In Pakistan, Gaza, Niger, Somalia, Algeria, Cecenia e Inguscezia
Rivolta dei musulmani per le provocazioni di “Charlie”
Minacce di una nuova guerra mondiale

 
La campagna islamofobica scatenata in particolare in Europa dopo le azioni militari di stampo terroristico da parte degli islamici antimperialisti del 7 gennaio a Parigi e l'uscita del numero speciale di “Charlie Hebdo” con nuovi contenuti provocatori verso l'Islam hanno sollevato una giusta protesta nei paesi islamici con condanne da parte dei governi e manifestazioni di piazza in Africa e Asia, in alcuni casi oceaniche come in Cecenia.
In ordine cronologico registriamo il 14 gennaio il commento dello Stato islamico alla pubblicazione del nuovo numero del settimanale islamofobo francese definita “una mossa molto sciocca” mentre il parlamento afghano approvava una risoluzione con la quale chiedeva ai “leader dei paesi occidentali di evitare la pubblicazione di materiali blasfemi, in particolare di caricature del profeta Maometto”, perché pubblicazioni di questo tipo “creano una distanza tra i musulmani e i non musulmani”. Un portavoce del governo iraniano esprimeva la “condanna di atti provocatori. L’iniziativa del settimanale francese offende e provocherà i sentimenti dei musulmani nel mondo”. “A meno che non impariamo a rispettarci l’un l’altro, sarà molto difficile vivere in un mondo di visioni, culture e civiltà diverse. Non potremo avviare un dialogo serio se inizieremo a mancare di rispetto ai nostri rispettivi valori e sacralità”, affermava il portavoce.
Un invito ai musulmani a ”ignorare” le nuove vignette sul profeta Maometto arrivava da AlAzhar, la massima istituzione dell’Islam sunnita con sede al Cairo che chiedeva “a tutti i musulmani di ignorare questa frivolezza odiosa”. La “vignetta su Maometto è offensiva e dimostra un disprezzo totale dei sentimenti di quasi due miliardi di musulmani nel mondo”, denunciava anche il Grand Mufti di Gerusalemme.
Il 15 gennaio arrivava la condanna unanime del parlamento pakistano: "Questa aula condanna la pubblicazione di vignette sul profeta in Francia. Chiediamo alla comunità internazionale compresa l'Unione europea, di assicurare che questi fatti non si ripetano". Dopo il voto i deputati sfilavano con altri manifestanti in corteo di fronte alla sede del parlamento a Islamabad.
Condanna da parte della resistenza palestinese con Hamas che sul quotidiano ufficiale del gruppo, Felesteen, affermava che la libertà di espressione non permette di insultare il Profeta assieme a una vignetta che rappresenta una mano che fa un segno di stop a un'altra mano, che impugna un pennello a forma di diavolo. Sotto la prima mano appare la scritta "Tutto tranne il Profeta", mentre sotto quella con il pennello si legge "Libertà di espressione". Il dirigente di Hamas Izzat Risheq dichiarava che la pubblicazione delle nuove vignette "getta benzina sul fuoco".
Il 16 gennaio vari gruppi e partiti islamici pachistani invitavano a scendere in piazza dopo la preghiera del venerdì nelle principali città del paese. A Karaci i dimostranti, per la maggior parte studenti universitari, protestavano davanti al consolato francese e si scontravano con la polizia che presidiava la sede.
Migliaia di persone manifestavano in Siria nelle zone sotto il controllo dell'opposizione al regime di Assad, che pure aveva condannato le vignette offensive, da Aleppo a Homs da Daraa a Idlib. A Aleppo i manifestanti bruciavano manifesti con la scritta “Je suis Charlie”, chiedevano rispetto per le religioni e di evitare pregiudizi.
Centinaia di dimostranti scendevano in piazza a Beirut, in Libano, e cercavano di raggiungere l’ambasciata francese protetta dalla polizia. A Sidone manifestanti palestinesi si riunivano davanti alla moschea di Khaled Bin Walid del campo profughi di Ain al-Hilweh. Centinaia di palestinesi manifestavano presso la moschea di al Aqsa a Gerusalemme sventolando bandiere di Hamas e contestando la partecipazione del presidente palestinese Abu Mazen alla marcia dell'11 gennaio a Parigi.
Corteo di protesta a Kabul in Afghanistan durante il quale i manifestanti intonavano slogan contro la Francia, bruciavano la bandiera francese e inneggiavano ai due attentatori di “Charlie Hebdo”. ”Condanniamo con forza la pubblicazione delle vignette sul Profeta Maometto e lodiamo il mujahedin che ha condotto l’attacco al giornale francese”, affermava ha detto l’imam Maulawi Salahuddin invitando i fedeli ad “attaccare gli invasori stranieri in Afghanistan”. Il presidente Ghani giudicava “irresponsabile” la scelta di pubblicare nuove vignette satiriche sul profeta, “una dissacrazione dell'Islam”.
Il 18 gennaio la protesta dei musulmani si allargava a Niger, Bangladesh, Somalia, Algeria, Giordania, Sudan e Inguscezia.
In Niger gruppi di manifestanti arrivavano fino a assaltare e dare al fuoco a almeno una quarantina di chiese cristiane mentre nella capitale Niamey devastavano bar, alberghi e negozi di proprietà di non musulmani o affiliati a ditte francesi. Contestato il presidente Mahamadou Issoufou che aveva partecipato alla marcia di Parigi. In Somalia migliaia di manifestanti sfilavano con cartelli di "Je suis Muslim" e "I love Muhammad". A Magas, capitale dell’Inguscezia, tra i 20 mila manifestanti scesi in piazza c'era il presidente della repubblica autonoma Iunus Bek Evkurov che denunciava: “Le caricature pubblicate dal giornale sono estremismo di stato da parte di alcuni paesi occidentali”.
Il 19 gennaio le proteste si ripetevano a Gaza dove manifestanti salafiti sfilavano, scortati dai militari di Hamas, per le strade di Gaza fino davanti la sede del centro culturale francese dove bruciavano la bandiera della Francia e inneggiavano allo Stato islamico.
La manifestazione più numerosa si svolgeva a Grozny, in Cecenia, dove oltre 800 mila manifestanti si radunavano davanti alla principale moschea della città; “Dobbiamo dire al mondo che amiamo Maometto e non consentiremo a nessuno di offendere le sensibilità religiose dei musulmani”, dichiarava il gran muftì della Russia, Ravil Gainutdin, nel discorso che è stato trasmesso in diretta dalla televisione di stato russa. L’alta carica religiosa ha condannato gli attacchi del 7 gennaio a Parigi ma anche definito “volgari e immorali” le immagini pubblicate dal settimanale satirico francese. Il presidente ceceno Ramzan Kadyrov, tra i promotori della manifestazione, avvertiva che “abbiamo intenzione di lanciare una decisa protesta contro la volgarità, l’immoralità e la mancanza di cultura e senso di vergogna di coloro che disegnano caricature del profeta Maometto. Il nostro è un avvertimento esplicito, non siamo disposti a tollerare azioni simili”.
Alte manifestazioni di protesta dei musulmani si sono svolte in Pakistan, a Lahore, Karachi e Peshawar; in Algeria, Sudan e a Dakar in Senegal, a Nouakchott in Mauritania dove in migliaia hanno marciato cantando "siamo qui per difendere il profeta" e dato fuoco a una bandiera francese dopo che la polizia aveva impedito al corteo di raggiungere l'ambasciata francese. Proteste in Giordania e di nuovo in Libano, Siria e a Gerusalemme.
L'ampia rivolta dei musulmani in tutto il mondo per le provocazioni del settimanale satirico “Charlie Hebdo” conferma che l'azione di guerra degli antimperialisti islamici a Parigi, come denunciava il comunicato dell'Ufficio politico del PMLI del 10 gennaio “non è stato quindi un attacco alla libertà di espressione e di stampa, ma un attacco all'imperialismo francese che tutela in armi i suoi interessi in Afghanistan, Iraq, Libia, Yemen, Siria, Mali, Ciad e altrove. Il guerrafondaio e bombardiere Hollande ne è il maggiore responsabile.
Ormai, dall'11 settembre di New York, la guerra di resistenza all'imperialismo, sotto forma di azioni terroristiche, è portata fin dentro i Paesi imperialisti, ed è impensabile fermarla se gli imperialisti non si ritirano dai Paesi che occupano o che controllano”. Altrimenti alimentano i pericoli di una nuova guerra mondiale.

21 gennaio 2015