La guerra tra i due fronti imperialisti per l'Ucraina appesa a un filo
Dipende dalle trattative in corso tra Merkel e Hollande e Putin. Si inasprisce lo scontro tra Kiev e Donbass. Obama: armeremo l'Ucraina se fallisse la trattativa

 
Il braccio di ferro che ha fatto salire la tensione sulla crisi ucraina fino alla vigilia di una possibile guerra non più limitata alle regioni separatiste dell'est del paese sembra avere nell'appuntamento del vertice dell'11 febbraio nella città bielorussa di Minsk tra i leader di Germania, Francia, Russia e Ucraina l'ultima occasione per far tacere le armi e avviare quel confronto diplomatico che metta all'ordine del giorno anche la definizione di come si dovrebbe realizzare l'autonomia del Donbass; quel punto previsto dagli accordi di cessate il fuoco raggiunti tra le parti lo scorso settembre sempre a Minsk ma che non ha mai avuto seguito.
Sul vertice che vede protagonisti l'imperialismo europeo guidato da Germania e Francia pesa l'atteggiamento di quello americano con Obama che ha lasciato campo ai ministri della sua amministrazione a soffiare sul fuoco e a paventare la possibilità di fornire armamenti pesanti all'esercito di Kiev per contrastare le milizie separatiste appoggiate da Mosca se la trattativa fallisse. Il governo ucraino si diceva "cautamente ottimista" in vista del vertice tra Merkel, Hollande, Putin e il presidente ucraino Petro Poroshenko per far tacere i cannoni nel Donbass pur affermando di essere “pronto al peggior scenario". Il portavoce del ministero degli Esteri di Kiev, Ievghen Perebiinis, affermava che il summit dell'11 febbraio comunque "non è l'ultima chance" per trovare "una soluzione pacifica" al conflitto.
Un suo fallimento però avrebbe gravissime conseguenze col riarmo dell'Ucraina da parte dell'imperialismo americano e probabilmente dei suoi più vicini partner europei, a partire dalla Polonia, seguito dal possibile intervento diretto dell'imperialismo russo. Al momento secondo il governo di Kiev ci sarebbero da tempo dei soldati russi in territorio ucraino a combattere con le milizie separatiste; Mosca lo nega. Sui campi di battaglia del Donbass è assodato che ci sono "volontari" da ambo le parti, russi con i separatisti e da vari paesi a fianco delle forze di Kiev fra i quali quelli dei battaglioni filonazisti. Come è assodato che sono
soprattutto civili le vittime della guerra; un quotidiano tedesco, citando fonti dei servizi segreti ha recentemente denunciato che il reale numero di vittime nel Donbass sarebbe dieci volte più alto delle oltre 5 mila morti rese note dall’Onu.
Una denuncia con numeri probabilmente veri che comunque facilita il lavoro diplomatico della cancelliera Merkel che con Hollande ha preso in mano il testimone della politica estera europea, mettendo nell'angolino la responsabile, l'italiana Federica Mogherini. In pochi giorni la cancelliera è passata da Kiev a Mosca a Washington per ripetere che "non vedo una soluzione militare a questo conflitto". Ovviamente l'esplosione della contraddizione fino a uno scontro militare di più ampie porporzioni con Mosca, col "vicino di casa" europeo e fornitore di gas e petrolio sarebbe dirompente più per l'imperialismo europeo che per il concorrente americano posizionato dall'altra parte dell'oceano e con gli scambi commerciali scesi a un decimo di quelli che intrattiene l'Europa.
Mentre sul campo le forze indipendentiste filorusse riuscivano a allargare le zone sotto il loro controllo strappandole all'esercito di Kiev suonavano i tamburi di guerra della Nato. I ministri della Difesa dell'alleanza militare imperialista riuniti il 5 febbraio a Bruxelles decidevano di mettere in campo una nuova forza di reazione rapida in Europa dell'est formata da 5 mila uomini dislocati in sei centri di comando distribuiti tra Paesi baltici, Polonia, Romania e Bulgaria. Una forza pronta ad essere operativa entro 48 ore. All'annuncio rispondeva Putin con la firma del decreto di mobilitazione per due mesi dei riservisti.
Sempre il 5 febbraio il segretario di Stato americano, John Kerry atterrava a Kiev, con Francois Hollande e Angela Merkel di passaggio verso Mosca, e al presidente ucraino Petro Poroshenko offriva altri 16,4 milioni di dollari di aiuti. Annunciava che Obama stava "studiando diverse soluzioni, tra le quali c'è la possibilità di fornire armamento difensivo e sistemi all'Ucraina", l'aiuto militare più volte richiesto dal governo reazionario ucraino.
"L'iniziativa franco-tedesca volta a preservare la pace europea", come l'ha definita la Merkel iniziava coi colloqui di Kiev del 5 febbraio e proseguiva il 6 febbraio a Mosca. Il precedente accordo sul cessate il fuoco definito a Minsk nel settembre scorso è stato violato da entrambe le parti, niente cessate il fuoco così come nessun arretramento delle armi pesanti e ritiro di tutte le formazioni illegittime armate e dei mezzi militari.; il progetto in discussione però riparte dal precedente, ne riprende i punti, prevede la creazione di una zona demilitarizzata di 50-70 chilometri e la concessione di una autonomia ancora maggiore per i cittadini russofoni delle regioni dell'est dell'Ucraina. La differenza con l'accordo precedente al momento sembra essere solo quella dei confini che la guerra ha spostato verso ovest a vantaggio dei separatisti.
A missione diplomatica europea in corso interveniva il vice presidente degli Stati Uniti Joe Biden che il 6 febbraio in occasione di una serie di incontri istituzionali a Bruxelles dichiarava che “gli Usa e l’Europa intera devono schierarsi insieme contro la Russia“. Mentre il 7 febbraio alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco il generale americano Breedlove, comandante supremo della Nato, ribadiva: "è un errore escludere l'intervento militare in Ucraina". Intervento non con truppe di terra ma con armi date a Kiev.
I colloqui di Mosca del 5 febbraio e la videoconferenza a quattro dell'8 febbraio tra Merkel, Hollande, Putin e Poroshenko producevano soltanto la decisione di una riconvocazione degli stessi protagonisti a Minsk per l'11 febbraio. Con Hollande che avvisava "se non riusciamo a trovare un accordo sappiamo che c'è un solo scenario all'orizzonte. E si chiama guerra".
Un risultato che l'imperialismo americano prende in considerazione tanto che Obama il 9 febbraio dopo il colloquio con la Merkel affermava che "ho chiesto al mio team di valutare tutte le opzioni se la diplomazia dovesse fallire. E la possibilità di fornire armi letali difensive è una delle opzioni che viene esaminata e valutata". Un passo verso la guerra.
Il presidente americano affermava tra l'altro che "i russi hanno violato gli impegni presi a Minsk: continuano a rifornire i separatisti di uomini e armi, e consentono loro di attaccare i villaggi e di cacciare la popolazione ucraina dalle proprie case. Questi sono i fatti". Da Mosca Putin controbatteva che "la questione ucraina non è esplosa per colpa della Russia ma è una conseguenza dei tentativi degli Usa e dei loro alleati occidentali che si ritengono 'vincitori' della Guerra fredda di espandere dappertutto la loro volontà". Il braccio di ferro continua. E al momento ne paga il prezzo il popolo ucraino ma in prospettiva anche i popoli europei.

11 febbraio 2015