Per il contratto nazionale, la difesa del posto di lavoro, le tutele e i diritti sindacali
Pieno successo dello sciopero dei bancari
Adesioni oltre il 90%. Manifestazioni e cortei in tutta Italia

Lo sciopero nazionale dei lavoratori bancari del 30 gennaio proclamato unitariamente dalle sigle sindacali di categoria, Dircredito, Fabi, Fiba Cisl, Fisac Cgil, Sinfub, Ugl, Uilca e Falcri, in seguito alla rottura delle trattative per il rinnovo del contratto nazionale avvenuta lo scorso 25 novembre e la successiva disdetta unilaterale annunciata dall'associazione dei banchieri italiani (Abi) a partire dal primo aprile prossimo, è stato coronato da pieno successo.
L'adesione dei circa 321 mila lavoratori del settore è stata altissima: ben oltre il 90% e il blocco degli sportelli è stato totale in tutta la Penisola.
Migliaia di lavoratori hanno preso parte ai cortei e alle manifestazioni di protesta che si sono svolti a Milano, Roma, Palermo e Ravenna e in decine di altre città.
Oltre sette mila manifestanti hanno raggiunto il capoluogo lombardo a bordo di 130 pullman e si sono ritrovati davanti alla sede milanese dell'Associazione delle banche, da dove è partito un lungo e cambattivo corteo che si è snodato lungo il quartiere Ticinese, la zona delle banche, intorno a piazza Cordusio, per lambire piazza del Duomo e concludersi poi in piazza della Scala. Al termine della manifestazione a cui ha preso parte fra gli altri anche il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso che ha tenuto il discorso conclusivo, la piazza ha intonato una versione rivista di “Bella ciao” adattata con le rivendicazioni della categoria.
"Se l'Abi non cambia idea – ha detto la Camusso - continueremo la mobilitazione e gli scioperi. Le categorie ci hanno ragionato e discusso, lo diremo oggi in tutte le piazze". I banchieri si arricchiscono mentre i lavoratori si impoveriscono, è il messaggio della leader Cgil. "Basta un numero - ha detto - per rendere evidente come nella crisi ci sia chi ha continuato ad arricchirsi e chi a impoverirsi: il presidente della Bce guadagna 600 mila euro l'anno mentre i banchieri italiani ne incassano 3,7 milioni. Bastano queste cifre per capire come si sia scelto di arricchire pochi e lasciare in difficoltà una categoria molto importante perchè da lì dovrebbe passare una parte della spinta agli investimenti per la ripartenza del Paese".
A turno i vari leder sindacali hanno denunciato che diversi istituti di credito puntano ad avere singoli contratti aziendali per i lavoratori. Ritengono insufficiente l'adattamento salariale del +1,85% e stigmatizzano le disparità di trattamento economico e normativo tra i lavoratori e le condizioni per ulteriori e selvaggi tagli di posti di lavoro, dopo i 68mila già eliminati negli ultimi 15 anni.
Insomma una battaglia cruciale in cui i bancari si giocano il posto di lavoro e i diritti che il vecchio contratto, scaduto il 30 giugno del 2014, ma prorogato fino al 31 marzo 2015 si porta via. L'obiettivo è il peggioramento o la completa cancellazione di diritti fondamentali come ad esempio l’orario di lavoro, che passerebbe da 37 ore e mezzo a 40 alla settimana, la cancellazione delle salvaguardie previste contro i trasferimenti selvaggi, la tutela legale in caso di provvedimenti giudiziari legati all’attività lavorativa e le ferie che da 22, massimo 26 giorni, scenderanno a 20 giorni. E ancora: nessun obbligo di formazione retribuita in orario di lavoro e, in caso di malattia (ed è forse questo uno dei punti più odiosi se si pensa ai malati oncologici che devono sottoporsi a cure) la riduzione del periodo di comporto per la conservazione del posto di lavoro. A rischio anche i buoni pasto, gli scatti di anzianità, le provvidenze per studio ai lavoratori e ai figli studenti.
“Il contratto nazionale – si legge nella nota sindacale – deve rimanere primo elemento di diritto, non derogabile, a difesa dell’occupazione e dell’Area contrattuale. Il bancario non è un numero senza volto, ha una storia, una carriera, una professionalità e il diritto di difendere il potere d’acquisto dei salari e la dignità del lavoro. Vogliamo rimanere bancari al servizio del Paese, contro l’egoismo dei banchieri, al fianco dei clienti e dei risparmiatori... Scioperiamo e manifestiamo per recuperare gli aumenti economici legati all’inflazione e per avere un contratto collettivo a tutela dell’intera categoria, contro la volontà politica delle banche di sostituire la nostra contrattazione nazionale con i contratti aziendali e di gruppo”.
In un comunicato diffuso il 30 gennaio i bancari chiedono: “all’Abi, alle aziende, ai gruppi bancari, trasparenza in termini di retribuzione dei vertici, e direndere pubbliche le risposte che attualmente la Bce ha richiesto rispettoai parametri sui quali definire glistipendi dei banchieri e degli alti dirigenti... Chiediamo, inoltre chiarezza e trasparenza su sponsorizzazioni, consulenze informatiche e di vario genere, gestione e compravendita degli immobili di proprietà delle banche, contratti in essere con società in appalto rispetto al trasporto valori e manutenzione di servizi informatici, e invitiamo le banche a rendere noti nomi di quei professionisti e di quelle aziende che hanno contratti superiori ai 100mila euro annui, senza nascondersi dietro le previsioni della legge sulla privacy. Rispetto alla situazione di chiusura dell’attuale vertenza nazionale in atto, informiamo la nostra controparte che, dopo lo sciopero del 30 gennaio, ci aspettiamo al massimo entro due settimane un radicale cambiamento nell’atteggiamento e nella politica attuata fino a oggi. In caso contrario, saranno decise unitariamente ulteriori azioni di lotta”.

4 febbraio 2015