Il rinnegato, riformista e filo Ue Tsipras sparge illusioni elettorali, parlamentari e governative, un ostacolo all’avvento del socialismo in Grecia
La “sinistra” borghese greca conquista il governo e si allea con la destra
In visibilio i riformisti, i falsi comunisti e i trotzkisti europei con in testa “il manifesto” trotzkista
Quasi il 40% dell’elettorato ha disertato le urne

Il leader di Syriza, Alexis Tsipras, ha giurato il 26 gennaio di fronte al presidente della Repubblica ellenica Karolos Papoulias che gli aveva conferito l’incarico di formare il nuovo governo dopo la vittoria alle elezioni politiche del giorno precedente e ha insediato il nuovo esecutivo formato da esponenti del suo partito e dell’alleato di governo, la formazione di destra e anti-immigrati del partito nazionalista dei greci indipendenti (Amel). La “sinistra” borghese di Syriza ha conquistato il governo e succederà all’esecutivo guidato da Antonis Samaras della destra di Nuova democrazia (Nd), appiattito sui diktat dei tagli al bilancio e della politica di lacrime e sangue imposta dell’Unione europea (Ue).
Proprio in merito a respingere, o meglio a rinegoziare, il memorandum definito tra i precedenti governi di Atene e la famigerata Troika, alla cui applicazione erano legati gli aiuti finanziari forniti dalla Ue e dal Fondo monetario, Tsipras ha giocato la carta per lui vincente nella campagna elettorale. Ha fatto leva sul rigetto da parte delle masse popolari per una politica economica condotta in successione dal governo socialista e da quello di Samaras che le ha portate alla miseria e alla disperazione per presentarsi come un effettivo oppositore di tali politiche sbandierando la parola d’ordine “cancellare il debito”. Che già prima del voto era diventata “rinegoziare”, una parola più tranquilizzante e accettabile per la guida neoliberista della Ue, Germania in testa.
Non a caso a urne appena chiuse il governo tedesco si diceva aperto a un possibile nuovo prolungamento delle scadenze legate ai programmi di aiuto concordati con la Grecia, “fondamentalmente è un’opzione’’ affermava una portavoce del ministero delle Finanze di Berlino.
La “virata” sul debito ha permesso tra l’altro a Tsipras di raccogliere consensi anche nell’elettorato di centro oltre che fare piazza pulita in quello dei socialisti. Non ha invece drenato, se non in piccola parte, il serbatoio della diserzione dalle urne che è rimasta la scelta di oltre un terzo dell’elettorato.
Erano quasi 10 milioni gli aventi diritto al voto, 9.8 milioni, per eleggere i 300 parlamentari. O meglio per definire i 250 divisi proporzionalmente fra tutti i partiti concorrenti mentre gli altri 50 sono il premio di maggioranza per la prima forza politica. Nelle precedenti elezioni politiche del 2012 la diserzione dalle urne era arrivata al 38%; in quelle del 25 gennaio la diserzione è scesa di quasi due punti al 36,1%. Nonostante le sirene elettoraliste sono stati oltre 3,5 milioni gli elettori che hanno disertato le urne, numericamente il primo “partito” della Grecia.
Per una corretta lettura delle percentuali di voto ottenute dai partiti, calcolate sui voti validi, occorre quindi ridurre il valore di oltre un terzo. Siryza è risultato il partito più votato con 2.246.064 voti, pari al 36,34 dei voti validi, e ha conquistato 149 seggi, a un soffio dalla maggioranza assoluta di 151. Nuova democrazia ha ottenuto 1.718.815 voti pari al 27,81 e ha ottenuto 76 seggi. Seguono i nazisti di Alba dorata con 388.447, 6,28% e 17 seggi; la nuova formazione di “centro-sinistra” To potami (il fiume) con 373.868, 6,05% e 17 seggi; il Partito comunista revisionista KKE con 338.138 voti, 5,47% e 15 seggi; gli Indipendenti greci di Anel con 93.371 voti, 4,75% e 13 seggi; i socialisti del Pasok con 289.482 voti, 4,68% e 13 seggi; gli altri partiti in lizza non hanno raggiunto la soglia del 3% e non hanno ottenuto rappresentanti in parlamento.
Rispetto ai risultati del 2012 spiccano l’aumento di quasi 600 mila voti di Siryza e i 373 mila di To potami presente per la prima volta; di contro si ha la perdita di quasi 100 mila voti di Nuova democrazia, di oltre 170 mila di Anel e di oltre 400 mila del Pasok.
Fra i primi a congratularsi con Tsipras registriamo il bellicista imperialista francese François Hollande che l’ha invitato a “recarsi presto a Parigi”. In un comunicato della presidenza, l’Eliseo ha fatto sapere che Hollande ha espresso a Tsipras la sua “volontà di favorire le discussioni e il dialogo allo scopo di permettere alla Grecia di ritrovare la strada della stabilità e della crescita, in uno spirito di solidarietà e responsabilità che unisca gli europei. La Francia sarà al fianco della Grecia in questo periodo importante per il suo futuro”.
Tralasciando i commenti entusiastici e comunque significativi dei cosiddetti “euroscettici”, i partiti di destra fascisti e razzisti dall’Ukip del britannico Nigel Farage al Front National di Marine Le Pen, alla Lega di Matteo Salvini, registriamo che la vittoria di Tsipras ha mandato in visibilio i riformisti, i falsi comunisti e i trotzkisti europei con in testa “il manifesto” trotzkista. Il quotidiano trotzkista già sponsor in Italia della lista L’altra Europa con Tsipras alle scorse elezioni europee nell’editoriale del numero speciale del 26 gennaio di Norma Rangeri, direttrice responsabile, esaltava la “cosmopolita sinistra europea di nuova generazione (fissata nell’immagine, a piazza Omonia, dell’abbraccio tra Tsipras e Iglesias, leader di Podemos). Una sinistra che cita molto Gramsci, che ha solide radici a sinistra ma che intende lasciarsi alle spalle le zavorre novecentesche, capace di rinnovare radicalmente modelli partitici, leadership e culture politiche”. Tenendosi sigificativamente la “zavorra” del revisionista Gramsci. E ricordava un passo del libro di Teodoro Andreadis Synghellakis, “Alexis Tsipras, la mia sinistra”, dove il leader di Syriza spiegava molto bene che si tratta “di una scommessa enorme, simile a quella del Brasile di Lula” e avvertiva che “non possiamo permetterci il lusso di ignorare che gran parte della società greca, e anche una percentuale dei nostri sostenitori, abbia assorbito idee conservatrici”. Dunque consapevolezza, sottolineava la Rangeri, della prova che l’attende e determinazione nel perseguire l’obiettivo “che oggi non è il socialismo ma la fine dell’austerità”.
Questi entusiasmi si sono quantomeno raffreddati non appena Tsipras ha accettato l’incarico di governo e formato rapidamente un esecutivo col partito di destra Anel. Le procedure istituzionali prevedono che il governo sia nominato entro tre giorni dall’incarico al primo ministro ma Tsipras ci ha messo meno di 24 ore per definire un accordo pensato probabilmente già prima del voto con il leader di Amel, Panos Kammenos, legato tra l’altro agli ambienti della polizia e dell’esercito. Una scelta veramente significativa, e non era l’unica, per garantire una maggioranza di 162 voti in parlamento al suo governo formato tra gli altri da tre ministri pro-euro ai dicasteri economici e con Kammenos alla Difesa.
Syriza è nata nel 2004 da una costola del partito comunista revisionista Kke. Anel è nata nel 2012 per scissione verso destra da Nea Demokratia, quando il premier Antonis Samaras rinunciò a opporsi al piano di salvataggio della Troika. I due partiti hanno in comune la posizione sulla Troika; sono contrapposti su temi come immigrazione, diritti civili, matrimoni omosessuali e rapporto Stato-Chiesa. Una alleanza che parla chiaro sul comportamento opportunista del rinnegato, riformista e filo Ue Tsipras che sparge illusioni elettorali, parlamentari e governative, rappresentando un ostacolo al distacco delle masse popolari dalle istituzioni borghesi e dall’Ue imperialista e all’avvento del socialismo in Grecia.

28 gennaio 2015