7 arrestati tra cui 5 ufficiali: “Chiedevano il pizzo come mafiosi”
La Marina militare affonda in un mare di tangenti

 
Che la corruzione regni sovrana dentro la macchina statale borghese è una verità confermata dalla recente inchiesta giudiziaria a Taranto da cui risulta che la Marina militare italiana affonda letteralmente in un mare di tangenti.
Dopo lo scandalo che ha portato in carcere a Taranto nel marzo 2014 il capitano di fregata Roberto La Gioia e che aveva già allora portato alla luce all'interno della Marina gravissimi episodi di corruzione, l'inchiesta dei magistrati della città pugliese non ha conosciuto soste, anzi ha appurato che all'interno di questa forza armata vi è un sistema strutturato di corruzione.
Infatti lo scorso 13 gennaio sono stati arrestati - nell'ambito della stessa inchiesta che aveva dieci mesi fa portato in carcere La Gioia - il capitano di vascello Attilio Vecchi in servizio al Comando logistico di Napoli, il capitano di fregata Riccardo Di Donna e il capitano di fregata Marco Boccadamo entrambi in servizio a Roma presso lo Stato maggiore della Difesa, il capitano di fregata Giovanni Cusmano in forza al Maricentadd di Taranto, il capitano di fregata Giuseppe Coroneo che è vice direttore del Maricommi di Taranto, il luogotenente Antonio Summa in servizio al quinto reparto dello stesso Maricommi, oltre al funzionario civile del Ministero della Difesa Leandro De Benedectis.
I magistrati tarantini hanno accertato un gigantesco giro di mazzette e di tangenti che sconcerta per la loro sistematicità e soprattutto per la regolarità con cui i militari coinvolti: il capitano La Gioia, che nel frattempo ha confessato e anzi ha aperto agli inquirenti l'inquietante scenario, riceveva ogni settimana, da molti anni e da tutti i titolari delle imprese fornitrici della base della Marina militare di Taranto, il 10% fisso degli importi delle merci e dei servizi, dispensando poi agli altri sei militari e al funzionario civile una percentuale fissa della tangente in base al grado e al ruolo che ricoprivano nell’ingranaggio burocratico deputato all’emissione dei mandati di pagamento alle imprese.
Insomma, chi a Taranto voleva lavorare con il porto militare doveva necessariamente lasciare agli uomini in divisa il 10%, e per chi faceva storie c'era anche la minaccia di uso della violenza, dal momento che il capitano di fregata La Gioia - questo appurarono già le intercettazioni che avrebbero poi portato al suo arresto - non mancava di ricordare agli imprenditori morosi che i membri dell'associazione a delinquere alla quale apparteneva, ovvero i suoi sodali appartenenti alla Marina militare, erano armati, tanto da far scrivere ai pm nell'ordinanza di arresto che i membri della banda “chiedevano il pizzo come mafiosi”.
I sette arrestati sono tutti accusati di concussione insieme al capitano di fregata la Gioia, che nel frattempo è libero con il solo obbligo di firma: fu proprio nell'ufficio di quest'ultimo, al quale la Procura di Taranto risalì tramite la denuncia di uno degli imprenditori sottoposti al pizzo, che gli investigatori coordinati dal PM Maurizio Carbone trovarono i registri dove il capitano La Gioia contabilizzava il numero delle tangenti con le percentuali e i relativi destinatari che erano identificati solo con delle lettere alfabetiche. Fu in seguito lo stesso La Gioia, interrogato dagli inquirenti, ad attribuire un nome e cognome ad ogni sigla.
Le intercettazioni telefoniche e ambientali hanno poi dato pieno riscontro alle accuse del militare, infatti le successive indagini hanno poi permesso di individuare ben sedici imprese che versavano da molti anni il 10% degli introiti ai militari, quasi esclusivamente soldi in contanti ma anche elettrodomestici e buoni di benzina.
Lo Stato maggiore della Marina, con forte imbarazzo, ha subito diffuso una nota in cui esprime pieno sostegno all’azione degli inquirenti, ma sembra veramente impossibile credere che gli otto potessero creare una vera e propria associazione a delinquere all'interno della forza armata senza che nessun appartenente alla stessa Marina si sia mai accorto di niente.
 

4 febbraio 2015