Accordo a Minsk tra Merkel e Putin e altri
Traballante tregua in Ucraina
Ma la contraddizione resta aperta

Il portavoce degli autonomisti della zona di Lugansk annunciava l'inzio del ritiro delle armi pesanti dal fronte della guerra ma chiedeva che fosse realizzato anche le forze di Kiev; il portavoce delle forze armate di Kiev affermava che “per ora non ci sono le premesse per il ritiro delle armi pesanti dal fronte sud-est ucraino perché la tregua non è rispettata. Il ritiro delle armi pesanti può essere effettuato solo dopo la realizzazione del primo punto dell'intesa di Minsk, il cessate il fuoco”. Lo scambio di battute del 17 febbario evidenziava la precarietà dell'accordo raggiunto a Minsk 5 giorni prima con l'avvio della tregua che sarebbe dovuta entrare in vigore il 15 febbraio e che già traballa. Nel frattempo nella zona di Debaltsevo, uno strategico nodo ferroviario dove gli autonomisti sostenevano di aver preso il controllo di gran parte della città circondando migliaia di soldati ucraini, i combattimenti proseguivano con aspri scontri. In ballo c'è la definizione del nuovo confine e della linea di tregua tra i territori che le due parti controllano.
Il colloquio telefonico sempre del 17 febbraio tra la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente russo Vladimir Putin e il presidente ucraino Petro Poroshenko definiva le misure per permettere agli inviati dell'Osce, l'Organizazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, di monitorare la ancor fragile tregua. Che al momento è messa in pericolo anche dalle manovre di Mosca che aveav spostato presso il confine con l'Ucraina colonne di carri armati, prontamente denuciati non solo da Kiev ma anche dalla Casa Bianca; anche l'imperialismo americano soffiava sul fuoco appena coperto dalle ceneri gettate dalla missione franco-tedesca che aveva portato all'intesa del 12 febbraio nella capitale bielorussa, il cosiddetto accordo di Minsk 2 che sostanzialmente ricalcava quello del 19 settembre scorso mai entrato effettivamente in funzione.
L'intesa stabilita tra Merkel, Hollande, Putin e Poroshenko prevede tra le altre l'immediato e completo cessate il fuoco nei distretti delle regioni di Donetsk e Lugansk verificato dagli osservatori dell'Osce; il ritiro delle truppe da entrambe le parti e la creazione di una zona di sicurezza di 50 chilometri per le artiglierie pesanti sotto il controllo degli osservatori dell'Osce; l'avio immediato di un dialogo tra le parti per lo svolgimento delle elezioni locali in conformità alle leggi ucraine e quelle dell’amministrazione locale nelle repubbliche regionali di Donetsk e Lugansk; la liberazione di tutti i prigionieri; il ritorno del pieno controllo da parte dell’Ucraina del confine in tutta l’area del conflitto, un processo che inizierà dopo le elezioni locali e terminare entro il 2015; il ritiro delle unità militari di altri Paesi, di tecnologie e mercenari dal territorio dell’Ucraina, sotto la supervisione dell’Osce; la realizzazione della riforma costituzionale in Ucraina con l'obiettivo di definire entro la fine del 2015 la decentralizzazione e lo status particolare delle regioni di Lugansk e Doentsk.
Le misure citate riguardo la modalità temporanea dell’amministrazione locale nelle repubbliche regionali di Donetsk e Lugansk includono il diritto all’autodeterminazione linguistica, la partecipazione degli organi dell’amministrazione locale nella nomina dei capi delle procure e dei tribunali nelle due regioni; l'istituzione di una milizia nazionale in accordo con la decisione dei governi locali per garantire l’ordine nelle due repubbliche; la promozione da parte delle autorità centrali della collaborazione delle due repubbliche con le regioni russe. In altre parole il secondo accordo di Minsk riprende le misure del precedente sulla parte militare per porre fine alla guerra e amplia quelle politiche nella definzione dell'autonomia rivendicata dalle regioni russofone. Una parte fondamentale che era stata tralasciata nel primo accordo e aveva concorso alla sua inattuazione. Anche se la questione centrale della cisi ucraina era e resta quella della contesa sulle spoglie di un paese prossimo alla bancarotta fra i paesi imperialisti, Usa e europei da una parte e Russia dall'altra che lavorano per controllarla. Una contraddizione che l'accordo di Minsk 2 non risolve e resta aperta.
A colloqui ancora in corso Putin muoveva i carri armati e otteneva di spostare l'avvio del cessate il fuoco dal 12 al 15 febbraio per favorire le formazioni indipendentiste in avanzamento sul campo di battaglia mente la Casa Bianca ribadiva che avrebbe armato l'esercito di Kiev e il Fondo monetario internazionale (Fmi), attraverso il suo direttore generale la francese Christine Lagarde, comunicava di aver esteso il programma di assistenza finanziaria al governo reazionario di Kiev da 17,5 miliardi di euro fino a circa 40 miliardi di dollari per quattro anni.

18 febbraio 2015