Braccio di ferro tra Ue e Grecia
Gli imperialisti russi e cinesi pronti a stringere a sè la Grecia di Tsipras

 
Il negoziato tra Grecia e Unione europea (Ue) per la ridiscussione del memorandum di intesa imposto dalla Troika per concedere gli aiuti e accettato dal precedente governo di Atene chiesto dal nuovo premier ellenico Tsipras prendeva ufficialmente il via l'11 febbraio all'Eurogruppo e proseguiva nei giorni successivi al vertice europeo e infine alla nuova riunione dei paesi dell'euro del 16 febbraio con esiti fallimentari. Il braccio di ferro tra Ue e Grecia continuava perché i negoziatori greci guidati dal ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, definivano "assurda e inaccettabile" la proposta degli altri 18 paesi che chiedevano ad Atene di accettare l’estensione di sei mesi del piano di salvataggio così come è stato impostato dalla troika, con l'aggiunta solo di qualche flessibilità.
Il presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijsselbloem, dichiarava la sera del 16 febbraio in conferenza stampa che "tutto è nelle mani di Atene", non esiste un piano B di Bruxelles e non ci sono alternative. "O accetta il vecchio memorandum della Troika entro venerdì (20 febbraio, ndr) o la partita è chiusa", minacciava Dijsselbloem.
L'ultimatum del presidente dell'Eurogruppo era chiaro, entro tre giorni Atene doveva "chiedere un'estensione del programma esistente". Ma di seguito Dijsselbloem aggiungeva che "come chiameremo questo passaggio non mi importa, le parole non contano"; si possono cambiare il termine Troika con istituzioni e memorandum con un altro nome basta resti la sostanza.
D'altra parte lo stesso Varoufakis raccontava che nella trattativa il commissario francese Moscovici gli aveva sottoposto una bozza di comunicato che parlava di un piano "intermedio" invece di estensione del precedente e di controllo da parte della Commissione invece della Troika. A quelle condizioni, spiegava il ministro greco sarebbe stato pronto a firmare subito. La bozza portata in sala da Dijsselbloem era differente e il compromesso saltava. "Salveremo la Grecia, anche se lo faremo in zona Cesarini" affermava fiducioso Varoufakis.
In ogni caso la Grecia sembra avere un piano B anche se presenta aspetti altrettanto pericolosi di quello imposto dalla Ue; è l'aiuto non certo disinteressato degli imperialisti russi e cinesi.
L'11 febbraio il ministro degli Esteri greco Nikos Kotsias era in visita a Mosca dove il collega russo Serghiei Lavrov "apprezzava" la cautela di Atene sulle sanzioni contro Mosca per la crisi ucraina e confermava che la Russia "prenderà in considerazione" la possibilità di concedere "aiuti finanziari alla Grecia se tale richiesta arriverà" da Atene.
Quanto ai rapporti con la Cina socialimperialista basta ricordare che il 28 gennaio scorso il governo Tsipras aveva deciso di congelare le privatizzazioni, uno dei pilastri del piano concordato con la troika, e fra questi quello della vendita del 67% del Porto di Pireo, una operazione già avviata dai precedenti esecutivi che vedeva in ballo fra gli altri Cosco, il maggiore gruppo di trasporto marittimo cinese.
"L’accordo per Cosco sarà rivisto per il beneficio del popolo greco" affermava il vice ministro Thodoris Dritsas riguardo al fatto che la Cosco ha già acquistato due terminal del porto del Pireo. Per Pechino i terminali del Pireo sotto il suo controllo rappresentano una porta d’accesso privilegiata al mercato europeo lungo la linea della Seta. Il blocco delle privatizzazioni nel caso specifico diventava una operazione che Tsipras si rimangiava nel giro di pochi giorni; il 31 gennaio il governo greco affermava che avrebbe rispettato gli accordi della durata di 35 anni siglati con Cosco.
 
 

18 febbraio 2015