Eletto con i voti comprati dalla 'ndrangheta, è accusato di corruzione, voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa
Arrestato l'assessore lombardo Zambetti (PDL)
Indagati per peculato e truffa aggravata tre esponenti PDL e Lega. La 'ndrangheta avrebbe procurato voti per Sara Giudice (Terzo polo)
Tardive e strumentali dimissioni di Formigoni

L'assessore (PDL) Domenico Zambetti, rieletto nel 2010 consigliere regionale con 11.217 voti di preferenza e subito nominato assessore alla Casa dal dittatore lombardo Formigoni, è il quattordicesimo inquisito del Consiglio regionale lombardo. Zambetti è finito in manette il 10 ottobre con accuse gravi e infamanti che vanno dal concorso esterno in associazione mafiosa alla corruzione e scambio di voti con la criminalità organizzata. In particolare Zambetti è accusato di aver acquistato al costo di 50 euro l'uno un pacchetto di circa 4 mila voti dai boss della 'ndrangheta. Preferenze che tra l'altro sono risultate determinanti per la sua rielezione alle regionali di 2 anni e mezzo fa. In cambio Zambetti, oltre a saldare il conto in contanti con 200 mila euro in varie rate si è adoperato per assicurare appalti e favori ai boss 'ndranghetisti, ai loro affiliati e familiari. Secondo gli inquirenti la prima rata di 80 mila euro Zambetti l'ha versata il 31 gennaio 2011 e l'ultima, 30 mila euro, è stata pagata presso l'associazione culturale "Centro e libertà" con sede in via Mora 22 il 15 marzo 2011. A incassarli, secondo l'accusa, il boss Giuseppe D'Agostino, gestore di locali notturni, già condannato negli anni scorsi per traffico di droga, che appartiene alla cosca calabrese Morabito-Bruzzaniti e il referente del clan Mancuso, l'imprenditore Eugenio Costantino.
Nell'elenco dell'ordinanza di arresto firmata dal giudice per indagini preliminari (Gip) Alessandro Santangelo su richiesta del Pubblico ministero (Pm) Giuseppe D'Amico figurano fra gli altri Ambrogio Crespi, fratello minore del più celebre Luigi, ex sondaggista preferito di Silvio Berlusconi. Era proprio Crespi, secondo l'accusa, a rastrellare i voti nei quartieri periferici di Milano, grazie ai suoi numerosi contatti con la malavita organizzata. Agli arresti anche Marco Scalambra, un chirurgo che ha collaborato con Gavannezini Humanitas a Bergamo e al Policlinico San Marco di Zingonia (Bergamo), 55 anni, ma impegnato in politica come faccendiere del centrodestra. Viene considerato il burattinaio del sindaco di Sedriano, Alfredo Celeste, il quale è posto agli arresti domiciliari. In tutto sono venti le persone finite in carcere.
Tra le pieghe delle indagini spunta anche il nome di Sara Giudice, la giovane rampante pidiellina milanese che organizzò la campagna "anti-Nicole Minetti" invocando liste pulite e successivamente passata col Terzo polo e Fini. Anche lei, a "sua insaputa", ha ricevuto secondo gli inquirenti i voti della 'ndrangheta controllati dai Mancuso della provincia di Vibo Valentia e dai Morabito-Palamara Bruzzaniti di Africo Nuovo attraverso i loro emissari e i loro affiliati in Lombardia. A fare l'accordo con i mafiosi calabresi è stato suo padre, Vincenzo Giudice, ex consigliere comunale PDL. Per favorire sua figlia Giudice ha promesso non soldi, ma appalti in Calabria, grazie a una società partecipata del Comune di Milano di cui Giudice, grazie alla nomina attribuitagli dalla giunta Moratti, è al vertice.
L'assessore Zambetti invece era in contatto diretto con Eugenio Costantino, che gli presenta il boss Giuseppe D'Agostino, da qualche tempo detenuto, come emissario della 'ndrangheta. Da quel momento, Zambetti oltre ai pagamenti in contanti si mette a disposizione delle cosche e fa assumere all'Aler, l'ex istituto case popolari, Teresa Costantino, consigliere comunale PDL a Sedriano, nonché figlia di Eugenio.
La bufera politico-giudiziaria iniziata nel febbraio 2008 con l'arresto del consigliere PDL Gianluca Rinaldini (coinvolto nello scandalo delle tangenti sul settore turistico a Como e condannato in primo grado l'8 ottobre scorso a 2 anni e mezzo per truffa e rimborsi spese a carico della Regione mai effettuate) non accenna dunque a placarsi. Gli inquirenti meneghini impegnati in ben 15 inchieste giudiziarie scoprono quasi ogni giorno nuove ruberie e corruttele: dalla sanità (dove è indagato lo stesso Formigoni per corruzione) a quello della grande speculazione edilizia (dove è coinvolto l'ex vicepresidente del Consiglio Filippo Penati PD con l'accusa di corruzione e finanziamento illecito ai partiti nell'ambito dell'inchiesta sul 'Sistema Sesto'). Per non parlare del traffico illecito di rifiuti e delle tangenti sul verde pubblico o dello scandalo Aler (l'Azienda Lombarda Edilizia Popolare dove è indagato per finanziamento illecito ai partiti l'assessore alla Sicurezza Romano La Russa, (fratello dell'ex ministro della Difesa Ignazio); o delle tangenti nel settore edilizio che vede indagato per corruzione l'ex presidente leghista del Consiglio regionale Davide Boni, allo sperpero dei fondi pubblici del "Trota" e di tutta la famiglia del cosiddetto "cerchio magico" di Bossi fino alla prostituzione che coinvolge la consigliera PDL Nicole Minetti nel caso Ruby e al dossieraggio che vede indagata l'assessore leghista Monica Rizzi; tanto per citare i casi e le inchieste più importanti.
Mentre la notizia dell'arresto di Zambetti veniva rilanciata da tutte le agenzie di stampa, la Guardia di Finanza è entrata nel nuovo Pirellone per acquisire documenti che riguardano anche i rendiconti delle spese rimborsate dalla Regione ai consiglieri di Pdl e Lega (ovvero cene e spese di rappresentanza). Su questo fronte di indagini ci sono già tre indagati per peculato e truffa aggravata. Sono l'ex presidente del consiglio regionale Davide Boni (Lega), l'ex vicepresidente ed ex assessore all'ambiente Franco Nicoli Cristiani (PDL) e il consigliere ed ex assessore Massimo Buscemi (PDL). I primi due sono già al centro di inchieste della magistratura. Per Buscemi, invece, è la prima volta. Buscemi, tra l'altro, è il genero di Pierangelo Daccò, il faccendiere amico di Formigoni condannato per il crack del San Raffaele e sotto processo per i fondi della clinica Maugeri, inchiesta che vede indagato per corruzione lo stesso Formigoni.
Altro che "qualche mela marcia". Dalla Calabria, al Lazio, dalla Sicilia, alla Puglia passando per l'Emilia Romagna e Piemonte la corruzione dilaga a tutti i livelli e la cosa più inquietante è che non si salva proprio nessuno. Tutte le cosche parlamentari che fanno capo sia alla destra che alla "sinistra" del regime neofascista vi sguazzano dentro e sono coinvolte fino al collo.
All'ombra del Pirellone gli indagati e gli arresti si contano ormai a decine, lo stillicidio di nuove e sempre più vergognose notizie di reato va avanti ormai da 4 anni ma la giunta fascio-leghista del dittatore lombardo Formigoni, che da 12 anni governa ininterrottamente la Lombardia insieme alla Lega Nord e sono i massimi responsabili della dilagante corruzione, invece di rassegnare le dimissioni, continuano vergognosamente a rimanere attaccati alle poltrone e cercano di trovare sottobanco un nuovo accordo elettorale per andare a elezioni anticipate entro aprile e uscire così indenni dalla bufera giudiziaria che li ha investiti.
Di fronte a tutto ciò risulta a dir poco ridicolo lo scaricabarile inscenato dai boss della Lega e del PDL che ora si incolpano a vicenda nel tentativo di sottrarsi alle rispettive quanto gravissime responsabilità. In particolare per quanto riguarda l' ultimatum lanciato dal segretario lombardo della Lega Matteo Salvini a Formigoni: "azzeri la sua giunta o si dimetta". Come se il Carroccio e i massimi vertici di Via Bellerio non fossero tutti pesantemente coinvolti non solo nella mangiatoia del Pirellone ma anche in molte città, province e regioni dove governano. Non a caso Formigoni, per bocca del capogruppo PDL in Lombardia, Paolo Valentini, in risposta all'ultimatum leghista, ha minacciato: "ci sono mille modi per suicidarsi: se cade la Lombardia, simultaneamente cadono Piemonte e Veneto".
Mentre i consiglieri PD, IDV e Sel della cosiddetta "opposizione", oggettivamente e in molti casi anche soggettivamente, corresponsabili di questo autentico magna magna, cercano di salvarsi la faccia annunciando ripetutamente le dimissioni senza però dare seguito alle parole. Forse, ed è questa la cosa più odiosa, aspettano il 21 ottobre: data fatidica che segna il superamento di metà consigliatura e quindi la maturazione per tutti gli eletti del Pirellone del lauto vitalizio di 1.300 euro al mese.
Dunque altro che "rimpasto e giunta tecnica". Il dittatore ciellino non può restare un solo giorno di più sulla poltrona "del grattacielo più alto d'Italia" e dev'essere immediatamente buttato giù e cacciato a pedate assieme a tutta la sua giunta neofascista e ai suoi collaboratori responsabili di ogni sorta di ruberie ai danni delle masse lavoratrici e popolari a cui continuano a chiedere sacrifici.
Tutto ciò mentre i Pm Antonio D'Alessio e Paola Pirotta, del pool specializzato in reati contro la pubblica amministrazione guidato dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo, hanno aperto due fascicoli inerenti gli appalti per la pulitura dell'area di Rho-Pero dove si svolgerà Expo 2015, vinto dalla Cmc, Cooperativa muratori e cementisti, di Ravenna (Lega Coop) e la gara che ha assegnato i lavori della piastra dell'Esposizione universale del 2015 per un valore di circa 270 milioni di euro assegnato con ribasso del 41% a dir poco sospetto. Tra i primi indagati figurano il direttore generale di Infrastrutture Lombarde Antonio Rognoni, ritenuto molto vicino a Formigoni, il responsabile dell'Ufficio Gare Pier Paolo Perez, l'avvocatessa Carmen Leo. L'ipotesi di reato è la 'turbata libertà del procedimento di scelta del contraente' e l'ipotesi investigativa è che il bando sia stato confezionato su misura dei vincitori.

17 ottobre 2012