Documento della Cellula “Stalin” della provincia di Catania del PMLI
Catania, città afflitta dalla disoccupazione, dal precariato e dall'emarginazione

Di seguito pubblichiamo il documento diffuso sotto forma di volantino dai marxisti-leninisti a Catania in occasione del banchino per il lavoro del 7 febbraio.
 
Il lavoro è un diritto fondamentale inalienabile, e come tale dovrebbe essere garantito a tutte e a tutti. E invece non è affatto così: nella nostra città il problema della disoccupazione non è stato mai risolto e oggi si presenta nelle forme più gravi tra tutte le città del Mezzogiorno. Si registrano: un tasso di disoccupazione tra i più alti, migliaia di lavoratori a "nero" e altre migliaia di lavoratori con contratti precari, supersfruttati e non tutelati, una disparità uomo-donna ancora forte e una notevole diffusione del lavoro minorile.
Catania, inoltre, detiene il primato, a livello nazionale, dei mali sociali ed economici: nel 2014, rispetto all'anno precedente, la Cassa integrazione ordinaria ha fatto registrare un aumento del 12,2%, quella straordinaria del 44,5%, quella in deroga del 51,9%.
Il settore del commercio è sempre più in sofferenza. Nel 2014, infatti, hanno chiuso i battenti 2 attività commerciali al giorno, per un totale di 822.
Bianco e i padroni stanno facendo di Catania una città di disoccupati. Le cifre smentiscono la propaganda ottimistica dell'amministrazione comunale. Alla fine del 2013 infatti i disoccupati ufficiali a Catania risultavano 68.692, pari al 21% della popolazione attiva. La disoccupazione non ufficiale ha subito un'impennata vertiginosa nel 2014, anno in cui migliaia di catanesi senza più lavoro, non risultano nelle liste in quanto hanno dovuto lasciare la propria terra in cerca di un'occupazione.
La disoccupazione femminile e quella giovanile incidono in modo preponderante sull'intera disoccupazione catanese. Secondo l'Istat al dicembre 2013 la disoccupazione femminile è cresciuta fino a 41.772.

La condizione dei giovani
La condizione lavorativa dei giovani è caratterizzata dalla precarizzazione dei rapporti di lavoro, resi completamente subalterni alle necessità del capitalismo italiano. Questo perché i vari governi borghesi di "centro-sinistra" e di "centro-destra" hanno portato al progressivo dilagare di molteplici forme di lavoro precario, flessibile, supersfruttato e sottopagato.
Terminati gli studi, già orientati secondo rigidi canali scolastici, i giovani entrano nell'inferno del precariato, che il capitalismo spaccia per "opportunità" ma che in realtà si traduce nella precarizzazione e nell'instabilità della vita stessa, dovuta al continuo susseguirsi di contratti a termine, part-time, stagionali, di basse retribuzioni, lavori pericolosi o comunque in mancanza delle condizioni di sicurezza, di impieghi nelle qualifiche più basse e comunque estranee agli studi condotti, ricatti e licenziamenti di cui sono vittime in particolar modo le ragazze, soprattutto se in stato di gravidanza, al caporalato che detta legge con le agenzie di collocamento private ma anche con i veri e propri caporali.
I giovani lavoratori sono anche, e di conseguenza, i meno tutelati dalle normative. La mancanza di un lavoro stabile e di una retribuzione adeguata e costante impedisce ai giovani di vivere una vita propria e indipendente, anche questo mantiene in vita il modello di famiglia borghese, che deve sopperire come può alle gravi mancanze del sistema capitalista: una sorta di ammortizzatore sociale a costo zero per lo Stato borghese.
Tanti universitari sono costretti a lavorare, spesso in nero e sottopagati, per permettersi gli studi e i costosi alloggi, trovandosi così penalizzati anche nei percorsi "formativi" in base ad una "meritocrazia" falsa e sbilanciata a favore dei figli della borghesia.
I governi borghesi mirano ad allargare ulteriormente la platea dei giovani precari cancellando ogni residuo dei diritti acquisiti durante le passate stagioni di grandi lotte popolari; e a tantissimi giovani, che così languono nella disoccupazione, non concedono neppure il precariato.

Le responsabilità dell'amministrazione Bianco, PD
L'amministrazione Bianco, impegnata a guadagnarsi il pieno consenso del grande capitale del capoluogo etneo, ha contribuito a tagliare selvaggiamente la spesa pubblica e l'occupazione. Non ha ritirato il bando sul servizio ausiliario degli asili nido comunali, operativo dal 1º febbraio, atto che causerà il licenziamento di decine di lavoratori e la riduzione del 50% del numero di bambini che potranno frequentare gli asili nido. L'amministrazione – in primis il Capo di gabinetto Massimo Rosso e l'assessore al patrimonio Girlando – si è resa protagonista di una gestione indegna delle cinque società partecipate del Comune che, da tempo, navigano in cattive acque. L'assessore Girlando e la giunta hanno praticato la politica delle “proroghe” prima e quella delle promesse poi, affermando che la Multiservizi e la Sostare saranno salvate. Staremo a vedere. Le partecipate Amt, Asec e Sidra, invece, saranno totalmente svendute, a discapito di tutte quelle lavoratrici e di quei lavoratori che perderanno il proprio posto di lavoro. L'amministrazione Bianco, in continuità con quella Stancanelli, sta abbandonando a se stessi periferia e quartieri popolari, sempre più in mano alla criminalità organizzata ed è immobile di fronte alle necessità dei senza casa. Un'amministrazione comunale che taglia i servizi sociali, chiede sacrifici ai lavoratori, osserva passivamente il gesto disperato di Salvatore La Fata – operaio edile disoccupato che si è dato fuoco lo scorso 19 settembre dopo un intervento repressivo da parte dei vigili urbani – ma contestualmente spende 8 mila euro in occasione del seminario NATO svoltosi a Catania dal 2 al 4 ottobre 2014 e 151 mila euro per il concerto di capodanno 2015, è antipopolare e deve essere spazzata via!
Bisogna respingere le politiche filo-padronali del democristiano Bianco e della sua giunta. La nostra strategia ha al suo centro la rivendicazione del lavoro per tutti. Il lavoro è un diritto inalienabile e deve essere garantito a tutti. Il che significa: lavoro ai disoccupati! Lavoro alle donne! Lavoro ai giovani!
La parola d'ordine del pieno impiego, del lavoro a tutti deve ispirare un vasto movimento di lotta e un largo fronte unito di operai, lavoratori, disoccupati, cassintegrati, giovani, donne, pensionati, forze politiche, sindacali e sociali che assedi il governo locale e gli imprenditori privati e pubblici e li costringa ad assumere i disoccupati secondo un piano e dei tempi concordati, ripartendoli nei settori industriale, agricolo, del commercio, dei servizi, della pubblica amministrazione.
Lo sviluppo di un forte movimento di lotta per il lavoro costituisce un'esigenza non più rinviabile. Gli operai, i disoccupati, i precari devono essere i protagonisti, i sindacati e i dirigenti, gli animatori del movimento per il lavoro. A essi diciamo: organizziamo i Comitati di disoccupati! Prendiamo nelle nostre mani la lotta per il lavoro a tutti! Il PMLI sarà con voi sino in fondo!
La causa principale della disoccupazione sta nell'economia di mercato e nel modo di produzione capitalistico il quale ha bisogno dell'”esercito” di mano d'opera di riserva dove attingere nei momenti di sviluppo produttivo e dove ricacciare i lavoratori “eccedenti” nei momenti di crisi. La concorrenza crescente tra capitalisti, la ricerca del massimo profitto, l'anarchia della produzione, le ricorrenti crisi di sovrapproduzione, dovute alla contraddizione tra le illimitate capacità di produrre merci e le limitate capacità di acquisto delle masse, portano inevitabilmente a riduzioni di occupazione, a licenziamenti.
Per i marxisti-leninisti catanesi l'alternativa sta nella lotta di classe contro il capitalismo, per il socialismo!
Nell'immediato dobbiamo rivendicare i nostri diritti senza fare alcun affidamento sulle istituzioni borghesi. L'amministrazione comunale, qualsiasi sia il suo tutore, deve darci ciò che ci spetta!

Cellula “Stalin” della provincia di Catania del PMLI

11 febbraio 2015