Non gli basta l'attuale regime neofascista
I fascisti di Avanguardia Ordinovista volevano restaurare il fascismo di Mussolini
14 arrestati, 31 inquisiti. L'ideologo Sermonti ha fatto parte della “Repubblica sociale italiana”

Il 22 dicembre su ordine della procura di L'Aquila sono finiti in manette 14 militanti neofascisti di Avanguardia Ordinovista e altri 31 risultano indagati a piede libero nell'ambito dell'operazione denominata “Aquila nera” effettuata dal Raggruppamento operativo speciale (Ros) dei carabinieri e diretta contro il gruppo neofascista ispirato dall'ex repubblichino Rutilio Sermonti, ideologo del “Nuovo fronte politico italiano” che istigava i suoi seguaci in camicia nera a mettere in atto una serie di attentati contro "obiettivi istituzionali, magistrati e rappresentanti delle forze dell'ordine” con l'intento di destabilizzare il Paese, preparare il terreno per un colpo di Stato e restaurare il fascismo di Mussolini.
L'inchiesta nasce da un'attività investigativa avviata nel 2013 e seguita personalmente dal procuratore Fausto Cardella e dal pubblico ministero Antonietta Picardi. Nel mirino l'associazione clandestina denominata 'Avanguardia ordinovista' che, "richiamandosi agli ideali del disciolto movimento neofascista 'Ordine Nuovo', progettava azioni di terrorismo contro Prefetture, Questure e uffici di Equitalia, per poi ipotizzare un salto di qualità legale con la partecipazione di una propria lista alle elezioni”. In particolare il gruppo progettava attentati anche contro “uomini politici non dotati di scorta, ritenuti quindi obiettivi facili da colpire”. E a tal proposito: “Il gruppo si era attivato nella ricerca di armi su più canali: c'erano contatti per acquistarne in Slovenia, mentre una rapina ai danni di un collezionista è stata sventata tempestivamente da un intervento dei carabinieri. Un'altra dotazione di armi veniva da un deposito sotterrato dalla prima guerra mondiale”
Gli arresti e le perquisizioni sono state eseguite in varie città, fra cui L’Aquila, Montesilvano, Chieti, Ascoli Piceno, Milano, Torino, Gorizia, Padova, Udine, La Spezia, Venezia, Napoli, Roma, Varese, Como, Modena, Palermo e Pavia dove sono state condotte anche decine di perquisizioni.
Secondo gli investigatori l’organizzazione era guidata dal nuovo gerarca Stefano Manni, 48 anni, originario di Ascoli Piceno, che si occupava del reclutamento e del reperimento dei fondi. Imparentato con Gianni Nardi, il terrorista neofascista che negli anni ’70 insieme a Stefano Delle Chiaie, Giancarlo Esposti e Salvatore Vivirito, era uno dei maggiori esponenti di Ordine Nuovo. Manni fino a 10 anni fa era un sottufficiale dell’Arma dei carabinieri.
Il ruolo di ideologo invece era rivestito – secondo gli inquirenti – da Rutilio Sermonti, 93 anni, ex appartenente a Ordine Nuovo, nonché autore del cosiddetto “Statuto della Repubblica dell’Italia Unita” una sorta di nuova carta costituzionale di chiaro stampo fascista sequestrato dai carabinieri nella sua casa.
Secondo l'accusa Sermonti ha fornito "sostegno ideologico” al gruppo neofascista ed è accusato anche di aver "incitato i sodali del gruppo all''offensiva' sostenendo che non sia più indispensabile 'l'assalto delle masse', ma sufficiente l'azione di 'pochi uomini, decisi, poco visibili e coraggiosi'".
I reati contestati a vario titolo agli arrestati e agli indagati sono di associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, associazione finalizzata all’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi nonché tentata rapina.
Il programma dei neofascisti, hanno precisato il comandante nazionale del Ros, il generale Mario Parente, e il procuratore dell’Aquila Fausto Cardella, era “basato su un doppio binario... Da un lato atti destabilizzanti da compiersi su tutto il territorio nazionale e dall’altro un’opera di capillare intromissione nei posti di potere, tramite regolari elezioni popolari con la presentazione di un loro nuovo partito“. Accanto all’attività clandestina, infatti, al gruppo neofascista veniva impunemente permesso di fare anche propaganda alla luce del sole e di allargare il consenso utilizzando i social network.
Il procuratore Cardella durante la conferenza stampa ha sottolineato: "Li abbiamo fermati in tempo. Stavano per usare le armi ma i carabinieri di Pescara sono riusciti a sequestrare in tempo un vero e proprio arsenale".
Tra le attività pubbliche era in cantiere la costituzione di un Movimento Politico per partecipare direttamente alle elezioni e una scuola politica, denominata Triskele, legata al fascistissimo “Centro Studi Progetto Olimpo”, che si sarebbe dovuta occupare dell’organizzazione di incontri in tutta Italia e di curare gli stretti contatti con altre organizzazioni neofasciste tra le quali i “Nazionalisti Friulani”, il “Movimento Uomo Nuovo” e la “Confederatio”.
Luca Infantino (arrestato) è il camerata incaricato di darsi da fare su questo piano col preciso compito di partecipare “attivamente e pubblicamente – è scritto nelle 192 pagine dell'ordinanza – alla formazione di una lista civica denominata ‘Ilaria Casale’ da presentare alle elezioni amministrative tenutesi nel maggio 2014 nel comune di San Vittore Olona“, in provincia di Milano.
Tra gli arrestati c’è anche Katia De Ritis, vicesegretario di Fascismo e Libertà, eletta lo scorso maggio nel consiglio comunale di Poggiofiorito (Chieti). Di lei i magistrati scrivono che “nell’ultimo periodo d’indagine si è spesa per individuare obiettivi fisici da colpire e canali per il reperimento di armi da fuoco e per i contatti con altri gruppi operativi”. Ma era prevista anche l’organizzazione di “Campi Hobbit”, richiamando il nome delle manifestazioni ideate dal Fronte della gioventù tra il 1977 e il 1981 per propagandare l'ideologia fascista. C’era anche un luogo di “venerazione” lungo la costa abruzzese, dove gli appartenenti al gruppo di Manni e Sermonti si riunivano, ma sul quale gli investigatori mantengono il più stretto riserbo.
L’organizzazione – secondo gli inquirenti – progettava anche azioni violente nei confronti di obiettivi istituzionali, tentando di reperire armi attraverso rapine o all’estero. I kalashnikov, ad esempio, dovevano essere comprati in Slovenia. “Quanto costano le caramelle? Mille l’una. Ne hanno cinque”, dicono Manni e Franco Grespi (anche lui arrestato) durante una telefonata intercettata. Ma si parla anche di “botti“: “Hanno solo quelli usa e getta, una botta sola, a 400 l’uno”, dice Grespi. “Non vanno bene, servono quelli da appoggiare e poi andare”, risponde Manni.
Non a caso il Gip (Giudice per le indagini preliminari) Giuseppe Romano Gargarella, che ha firmato l’ordinanza, scrive che i neofascisti erano pronti a uccidere anche magistrati, rappresentanti delle forze dell’ordine, politici e ministri. Gli obiettivi finiti nel mirino, secondo la Procura dell’Aquila, erano Prefetture, Questure e uffici di Equitalia.
Lo conferma ripetutamente lo stesso Manni, che al telefono, mentre viene intercettato dal Ros, dichiara: “E’ giunto il momento di colpire, ma non alla cieca. Non come alla stazione di Bologna, tra l’altro non attribuibile a noi, vanno colpite banche, prefetture, questure, uffici di Equitalia, con i dipendenti dentro”, spiega il gerarca neofascista , che precisa: “Perché Equitalia non ha un corpo e un’anima, opera (ed uccide) per mezzo dei suoi dipendenti... E’ arrivato il momento di farlo, ma farlo contestualmente. Non a Pescara e poi fra otto mesi a Milano“. Insomma, conclude Manni: “Credo che la via dell’Italicus sia l’unica percorribile”, alludendo alla strage neofascista compiuta nella notte del 4 agosto 1974 a San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna sul treno espresso Roma-Monaco di Baviera, in cui morirono 12 persone ed altre 48 rimasero ferite.
Sul coordinamento dell'”azione” concorda anche Luca Infantino che precisa: “Deve essere simultanea e potrebbe colpire le città di Roma, Milano e Firenze per creare una punta di terrore, in quanto solo due bombe ad Equitalia non verrebbero commentate sui media”. Sarebbe più “utile colpire metropolitane tipo Bologna, Milano, Roma per incutere terrore nella popolazione”. In modo che “il popolo bue”, impaurito, “si rivolga a noi”.
Le indagini hanno confermato anche una serie di minacce indirizzate contro il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Manni in vari messaggi postati su Facebook scrive fra l'altro che: “Questo è il momento storicamente perfetto per carbonizzare Napolitano e la sua scorta. Da qui deve partire la liberazione d’Italia”. Altre minacce vengono rivolte alla presidente della Camera Laura Boldrini, all’ex ministro per l’integrazione Cecile Kyenge, Pierferdinando Casini e al presidente della regione Abruzzo Gianni Chiodi. Nel mirino anche l’ordinovista Marco Affatigato, oggi latitante, che il gruppo neofascista voleva “eliminare” per vendetta perché “legato ai servizi segreti” e perciò considerato un “infame” colpevole degli arresti del 90% dei camerati”.
Ferma condanna contro i rigurgiti fascisti è stata espressa dal presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, secondo cui: “Per chi si ispira al fascismo non ci devono essere mezze misure. Vogliamo credere che questo immenso lavoro si possa al più presto concretizzare con sentenze esemplari“.
Insomma, ai camerati di Avanguardia Ordinovista non basta l'attuale regime neofascista, piduista, presidenzialista, liberista e interventista che, con la piena e fattiva collaborazione del PD, ha stracciato la Costituzione antifascista del 1948 e di fatto ha già restaurato il fascismo in Italia sia pure sotto nuove forme, metodi e vessilli; Non gli basta che a Palazzo Chigi sia salito il Berlusconi democristiano Renzi che rappresenta la reincarnazione moderna e tecnologica di Mussolini; essi continuano a tramare per ottenere la piena restaurazione della dittatura di stampo mussoliniano.

14 gennaio 2015