Il decreto “Salva Ilva” va affossato
La nazionalizzazione dell'Ilva deve essere permanente e non temporanea
Inaccettabili l'impunità del Commissario e dei suoi uomini e le bonifiche ridotte all'80%, senza gli interventi decisivi anti-cancro
Il danno ambientale lo devono pagare i Riva

Alla vigilia di Natale il Consiglio dei Ministri (CdM) assieme ai decreti attuativi sul Jobs Act e sui nuovi ammortizzatori sociali ha approvato anche il testo che interessa il siderurgico di Taranto, denominato “salva-Ilva che dovrebbe intervenire sul risanamento dell'acciaieria pugliese e scongiurarne la chiusura a causa del forte inquinamento prodotto. Una questione che si trascina da molto tempo che, oltre allo sfruttamento degli operai, ha prodotto tantissimi casi di tumore tra i lavoratori, tra la popolazione dei quartieri limitrofi (spesso abitati dalle famiglie degli stessi dipendenti Ilva) e l'inquinamento di vaste zone della periferia tarantina.
Gli attuali proprietari dell'Ilva sono la famiglia Riva, gli industriali lombardi che l'acquistarono nel 1995 quando i governi di allora decisero di privatizzare l'IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale). Il presidente dell'ente era Romano Prodi che svendette ai privati le aziende a partecipazione statale facendo ingrassare tanti capitalisti e causando migliaia di licenziamenti. Quando quella che ancora si chiamava Italsider, (nata nei primi anni '60) passò ai Riva era già un azienda da rinnovare tanto che nel 1990 l'area di Taranto era stata dichiarata sito a rischio ambientale.

Decenni d'inquinamento
Non dobbiamo dimenticare che la gestione statale ha avuto i suoi aspetti negativi, anch'essa ha provocato notevoli danni e nonostante i grandi finanziamenti a disposizione quasi nessuna risorsa fu utilizzata per la prevenzione del danno ambientale, anzi, queste erano parole del tutto sconosciute. Solo in epoca relativamente recente sono state varate normative in tema di valutazione preventiva degli impatti ambientali (Valutazione di Impatto Ambientale e Valutazione Ambientale Strategica) e di allineamento degli impianti industriali alle migliori tecniche disponibili (Autorizzazione Integrata Ambientale, AIA).
Con l'invecchiamento della fabbrica la situazione si è aggravata ma i Riva si son guardati bene dall'intervenire a salvaguardia della salute dei lavoratori e della popolazione ma hanno sfruttato al massimo per il loro profitto i lavoratori, il territorio e gli impianti. Una situazione che si è trascinata fino al commissariamento del 2013. Eravamo oramai di fronte a dati sempre più allarmanti e inconfutabili che dimostravano come a Taranto, e in particolare nel quartiere Tamburi situato vicino allo stabilimento, i casi di tumore e di altre malattie strettamente legate alle emissioni degli altiforni e alle polveri dei parchi minerali (lo stoccaggio all'aperto delle materie prime) erano infinitamente superiori alla media nazionale, nonostante l'ex commissario straordinario Enrico Bondi, con una notevole faccia tosta, affermò che ciò era dovuto a fattori socioeconomici e al maggiore utilizzo di tabacco.
Nell’ordinanza del Gip al processo del 2012 si legge: “chi gestiva e gestisce l’Ilva ha continuato nell’attività inquinante con coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza”. Riva senior, nel frattempo deceduto, è uno dei 50 imputati nel processo per associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, omissione di cautele sui luoghi di lavoro e avvelenamento di sostanze alimentari cominciato nel 2014. Tra gli indagati anche il governatore della Puglia Nichi Vendola per aver esercitato pressioni sull'Arpat affinché chiudesse un occhio sull' Ilva. Del resto i Riva, come emerso dalle indagini, hanno sempre elargito denaro ai politici locali, ai sindacati e alle autorità religiose cattoliche, oltre che a ministri e politici nazionali. E' insomma provato il coinvolgimento politico e giudiziario del narcisista trotzkista nel sistema Ilva: costui ha concordato con i padroni dell'acciaieria leggi che hanno consentito di avvelenare l'acqua, l'aria e il suolo di Taranto. Ricevendone in cambio sostegno politico e finanziamenti.
Proprio questo intreccio tra affari, politica e corruzione ha permesso di tollerare per tanti anni questo disastro ecologico che ha portato all'attuale stallo, dove si stava rischiando la chiusura delle acciaierie, la scomparsa di questo settore strategico dal nostro Paese e sopratutto il licenziamento di migliaia di lavoratori. E' stata anzitutto la lotta degli operai ha impedire la chiusura della fabbrica ma adesso i lavoratori e la popolazione non sono disposti a sacrificare la salute in cambio del lavoro e ciò ha costretto il governo a intervenire direttamente.

Il decreto
A metà gennaio l'Ilva entrerà in amministrazione straordinaria secondo la legge Marzano (istituita nel 2004 per il crack Parmalat) appositamente modificata, e quindi sarà nazionalizzata, Renzi ha illustrato il piano che prevede lo stanziamento di 2 miliardi di euro. Una cifra che parte già sottostimata poiché i magistrati avevano indicato in 8 miliardi la cifra necessaria. L'intervento sarà così suddiviso: quasi un miliardo e 200 milioni all'acciaieria per rispettare l'AIA (l'allineamento alle migliori tecniche disponibili), 800 milioni per la riqualificazione e bonifica della Città Vecchia, del porto e delle aree adiacenti l'Ilva, 30 milioni per l'ospedale di Taranto indirizzate alla ricerca e alla cura dei tumori specie infantili, tanto che Renzi in conferenza stampa ha affermato: “salveremo i bambini di Taranto”. Ennesima bufala del nuovo Berlusconi perché nel decreto non c'è traccia di finanziamento, e un po' per tutto il piano le coperture finanziare sono molto vaghe.
Ma questo decreto è pieno di pecche. Sospende la legge e scavalca la magistratura che aveva predisposto l'immediato risanamento dell'impianto che rimane tutt'ora il più grande d'Europa. Il governo si prende il tempo che vuole, farà gli interventi che più gli convengono e assicurerà l'immunità al Commissario che gestirà l'azienda, molto probabilmente l'attuale, Piero Gnudi. Costui non sarà perseguibile durante tutto il suo mandato, cosicché la Magistratura (il controllo del rispetto delle leggi) sarà impotente e subordinata all'Esecutivo. Un'impunità inaccettabile che impedirà ai cittadini di ricorrere alla magistratura per denunciare il reato d'inquinamento. Ma questa impunità sarà estesa anche ai privati che subentreranno in seguito, basta che proseguano con il programma del Governo.
Perché il decreto non obbliga l'amministratore pubblico a portare a termine la bonifica ambientale, ma sarà considerata attuata se verranno eseguite l'80% delle 94 prescrizioni ambientali indicate dall'AIA, senza specificare come vengono calcolate. Se non si chiariscono le tipologie e le priorità d'intervento il governo potrebbe ottemperare a quelli meno onerosi e tralasciare quelli più importanti e costosi, che tra l'altro dovevano già essere fatti e invece sono stati continuamente prorogati.
Ma chi finanzierà tutta l'operazione? Questi due miliardi dovrebbero essere così suddivisi: un miliardo e 200 milioni dai beni confiscati alla famiglia Riva (ma al momento sono in Svizzera e non sarà facile riaverli), 150 milioni da Fintecna provenienti dalle azione vendute al tempo della privatizzazione dell'Italisider e 860 milioni di soldi pubblici. Ma non dobbiamo scordarci che la nazionalizzazione sarà solo temporanea, al massimo 3 anni, dopodiché l'Ilva sarà di nuovo rimessa sul mercato e venduta al miglior offerente.
Proprio qui sta la questione principale. Il piano del governo appare funzionale a un risanamento fatto con i soldi pubblici per rendere di nuovo appetibile l'acciaieria a qualche cordata di capitalisti privati. Cordata che sembra già pronta: l'italo-indiana Arcelor Mittal-Marcegaglia già interessata all'aquisto, che non a caso si è proposta di amministrare assieme al commissario Gnudi l'azienda durante la gestione pubblica. Il fatto è che gli acquirenti non mancano e l'azienda non ha i debiti della Parmalat o dell'Alitalia, ma nessuno vuole accollarsi la costosa, imponente e urgente bonifica ambientale. Ma il governo è già pronto: costituirà una bad company su cui far confluire l'attività passiva (che sarà pagata dai contribuenti) e una new.co (nuova azienda) che raccoglierà i guadagni dopodiché sarà pronta per essere sfruttata dai privati.

Occorre una vera nazionalizzazione
Sono impostazioni inaccettabili e contro le quali è necessario battersi per una vera nazionalizzazione. Questa deve essere permanente e non temporanea, deve dare la possibilità ai lavoratori e alla popolazione di Taranto di poter controllare seriamente tutte le emissioni e tutti dati relativi a tutto il ciclo produttivo dell'acciaio. Si può e si deve avere libero accesso a tutti i dati che riguardano la salute e l'ambiente, dati che i pescecani della famiglia Riva tenevano segreti o taroccavano attraverso connivenze e corruzione. Solo la nazionalizzazione può permettere l'ammodernamento alle più severe norme antinquinamento e allo stesso tempo garantire la sopravvivenza alla maggiore acciaieria europea che fornisce di materia prima tutta la manifattura italiana e impiega 12 mila dipendenti. Si tira in ballo l' Unione Europea che ostacola gli interventi statali. Ciò è vero e anche per questo l'UE va soppressa però le leggi, quando si vuole si possono cambiare, come dimostra la modifica della legge Marzano.
La famiglia Riva ha tratto immensi profitti dall'Ilva, sfruttando i lavoratori e avvelenando il territorio, ha assoggettato tutta la popolazione di Taranto al ricatto occupazionale e con le sue innumerevoli complicità e protezioni a tutti i livelli (dal governo cittadino a quello centrale passando per quello regionale di Vendola), ha sempre eluso i controlli ed evitato gli interventi ambientali che pure si era impegnata a fare. Per riempirsi le tasche di denaro non ha esitato a far ammalare operai, impiegati, lavoratori delle ditte esterne, i loro familiari, riempendo gli ospedali di Taranto di adulti e bambini ammalati di cancro. E' quindi giusto e sacrosanto che siano i Riva a pagare i danni ambientali, espropriando anche tutte le loro proprietà.

14 gennaio 2015