E' il presidente degli industriali dell'Isola
Indagato per mafia Montante, paladino dell'antimafia in Sicilia
L'accusano tre mafiosi “pentiti”. Nel passato aveva amici mafiosi. Indagano su di lui le procure di Caltanissetta e di Catania. Il governo l'ha nominato membro dell'Agenzia dei beni confiscati alla mafia
Grande elettore di Crocetta

Dal nostro corrispondente della Sicilia
Antonello Montante, presidente degli industriali siciliani, presidente di Unioncamere Sicilia, delegato di Confindustria nazionale sui temi della legalità, presidente della camera di commercio di Caltanissetta, membro del Consiglio di Amministrazione de Il Sole 24 Ore, consigliere in Banca d’Italia presso la sede regionale siciliana e appena designato con decreto del boss NCD di Agrigento Angelino Alfano a membro dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati alle mafie, da cui si è autosospeso qualche giorno fa, è iscritto sul registro delle procure antimafia di Catania e Caltanissetta per “fatti diversi anche se contigui”.
Il motore del “rinnovamento” antimafioso di Confindustria Sicilia e grande collettore di voti per l'elezione di Rosario Crocetta, PD, a governatore della Sicilia, è stato accusato da almeno tre pentiti di essere vicino ad ambienti mafiosi.
Tra i collaboratori di giustizia che hanno parlato di Montante, ci sarebbe Salvatore Dario Di Francesco, mafioso di Serradifalco, (Caltanissetta), lo stesso paese del plurititolato capo degli industriali siciliani. Di Francesco, ex-dipendente del consorzio Asi, Area di Sviluppo Industriale, della provincia nissena, era stato arrestato circa un anno fa con l'accusa di essere il “collante tra gli esponenti di Cosa Nostra e i colletti bianchi della provincia”. Di Francesco, molto vicino ai boss mafiosi Paolo e Vincenzo Arnone, avrebbe vuotato il sacco sugli appalti pilotati al Consorzio Asi tra il 1999 e il 2004.
La magistratura verificherà. Tuttavia alcune cose che non tornano, anche se l'inchiesta è top secret, ci sono già. C'è ad esempio quella significativa foto in cui Montante nella sede di Confindustria di Caltanissetta posa amichevolmente insieme al boss Vincenzo Arnone, adesso in carcere per false certificazioni sui calcestruzzi depotenziati. La foto sembra risalire agli anni Novanta, quando Montante, eletto presidente dei giovani industriali del nisseno, iniziava la sua scalata in Confindustria. Un caso? Il boss era di passaggio quel giorno e s'è fatto fotografare con Montante? No davvero! Il fatto è che i due si conoscevano molto bene, tanto bene che Montante aveva chiesto al boss del suo paese di fargli da testimone di nozze, come poi è stato.
Ecco si può per lo meno dire che Antonello Montante, oggi il Responsabile Nazionale per la Legalità di Confindustria, di conoscenze mafiose di un certo livello ne ha. E probabilmente le indagini, che chiariranno in cosa hanno consistito o consistono tali rapporti, sono partite proprio quando il 27 aprile 2010, in casa di Vincenzo Arnone, vengono ritrovate foto che ritraggono il boss con Montante.
Siamo di fronte alla cosiddetta mascariata, con cui “pentiti” poco affidabili screditano un personaggio pubblico a loro ostile? Si vedrà. Intanto, sarebbe bene che si vedesse per quello che è la cosiddetta “antimafia” di Montante, osannata negli ambienti politici istituzionali, da “sinistra” a destra, in Confindustria e in tutte le associazioni di categoria. Suscitano, ad esempio, grosse perplessità le sue posizioni sulla vendita, piuttosto che l'utilizzo a fini pubblici, dei beni confiscati alla mafia, quando si sa bene che questo è il metodo con il quale le cosche aggirano il sequestro rimettendo le mani sulle loro ex-proprietà tramite prestanomi.
Attonito il governatore Rosario Crocetta: lo tsunami che rischia di investire i vertici degli industriali siciliani potrebbe annegare anche il suo governo e la sua antimafia da salotto.
Intanto in quelle foto in cui Montante è affiancato dal boss del suo paese, che il capo degli industriali siciliani sia colpevole o no, c'è già una denuncia politica forte e chiara verso Confindustria e governo Crocetta. Esse ci mostrano che la “zona grigia” di contiguità tra legalità e cosche, in cui si muovono insieme e a loro agio colletti bianchi, affaristi, finanzieri, padroni d'industria, politicanti borghesi ed antimafiosi di chiacchiera, è ben più ampia di quanto si possa pensare e nasconde sorprese “inimmaginabili” (per alcuni). E siamo di fronte all'ennesima conferma di quanto nel 2006 il PMLI denunciava: La testa della mafia “si trova nell'alta finanza, nei circoli dell'industria, dell'agricoltura, del terziario e nelle istituzioni. Cioè dentro la classe dominante borghese, lo Stato borghese e l'economia capitalistica”.

18 febbraio 2015