Il governatore della casa del fascio, Caldoro, gli esprime solidarietà
Condannato per abuso d’ufficio De Luca, neopodestà PD di Salerno
La corte di appello, però, lo fa decadere per una vecchia incompatibiltà tra la carica di sindaco e quella di viceministro del governo Letta
Ma il boss del PD tira dritto per diventare il governatore della Campania

Redazione di Napoli
Tra la fine di gennaio e gli inizi di febbraio il neopodestà di Salerno, Vincenzo De Luca, si può dire che è stato protagonista in negativo di non poche vicende giudiziarie che lo hanno tenuto in bilico relativamente alla sua carica di sindaco, fino alla sua decadenza che ha posto fine al suo ventennio in carica nella città campana. In sostanza De Luca è stato condannato in primo grado a un anno di reclusione dai giudici della Seconda Sezione penale del Tribunale di Salerno per il reato di abuso d'ufficio. Così si legge nel dispositivo, emesso martedì 20 gennaio, che, tra l’altro, ha disposto, per De Luca, candidato alle primarie Pd per la Regione Campania, l’interdizione per un anno dai pubblici uffici. Va detto che il Tribunale di Salerno, al termine di una camera di consiglio durata circa sei ore, non ha accolto la richiesta del pubblico ministero Roberto Penna di ben tre anni di reclusione per abuso d’ufficio e peculato, facendo cadere anche quest’ultimo reato ritenendolo non configurabile per la posizione di De Luca. I fatti sono relativi alla nomina a project manager del suo capo staff Alberto Di Lorenzo (anche quest’ultimo condannato) nell’ambito della realizzazione di un termovalorizzatore a Cupa Siglia, in provincia di Salerno, quando nel 2008 De Luca era commissario e incaricato dai governi Prodi e Berlusconi. Assieme a Di Lorenzo e De Luca è stato condannato ad un anno di reclusione anche il dirigente del settore dei lavori pubblici, Domenico Barletta.
La sentenza, che ha rappresentato un primo durissimo colpo alle aspettative elettoralistiche del neopodestà per la poltrona di presidente della regione, sortiva l’immediata solidarietà del governatore della casa del fascio Stefano Caldoro: “Condanna De Luca. Vale il principio garantista, si trovi una soluzione perché possa partecipare alle competizioni elettorali” ha twittato Caldoro. “Apprendo di una mia condanna per abuso di ufficio – si legge in un comunicato dato alle agenzie di stampa da parte del neopodestà De Luca -. Mi auguro che questa vicenda sia assunta sul piano nazionale – in primo luogo dal Pd – come l’occasione per una grande battaglia a difesa delle persone perbene e degli amministratori che dedicano una vita al bene pubblico, ma sono costretti a vivere un calvario. Mi auguro che le carte processuali siano rese pubbliche, siano lette da tutti e in tutte le sedi: che si sviluppi una discussione pubblica, che si ragioni a voce alta su cosa è diventato il diritto in Italia. In queste condizioni, ben presto non ci sarà più nessuna persona perbene disponibile ad assumere responsabilità pubbliche, ma avremo soltanto o delinquenti o ignavi. Io non ho nessuna intenzione di mollare. Da oggi comincia una grande battaglia di civiltà”.
Il 23 gennaio il vice prefetto vicario, Giovanni Cirillo, firmava, dunque, l’ordinanza che sospendeva De Luca dalla carica di sindaco, in attesa che il Tar di Salerno intervenisse sulla vicenda secondo il ricorso presentato tempestivamente dagli avvocati del neopodestà PD. Pertanto per effetto della legge Severino, l’ex parlamentare poteva seriamente rischiare la poltrona per effetto della sospensione ai suoi danni in seguito proprio alla condanna per un reato contro la pubblica amministrazione (sulla falsa riga della vicenda De Magistris). Ma stranamente, e a tempo record, il Tribunale amministrativo regionale (Tar) di Salerno, il 26 gennaio, emetteva un decreto monocratico che reintegrava nelle sue funzioni l’ex parlamentare, in attesa di una udienza nel merito del ricorso. De Luca usciva tronfio e borioso salvo della poltrona anche perchè i giudici amministrativi, attesa l’anomalia della vicenda e la difficile coabitazione della legge Severino con gli avvenimenti relativi ai reati contro la pubblica amministrazione, rinviavano alla Corte Costituzionale la decisione finale in ordine alla tenuta normativa della legge stessa, con una eccezione di incostituzionalità. Di fatto, però, il Tar salernitano rimetteva in sella il neopodestà De Luca che, nonostante la condanna e i diversi procedimenti dove è inquisito o rinviato a giudizio, con piglio ducesco esprimeva la volontà di “non mollare” e di tirare dritto verso le primarie PD.
Contemporaneamente, e a distanza di una settimana, martedì 3 febbraio nuovamente la magistratura interveniva occupandosi dell’ex parlamentare. Infatti, la Corte di Appello di Salerno respingeva il suo ricorso avverso l’ordinanza di un anno prima del Tribunale di Salerno che aveva dichiarato De Luca incompatibile la carica di sindaco con quella di sottosegretario del Ministero Infrastrutture e Trasporti del governo Letta, dichiarandone con effetto retroattivo la decadenza. In sostanza i giudici di secondo grado hanno confermato che, dal 3 maggio 2013, giorno in cui De Luca prestò giuramento come viceministro, incorse nella incompatibilità prevista dalla legge 148/2011 la cui conseguenza immediata è quella della decadenza dalla carica di sindaco. La motivazione principale si trova nell’interpretazione del titolo di viceministro che la legge 400/1988 consente possa essere attribuiti a non più di dieci sottosegretari i quali restano tali e la cui carica viene arricchita di una ulteriore funzione. Mentre il PD nazionale opportunisticamente prima afferma che De Luca non può candidarsi, successivamente demandava tutto alla direzione regionale neoliberale che si concludeva con la candidatura di De Luca, dopo che il responsabile organizzativo del PD della Campania, Nello Mastursi, accompagnato da alcuni papaveri PD fedeli a De Luca, convinceva momentaneamente il PD di Renzi. Il docente universitario della facoltà di Giurisprudenza, Luigi Labruna, relativamente al susseguirsi delle vicende giudiziarie affermava che “di tutte queste conseguenze scandalose però è ancor più responsabile De Luca, politico scafato, che ben conosceva quella legge, che sia come sindaco che come sottosegretario, aveva più volte giurato di osservare “lealmente”. E che invece – continua Labruna - ha cercato in ogni modo di eludere contribuendo non poco ad aumentare confusione, sconcerto e sfiducia nelle istituzioni. E mò vengono le primarie…ne vedremo delle belle”, conclude ironico il docente.
L’ormai ex neopodestà di Salerno, accanito sostenitore del termovalorizzatore, non rappresenta affatto le masse popolari, ma solo gli interessi della classe dominante borghese che, anche nel malaffare, è pronta in maniera sfrontata e arrogante a candidarsi per diventare il prossimo presidente della regione Campania, nonostante condanne gravi come quella di abuso di ufficio e una decadenza che di fatto lo esautora definitivamente dalla sua poltrona di sindaco di Salerno.
 

11 febbraio 2015