La schiavitù delle donne e la mercificazione del loro corpo è inammissibile
No al “quartiere a luci rosse”
La prostituzione è contro la dignità delle donne e non può essere legalizzata

Già a maggio scorso Ignazio Marino neopodestà PD di Roma aveva lanciato l'”idea” di destinare alcune zone della capitale, dette zoning , o zone a luci rosse alla prostituzione. All'epoca dichiarò: “Sono favorevole a zone dove la prostituzione è consentita e zone dove non lo è... Il fenomeno ha raggiunto livelli di guardia, bisogna intervenire”. Oggi rincara: “Bisogna proteggere la famiglia con i suoi valori, dare la possibilità alle persone di poter usufruire di un parco, di una strada senza trovarsi a dover dare spiegazioni ai propri figli” sulla presenza delle prostitute. Ed ecco che in questi giorni è arrivata in suo appoggio la proposta del presidente del IX Municipio di Roma, Andrea Santoro suo compare di partito, di destinare una zoning nel quartiere dell'Eur dove “recintare” la prostituzione, con tanto di controlli sanitari e schedature varie e maxi multe per chi viene sorpreso ad adescare in aree diverse. Lo stop a tale progetto è arrivato dal prefetto di Roma Pecoraro che ha avvertito Marino: la creazione di zone a luci rosse “significa favoreggiamento alla prostituzione”.
Il neopodestà capitolino per niente pentito, anzi convinto di aver fatto bene a “lanciare il sasso nello stagno”; ha sì ritirato la proposta ma anche aggiunto con fare sprezzante: “ora il Parlamento dovrà farsi carico del problema”.
E infatti Marino non ha dovuto aspettare molto, due giorni dopo le sue dichiarazioni del 9 febbraio già al Senato la senatrice Spilabotte (PD) presentava un disegno di legge (ddl n.1201) in materia di “Regolamentazione del fenomeno della prostituzione” firmato assieme alla Mussolini di FI e condiviso e firmato anche da esponenti di SEL e M5S che prevede: l'esistenza di case chiuse autogestite, zone rosse da concordare con i sindaci, l'abolizione del reato di favoreggiamento, l'obbligo di profilattico e per le prostitute il dovere di pagare le tasse e di comunicare alle Camere di commercio l'inizio della loro attività...
In sintesi il progetto di aprire a Roma dei quartieri a luce rosse ha riacceso la discussione, mai acquietata del tutto dopo l'entrata in vigore della legge Merlin del 1958 che abolì la prostituzione di Stato e chiuse i bordelli, di rilegalizzare la prostituzione. Una diaspora che attraversa tutti i partiti del regime neofascista da quelli di “centro-destra” a quelli del “centro-sinistra”, compresi i falsi comunisti trotzkisti e che alla fine si trovano d'accordo e sposano tesi di mussoliniana memoria. E' una concezione borghese e del regime neofascista quella che chiede la “regolamentazione” e la “legalizzazione” della prostituzione giacché essa “è sempre esistita e sempre esisterà”, “il mestiere più vecchio del mondo, il 'male' inevitabile della società”. Magari infiocchettandola con leggi all'apparenza “democratiche” che puntano da un lato a levarla dalle strade per non disturbare il “comune senso del pudore” borghese e in nome della “sicurezza” per le prostitute e i clienti, con obbligo di visite mediche e schedature di polizia vari, e dall'altra magari far entrare nelle casse dello Stato ingenti proventi dalle tasse delle prostitute. Per i politicanti borghesi la prostituzione è paragonabile a un lavoro come a un altro. Cancellate o meglio nascoste le vere cause di chi vi è costretta, come la dilagante disoccupazione, le sempre più intollerabili condizioni di povertà assoluta o il traffico di esseri umani di cui l'80% è composto da donne e di queste il 70% è destinato allo sfruttamento sessuale e ridotto in schiavitù.
Noi marxisti-leniisti non possiamo accettare tale concezione che fa del corpo femminile e purtroppo non solo, visto l'enorme crescita della prostituzione giovanile maschile, una merce di scambio. La prostituzione calpesta la dignità delle donne e non può essere legalizzata! Ci appaiono quanto mai ipocrite le campagne dei vari governi compreso quello del Berlusconi democristiano Renzi contro la violenza sulle donne quando poi si ipotizza la legalizzazione della prostituzione. Essa è l'altra faccia della morale borghese e cattolica che divide le donne in madri e mogli, sante e madonne, da una parte, e prostitute, dall'altra. Le radici della prostituzione stanno nell'esistenza stessa del capitalismo, della sua economia, della sua cultura e della sua morale sessuale e familiare borghese, cattolica e oscurantista. “La società capitalistica contemporanea - spiega Lenin - cela nelle sue viscere una gran quantità di casi di miseria e di oppressione che non saltano subito agli occhi. Le famiglie disperse dei piccoli borghesi, artigiani, operai, impiegati, piccoli funzionari, soffrono incredibilmente, riuscendo con gran fatica a far quadrare il bilancio anche nei tempi migliori. Milioni e milioni di donne vivono in tali famiglie (o meglio soffrono) una vita da “schiave domestiche'', che si sforzano di nutrire e allevare la famiglia con pochi soldi, a prezzo di disperati sforzi quotidiani e di “`economie'' su tutto, tranne sul proprio lavoro.
Tra queste donne il capitale prende più volentieri le sue operaie a domicilio, che per una paga mostruosamente bassa sono pronte a far un “`lavoro supplementare'' per guadagnare un pezzo di pane per sé e per la famiglia. tra queste donne che i capitalisti di tutti i paesi prendono (a simiglianza dei proprietari di schiavi dell'antichità e dei grandi proprietari feudali del Medioevo) tutte le concubine che vogliono al prezzo più “accessibile''. E nessuna “indignazione'' morale (in 99 casi su 100 ipocrita) di fronte alla prostituzione potrà nulla contro questo commercio del corpo femminile: finché esiste la schiavitù salariale, esisterà inevitabilmente anche la prostituzione. Tutte le classi oppresse e sfruttate della storia delle società umane sono state sempre costrette (e in ciò consiste il loro sfruttamento) a lasciare agli oppressori, in primo luogo, il proprio lavoro non pagato, e, in secondo luogo, le loro donne come concubine ai “signori''.
La schiavitù, la servitù della gleba e il capitalismo sono identici a questo proposito. Cambia solo la forma dello sfruttamento; ma lo sfruttamento resta.” (Lenin, Il capitalismo e il lavoro femminile, Opere complete, vol. 36, p. 157). Ecco che la prostituzione non potrà essere sconfitta se non tagliando alle radici le cause che spingono tante donne e giovani a praticarla. E questo si potrà ottenere solo nel socialismo.
Fin da ora però possiamo e dobbiamo batterci contro la prostituzione soprattutto contro chi la vuole legalizzare. Occorre impedire l'approvazione di provvedimenti di legge finalizzati a cancellare la legge Merlin, a ripristinare, in vario modo, le "case chiuse", zoning , quartieri a luce rosse o qualsiasi altra forma di lupanari di Stato e a istituzionalizzare la prostituzione. È altresì necessario come si legge nelle Tesi del 5° Congresso nazionale del PMLI: “abrogare il reato di adescamento e di favoreggiamento; eliminare ogni discriminazione verso chi si prostituisce (di ambo i sessi e i transessuali) garantendo loro tutti i diritti economici, sociali e politici; infliggere il sequestro dei beni e il carcere ai trafficanti e agli sfruttatori della prostituzione; favorire l'abbandono della prostituzione offrendo a chi la pratica una sistemazione abitativa e lavorativa dignitosa; fornire documenti e permesso di soggiorno alle immigrate e agli immigrati che si prostituiscono ricattati e schiavizzati dalle organizzazioni criminali e dagli sfruttatori; strappare dal giro della prostituzione le minorenni e i minorenni per ricongiungerli alle famiglie di origine o, in assenza, mettere in atto un progetto di recupero sociale attraverso l'affidamento, la ripresa degli studi, corsi di formazione professionale, offerte di lavoro, inserimento in ambienti di socializzazione giovanili”.
Consapevoli che solo nel socialismo si potrà abolire lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, le classi, le disuguaglianze sociali e di sesso, le disparità territoriali, e sconfiggere le schiavitù delle donne e la prostituzione.

18 febbraio 2015