatti piano piano furono riassorbiti dai partiti della "sinistra" borghese e scomparvero, dopo aver tirato la volata elettorale al democristiano Prodi drenando l'astensionismo di sinistra.
Occorre certamente scendere in piazza, ma non per puro sfogo iconoclasta e ribellismo generico, piccolo borghese e anarcoide, bensì per fare la lotta di classe nel modo più unitario e organizzato possibile sui vari temi del diritto al lavoro, della lotta al precariato, dei salari e delle pensioni - che attualmente hanno al centro la lotta per l'affossamento del Protocollo di Prodi del 23 luglio -, della casa, della riduzione dei prezzi e delle tariffe, della difesa di scuola, sanità e assistenza pubbliche e gratuite per tutti, per la difesa dei diritti delle donne e contro l'ingerenza della chiesa cattolica nella società e nello Stato, contro la politica interventista e imperialista del governo e per il ritiro dell'Italia dall'Afghanistan, dal Libano e dal Kosovo, e su ogni altro tema e rivendicazione che riguarda la vita e il futuro delle masse popolari.
Solo con la lotta di classe, che comprende anche l'astensionismo elettorale, le Assemblee popolari e i Comitati popolari delle masse fautrici del socialismo, la lotta per il sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, si possono assestare veramente colpi demolitori al sistema capitalista e al suo corrotto regime e far avanzare le masse verso l'emancipazione dallo sfruttamento e il socialismo.

26 settembre 2007