In manette 45 imprenditori e professionisti
Arrestato presidente Confcommercio Roma: capeggiava "un'industria della frode fiscale"

Il 14 giugno su ordine della procura di Roma il nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza ha eseguito quarantacinque ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti imprenditori, professionisti, notai, avvocati, funzionari di banca e dirigenti di aziende di mezza Italia riconducibili a noti gruppi imprenditoriali che operano nel campo della grande distribuzione, abbigliamento, costruzioni, vigilanza privata, sanità privata, gestione immobiliari e trasporti di merci su strada tra cui spiccano i gruppi Conad del Tirreno, Visa moda, Di Veroli, Francisci, Mangione, Gelfusa, De Meo.
L'inchiesta riguarda un vorticoso giro di evasione fiscale attuato attraverso un collaudato meccanismo di elusione che prevedeva il trasferimento all'estero di società in stato prefallimentare.
In cima alla lista dei provvedimenti restrittivi figurano il commercialista Cesare Pambianchi, presidente della Confcommercio di Roma e Lazio, imprenditore "alberghiero e del benessere" proprietario della catena di palestre "Dabliu" e soprattutto grande sostenitore e amico del neoduce Berlusconi e del neopodestà di Roma Alemanno.
In manette sono finiti anche il suo collega e socio in affari Carlo Mazzieri, il presidente del gruppo Conad del Tirreno, Silvano Ferrini e l'amministratore delegato, nonché l'ex dirigente del gruppo, Ettore Conti; i titolari del gruppo Roscer di Prato, Carlo Rosano, Orazio Ferrari, Pietro Cervasio, Andrea Baldi e Luigi Minischetti, presidente del Banco di Lucca.
E poi ancora Vito Hai Arbib ed Elia Sandro Fargione che fanno capo al gruppo Visa moda; i titolari del gruppo immobiliare Guido e Michele Di Veroli, suo figlio; per il gruppo Francisci, titolare di due case di cura private ad Aprilia, in provincia di Roma, il titolare Claudio Francisci; i titolari del gruppo di autosaloni Mangione, Renato Mangione e i figli Luciano e Bendetta; per il gruppo Gelfusa, che gestisce il gruppo di vigilanza privata Centralpol, i fratelli Claudio e Gaetano Gelfusa, Franco Flaminio Tripodi, Massimo Giorgioni, Marco Bocci e Renato D'Amore; per il gruppo De Meo di Gaeta, Salvatore De Meo, la moglie Patrizia Di Mille, il commercialista Ettore Sperduti. E poi ancora il notaio Andrea Ferrara, il commercialista Paolo Verrengia, Marco Adami e la moglie Marinka Gospodinova Georgieva, il promotore e avvocato Davide De Caprio, i bulgari Dimitrov Nikolay Ivanov, Svetozar Krastev, Marin Petrakev, e il cittadino inglese David Edward Richards, Massimiliano Celli e il figlio Roberto, il vicedirettore di una filiale della Banca Popolare di Milano, Marco Borgaz.
Dal gennaio 2010 al giugno 2011 sono state individuate 703 società di cui 292 trasferite all'estero e scoperte distrazioni di beni delle stesse società per un importo pari a 208 milioni di euro, di cui 98 in contanti e 110 in immobili. Mentre i "sequestri preventivi per equivalente" sono 159 tra cui l'immobile dello studio Mazzieri e Pambianchi ai Parioli, le abitazioni dei titolari dei gruppi imprenditoriali in zone centrali della capitale, 60 autovetture, alcune di lusso o da collezione, 4 yacht e una barca a vela aventi valore di mercato superiore a 7 milioni di euro. Oltre a titoli azionari per un valore superiore ad un milione di euro; immobili di prestigio nel centro di Roma o in località turistiche; locali commerciali nel territorio nazionale con valore di mercato superiore a 10 milioni di euro; conti correnti e polizze vita.
I reati contestati vanno dall'associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e altri reati tributari, oltre all'appropriazione indebita e al riciclaggio.
Nel complesso, considerando i precedenti provvedimenti giudiziari emessi tra settembre e marzo scorsi, in particolare nei confronti di rappresentanti del gruppo Vichi e di quelli che hanno usato il marchio Aiazzone, l'inchiesta conta 56 arrestati e oltre 96 indagati.
Non a caso il giudice per le indagini preliminari, Giovanni De Donato, il procuratore aggiunto, Nello Rossi, e i sostituti Francesca Loy, Francesco Ciardi e Sabina Calabretta parlano di una vera e propria "industria della frode fiscale" capeggiata da Pambianchi e specializzata nella sistematica illecita condotta di trasferimento all'estero - in particolare in Bulgaria ma anche in Spagna, Venezuela, Perù, Romania e Regno Unito - di società italiane gravate da ingenti debiti tributari per un totale di circa 600 milioni di euro sottratti all'Erario.
Il meccanismo consisteva nel preliminare svuotamento della parte attiva delle società che, successivamente, veniva ceduta a prestanome, italiani o stranieri, ad opera di professionisti romani, e trasferita all'estero con conseguente cancellazione dal registro delle imprese italiano, onde sottrarsi alle eventuali procedure fallimentari.
Insomma, concludono gli inquirenti, la "professione" elevata ad "associazione a delinquere stabile".
E pensare che fino a pochi giorni prima dell'arresto Pambianchi posava in pubblico con il presidente del Consiglio nel chiedere "un Fisco giusto, contro il governo delle tasse". Mentre in privato, non sapendo di essere intercettato, si fregava le mani di fronte al tracollo economico e commentava: "È un momento dè crisi... E sò crisi pè tutti, no? E quindi,... Noi quando c'è il momento dè crisi.... eh eh eh.... è il momento pè mettè il maggior lavoro".

20 luglio 2011