L'art. 18 cancellato a colpi di fiducia dal senato
E ora la Fornero vuole il licenziamento degli statali

Il 31 maggio, dopo ben quattro voti di fiducia al governo, il Senato nero ha licenziato la controriforma Fornero del lavoro che abolisce l'art. 18 e dà il via alla libertà di licenziamento in tutte le aziende private. "Una riforma di profonda struttura che ha ricevuto il parere favorevole di organismi internazionali imparziali (sic) come Ue, Ocse, Fmi", ha detto soddisfatto il tecnocrate liberista Monti, che a chi gli chiedeva se il governo blinderà con la fiducia il provvedimento anche alla Camera ha lasciato intendere di sì. Anche perché il governo vuole assolutamente portarla a casa entro l'estate.
Molto soddisfatto anche il PD, che evidentemente la considera una grande vittoria, se per bocca della capogruppo Finocchiaro ha avuto la faccia tosta di dichiarare che "è stata raggiunta una sintesi razionale, laica e direi, se non fosse una sgrammaticatura, costituzionale e riformista della regolamentazione del mercato del lavoro e penso che sarà utile all'Italia". Moderatamente soddisfatto invece il PDL, ma solo perché avrebbe voluto una controriforma ancor più filopadronale e punitiva per i lavoratori, per cui si è limitato a dire per bocca del suo capogruppo, il fascista Gasparri, che "non è la nostra legge ma l'abbiamo migliorata".
Chi invece incassa ma non è ancora abbastanza soddisfatta, anzi considera questa controriforma solo una vittoria a metà e già batte i piedi per alzare la posta, è proprio la sua madrina, la Marchionne del governo Monti, Elsa Fornero, che a questo punto invoca la sua estensione anche ai lavoratori del settore pubblico. E ciò naturalmente in nome dell'"equità", perché a suo dire non è giusto che i lavoratori statali godano del "privilegio" di non essere licenziabili in qualsiasi momento come i loro colleghi del settore privato: "Tenendo conto della specificità del pubblico impiego - ha detto infatti la Fornero - auspico che ci sia il più possibile parità di trattamento tra lavoratori del settore privato e di quello pubblico. Ma non dite che questo significa libertà di licenziare". E a giustificazione di questa sua curiosa filosofia dell'"equità", ha aggiunto: "Io sono per le pari opportunità, che non riguardano solo uomini e donne, ma anche dipendenti pubblici e privati, lavoratori extracomunitari e nativi". Insomma, tutti devono avere pari opportunità di essere licenziati a piacimento dei datori di lavoro!
Questa dichiarazione è arrivata come una sua "precisazione" al termine di una giornata, il 4 giugno, segnata da un battibecco col ministro della Funzione pubblica Patroni Griffi, in merito alla bozza di legge delega per la "riforma" del pubblico impiego del governo. La Fornero è favorevole a inserirvi anche la licenziabilità per motivi economici (e non solo disciplinari, come prevede il provvedimento), esattamente come per i dipendenti privati. Il suo collega invece lo giudica poco praticabile, perché in caso di licenziamento giudicato ingiusto se a pagare fosse chiamato il dirigente "non avremmo più un licenziamento", mentre se fosse lo Stato "a quel punto paga Pantalone e quindi tutto va a carico della collettività". Il ministro quindi aveva ribadito che la "riforma" non entrerà in merito a ciò ma si rimetterà alle decisioni del parlamento.
Alla fine i due si sono messi d'accordo con una nota congiunta per ribadire che in ogni caso "i licenziamenti (per i dipendenti pubblici, ndr) sono una sanzione e possono essere un deterrente". Si sono trovati d'accordo cioè sul principio che qualcosa andrà fatto per rendere più vulnerabili e ricattabili i lavoratori del pubblico impiego con lo spauracchio della perdita del posto di lavoro, in modo da raggiungere nella pratica lo stesso effetto di "deterrenza" che l'abolizione dell'art.18 avrà sui rapporti di lavoro privati.

13 giugno 2012